[Il 24 settembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici del Titolo primo della Parte seconda per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. [...] Passiamo ora all'esame dell'articolo 55. Se ne dia lettura.

Mattei Teresa, Segretaria, legge:

«La Camera dei senatori è eletta a base regionale.

«A ciascuna Regione è attribuito, oltre ad un numero fisso di cinque senatori, un senatore per duecentomila abitanti o per frazione superiore a centomila. La Valle d'Aosta ha un solo senatore. Nessuna Regione può avere un numero di senatori maggiore di quello dei deputati che manda all'altra Camera.

«I senatori sono eletti per un terzo dai membri del Consiglio regionale e per due terzi a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età».

Presidente Terracini. A questo articolo sono stati presentati vari emendamenti. Il primo è quello dell'onorevole Nitti.

«Sostituire gli articoli 55 e 56 col seguente:

«Il Senato è eletto sulla base di un senatore per 200 mila abitanti.

«Il territorio della Repubblica è diviso in circoscrizioni elettorali, che eleggono un solo senatore ciascuna.

«A ogni Regione è inoltre attribuito un numero fisso di tre senatori.

«Sono elettori i cittadini che hanno compiuto 25 anni e sono eleggibili quelli che hanno compiuto 40 anni.

«Del Senato fan parte, salvo la loro rinunzia, gli ex Presidenti della Repubblica e gli ex Presidenti del Consiglio dei Ministri.

«Alla costituzione del Senato entrano a farne parte gli ex deputati che hanno appartenuto alla Camera dei deputati per cinque legislature, senza che però questo fatto costituisca alcun precedente per l'avvenire.

«Fanno parte del Senato il Presidente della Corte di cassazione di Roma, il Presidente del Consiglio di Stato, il Presidente della Corte dei conti e 6 professori di Università designati per elezione dal Consiglio superiore della pubblica istruzione.

«I senatori di nomina elettiva durano in carica sei anni e sono rinnovabili per un terzo ogni due anni».

Questo emendamento, però, riguarda anche l'articolo 56. L'onorevole Nitti ha facoltà di svolgerlo nel suo complesso o, se lo ritenga più opportuno, trattando la sola parte che si riferisce all'articolo 55.

Nitti. Se l'Assemblea mi consente, desidero dire le ragioni in generale delle proposte che ho l'onore di presentare all'Assemblea. Mia idea è che il Senato deve essere efficiente e deve essere espressione nazionale, cui partecipino tutti gli elettori. Deve essere il più che possibile selezionato, ma nello stesso tempo si deve evitare ogni cosa che costituisca privilegi inutili e, quindi, io son contrario a ogni idea di ridurre il Senato ad un'Assemblea. Le fonti della sovranità devono essere le stesse: il popolo intero, tutti devono essere elettori se si trovano nelle condizioni generali richieste. Quindi, nessun privilegio.

[...]

Bisogna però che le fonti delle elezioni siano le stesse; ma che le elezioni si presentino in forma più appropriata secondo che si tratti dell'una o dell'altra Assemblea. La prima cosa, dunque, è il numero dei rappresentanti: un rappresentante al più per ogni 200 mila abitanti. Su questo non vi può essere difficoltà grave, tanto più che si ammettono nel Senato elettivo, altri, sia pure poco numerosi, che non risultano da elezioni.

[...]

Ma chi devono essere gli elettori? Ritengo che tutti coloro che abbiano i requisiti richiesti per l'elettorato politico della Camera dei deputati devono essere elettori del Senato, con una sola differenza: cioè che, mentre per la Camera dei deputati le condizioni per l'elezione sono, fra l'altro, di ventun anni di età e di venticinque per l'eleggibilità, per il Senato devono cambiare, nel senso che l'età per l'elettorato attivo venga fissata a 25 anni e per l'elettorato passivo a 40 anni, come in altri Paesi dove l'età minima per i senatori è di 40 anni. All'impulso che vi può essere nella prima Camera legislativa — che in America dura solo due anni — deve corrispondere la gravità, la serietà e anche la continuità del Senato. Dunque, io vorrei che tutti potessero essere candidati. Senza limitazioni territoriali e senza alcun sistema di elezioni a doppio grado, che ci condurrebbero alla confusione e alla corruzione.

Vi sono poi alcune obiezioni. Non vi saranno, dunque, si dice, manifestazioni del pensiero, dell'arte, non vi saranno senatori i quali sfuggano inevitabilmente alla pressione di una selezione attraverso il partito o attraverso l'organizzazione?

Io mi sono permesso di proporre che del Senato debbano e possano far parte coloro i quali hanno di fronte al pubblico il privilegio di rappresentare la cultura, mediante l'elezione — fatta dal Consiglio Superiore della pubblica istruzione — di sei senatori, che vengano dagli studi e dalle ricerche. Ed ho parlato di sei senatori, nel pensiero che le facoltà universitarie essenziali possano ognuna avere (se ne hanno) le attitudini, e siano in condizioni di averne la fiducia, affinché vi possano essere sei senatori che vengano dagli studi.

La Costituzione del Senato non può essere fatta che in una forma libera, senza privilegi.

Ho sentito che qui si parla di elezioni in secondo grado.

Per il Senato, alcuni vogliono non l'elezione in primo grado, ma in secondo grado, come esiste negli Stati Uniti e come esisteva in Francia.

Ciò negli Stati Uniti non era cosa difficile, perché nel Senato degli Stati Uniti — essendovi due senatori per ognuno dei 48 Stati della Federazione — l'elezione non poteva essere fatta in forma diretta. Si capisce che in un Paese di estensioni così enormi, dove le intese erano difficili, si dovevano adottare delle forme che consentissero la scelta senza pregiudicare i cittadini nelle loro manifestazioni politiche. L'elezione in secondo grado era una necessità e non ha dato cattivi risultati.

In Francia l'elezione di secondo grado ha dato risultati non apprezzabili, almeno in alcuni dipartimenti. Rare volte vi è stata tanta corruzione come nella nomina dei rappresentanti di coloro che dovevano eleggere i senatori.

Sono rimasti celebri alcuni scandali, come lo scandalo Coty in Corsica, come di altri candidati nello stesso dipartimento. Si compravano ad alti prezzi gli elettori per l'elezione di secondo grado. Ogni persona che voleva diventare senatore, siccome ogni senatore era eletto in fondo dai comuni (cioè un certo numero per ogni comune), si preoccupava soprattutto di fare la scelta degli individui sicuri. E allora non vi era prezzo. Coty non si chiamava Coty, ma soltanto Spoturno. Era italiano di origine. Francesco Spoturno, ma con il nome di Coty era conosciuto in tutto il mondo: François Coty. Voi tutti forse non lo conoscete, ma le signore a cui avete l'onore di rendere omaggio vi diranno che lo conoscono certamente. Egli ha creato la profumeria di lusso e di grandi spese. Prima, anche la profumeria d'Orsay non fabbricava in grandi quantità le bottiglie di profumo al di là dei cento franchi; Coty l'ha portata assai in alto, a prezzi fino allora ignoti. Ad un certo momento è stato uno degli uomini più potenti di Francia: ha comprato quanto poteva per miliardi, ha avuto insieme quella forza formidabile della stampa, quando si manifesta nelle più opposte correnti. Coty ha posseduto insieme il Figaro e l'Ami du Peuple e tutti gli altri giornali che erano aderenti a quei movimenti. Ha speso centinaia di milioni, ed in quei tempi i milioni valevano veramente qualche cosa, ed ha potuto, attraverso la stampa, avere una enorme influenza sull'opinione pubblica. Quando egli voleva essere deputato o senatore, nessuna spesa era eccessiva. Egli volle essere senatore della Corsica e non badò a spese. Si pagavano gli elettori a quei tempi, coloro che dovevano eleggere il senatore (in Corsica era abitudine il pagamento in natura) due cavalli o quattro buoi, o cinquanta o centomila lire per un voto solo. Dopo Coty, gli stessi sistemi sono stati applicati in Corsica e in qualche altro dipartimento. Quando si va alle elezioni con questi criteri, in paesi non ricchi, non vi è nessuna sorpresa dei risultati che si ottengono.

Io desidero quindi che non vi siano elezioni a doppio grado, dato che il nostro Paese non ha ancora una struttura politica, dopo tante vicende, che assicuri contro le cattive influenze e contro la corruzione. Credo quindi che si debba escludere ad ogni modo l'elezione a doppio grado. Del resto non vedo proposte da nessuna parte in questo senso.

Come dunque dovrebbe essere composto il Senato? Il senatore deve essere eletto in ogni circoscrizione a collegio uninominale di almeno 200 mila abitanti.

Siamo così abituati a parlare di uniformità e a concepire l'assurdo che tutti i voti devono essere rappresentati, che non pochi dicono: vi sono tanti voti che si perdono, ed allora riuniamo i resti e facciamo un polpettone e da tutti questi resti facciamo senatori, come ora i deputati che non si sa da chi sono nominati. Io ho avuto l'onore di essere eletto in tre circoscrizioni, benché non appartenga a nessun partito di massa. Faccio ora parte della lista nazionale. Io mi domando spesso chi rappresento. Quando tanti anni fa ero deputato e rappresentavo un collegio, sapevo chi mi eleggeva. Adesso invece non so niente. Non so chi mi fa stare qui dentro, nel senso che io ho abbandonati i miei elettori e credo che essi mi abbandoneranno.

Il Senato deve rappresentare la continuità e deve avere lunga durata. Il Senato che sia eletto sulla base del collegio uninominale è una necessità politica. Si dice che vi sono ingiustizie, ma è naturale che vi siano ingiustizie. Quando voi vedete i collegi inglesi o americani e notate la differenza di voti tra coloro che sono eletti e coloro che non sono eletti, e notate che coloro che sono eletti hanno avuto qualche volta meno voti di coloro che non sono eletti, vi sembra che ciò sia una grande ingiustizia. Ma l'ingiustizia apparente si compensa, perché in un collegio è a danno di un partito mentre in un altro collegio è a danno di un altro collegio di avverso partito e quindi si stabilisce quel compenso delle ingiustizie che si trasforma in giustizia, perché tutti quanti hanno gli stessi vantaggi e gli stessi danni. Quindi credo che l'idea del collegio uninominale è non solo una necessità, ma una convenienza per tutti e non vedo perché non possa essere adottata senza resistenza.

Nel progetto era già preveduto che un certo numero di Senatori dovesse essere attribuito a ciascuno dei collegi elettorali; naturalmente a ciascuna delle circoscrizioni che avrebbero avuto la forma attuale richiesta dalla proporzionale. Ora, siccome la proporzionale non verrebbe a funzionare, si possono attribuire tre collegi senza nessuna difficoltà a tutto l'insieme della circoscrizione; e si può stabilire che il voto per questi tre nuovi rappresentanti sia dato poi a tutta la Regione sempre con votazione per un sol nome, cioè con il collegio uninominale. Comunque, ho cercato di semplificare la cosa come meglio potevo.

[...]

Ora, io vorrei che nel primo Senato non mancassero uomini di esperienza e vi fossero i rappresentanti delle tre grandi magistrature dello Stato: uno per ogni grande magistratura, la Suprema Corte di cassazione di Roma, il Consiglio di Stato, la Corte dei conti. Suppongo che tutti abbiamo la dottrina necessaria in un'Assemblea politica, ma non tutti abbiamo la pratica. La presenza nella nuova Assemblea del Senato di un certo numero di uomini sperimentati, quali i rappresentanti delle tre grandi magistrature, è a vantaggio di tutti. Si dice che essi, non essendo eletti, possano costituire pericolo o disordine. Quale disordine? Quale pericolo? Credete che si diventi Presidente di cassazione a 50 o a 40 anni? Non credete che uomini di così lunga esperienza portino piuttosto elementi di equilibrio? Dunque, questa modifica mi pare necessaria: ammettere i deputati che hanno avuto un certo numero di legislature.

In quale proporzione? Io ho indicato la proporzione che mi è parsa necessaria ed utile. Vi prego soltanto di non esagerare.

Ieri si dovette discutere il numero dei deputati di questa Assemblea e la fiera dichiarazione dell'onorevole Conti, a cui mi sarei volentieri unito, proponeva un deputato per centocinquantamila abitanti. Io avevo proposto un termine medio nella soluzione, centomila abitanti per ogni deputato. Si tornò con la votazione a ottantamila e se ci fosse stata una proposta di cinquanta mila o non più di quarantamila, io credo che sarebbe stata accolta. (Commenti), tanto fu l'entusiasmo che notai tra alcuni colleghi (che pure parevano e che dovevano essere contrari) per questa assicurazione sulla vita data agli onorevoli membri di questa Assemblea.

Conti. Anche i discepoli si sono ribellati! Ne ha anche uno vicino.

Nitti. Ora accetterete, io spero, questa indicazione, di ammettere nella nostra Assemblea un certo numero di ex deputati che rispondano per la loro condotta, per il loro passato, alle condizioni di stima che deve avere ogni grande Assemblea alla sua costituzione.

In quanto al numero, vi prego di essere moderati, perché più allargherete il numero, più renderete la cosa difficile, se non impossibile.

[...]

Presidente Terracini. [...] All'articolo 55 gli onorevoli Lami Starnuti, Rossi Paolo, Carboni Angelo, Di Giovanni, hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«La Camera dei Senatori è eletta, per circoscrizioni regionali, a suffragio universale diretto con sistema proporzionale in ragione di un senatore ogni 120.000 abitanti o frazione superiore a 60.000».

L'onorevole Lami Starnuti ha facoltà di svolgerlo.

Lami Starnuti. Onorevoli colleghi, noi dobbiamo insistere nelle proposte contenute nell'emendamento da noi presentato all'articolo 55 del progetto di Costituzione; ma poiché ieri, a proposito della Camera dei deputati, l'Assemblea Costituente deliberò che il sistema elettorale di formazione della Camera non dovesse essere contenuto nella Costituzione della Repubblica italiana, pensiamo che lo stesso ordine di idee debba valere per la formazione del Senato.

Modifico in questo senso l'emendamento da noi proposto, riservandomi però di trasferire, proprio come si è fatto ieri, in un ordine del giorno quelle che sono le affermazioni e le proposte di portata puramente elettorale. Corretto, il nostro emendamento verrebbe a suonare così:

«La Camera dei Senatori è eletta a suffragio universale diretto in ragione di un senatore per ogni 120.000 abitanti o frazione superiore ai 60.000 abitanti».

Nell'ordine del giorno noi trasferiremo il concetto della circoscrizione regionale e l'affermazione che il Senato della Repubblica deve essere eletto col sistema proporzionale, eletto nella sua interezza, senza quelle particolari porzioni (e mi libero dalle questioni minute) che il progetto di Costituzione assegna ai Consigli regionali. Se è vero (e lo diceva testé l'onorevole Nitti) che la fonte della rappresentanza politica deve essere unica, non si vede perché una quota-parte dei senatori dovrebbe essere eletta dai Consigli regionali.

[...]

Data la distribuzione delle forze dell'Assemblea, dato lo schieramento dei partiti rispetto a questo problema, credo che il collegio uninominale non sarà accolto. E allora l'Assemblea si troverà necessariamente costretta ad adottare il sistema proporzionale e si troverà di fronte a due proposte diverse dello stesso sistema proporzionale. Alla nostra proposta infatti di proporzionale a suffragio diretto, si contrappone la proposta dell'amico onorevole Perassi, per un sistema proporzionale di secondo grado, in cui la nomina effettiva dei senatori sia fatta non più dal corpo elettorale nella sua spontaneità e nella sua sincerità, ma da un collegio più o meno ristretto...

Uberti. Filtrato.

Lami Starnuti. Ristretto, anche se filtrato: ad un collegio dunque più o meno ristretto, il quale in definitiva creerà il Senato.

Ora, l'onorevole Nitti ha già fatto presente all'Assemblea Costituente quali sono i pericoli di affidare ad un ristretto gruppo di elettori una nomina tanto importante come quella del Senato della Repubblica.

Quando vi sono in gioco interessi politici così notevoli e così cospicui, un ristretto collegio di elettori può subire tutte le influenze e tutte le tentazioni e può dare di conseguenza all'elezione una fisionomia non rispondente ai sentimenti e al pensiero del Paese.

Se l'Assemblea Costituente — questo voglio dire a conclusione — se l'Assemblea Costituente non accoglierà, come io ritengo, la proposta dell'onorevole Nitti per il collegio uninominale, se l'Assemblea Costituente si troverà costretta a decidere che anche la seconda Camera sia eletta con il sistema della proporzionale, io penso e spero che tra il sistema di secondo grado, proposto dall'onorevole Perassi, e il nostro sistema a suffragio universale diretto, preferirà questo secondo metodo di votazione, per la maggiore spontaneità, per la maggiore sincerità e — consentite ch'io lo dica — per la maggiore onestà di esso. (Approvazioni).

Presidente Terracini. Gli onorevoli Preti, Ruggiero e Persico hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«La Camera dei Senatori è eletta, con sistema proporzionale, dalla Camera dei Deputati in ragione di 1 senatore ogni 120.000 abitanti».

L'onorevole Preti da facoltà di svolgerlo.

Preti. Ho presentato questo emendamento d'accordo con l'onorevole Lami Starnuti, all'emendamento del quale il mio è subordinato. È sembrato al nostro Gruppo che nella democrazia parlamentare moderna — che è assai diversa da quella ottocentesca — sia fuor di strada chi va a cercare nel Senato una specie di correttivo della Camera dei deputati, cioè un correttivo del suffragio universale abbinato al sistema proporzionale, nell'illusione di poter dare, per questa via, stabilità ai regimi politici. Esista pure il Senato, visto che tanta parte dell'Assemblea lo ritiene necessario. Esso, peraltro, non deve alterare l'equilibrio politico della Camera dei deputati. Anche il Senato deve esprimere il più genuinamente possibile la volontà popolare.

Io temo d'altronde che i «filtri», che tanto piacciono all'onorevole Uberti, in particolare il «filtro» del collegio dei grandi elettori, di cui alla proposta dell'onorevole Perassi, finiscano in pratica per generare proprio le complicazioni alle quali ha accennato l'onorevole Lami Starnuti. D'altra parte, questi «filtri», in fondo, non modificano quello che è il dato fondamentale, cioè che anche il Senato risulti espressione del suffragio universale abbinato al sistema proporzionale. Perché dunque insistere su di essi?

Ho espresso in sede di discussione generale le ragioni che mi fanno ritenere più democratica di ogni altra la elezione del Senato da parte della Camera. Il mio Gruppo è pure di questo avviso. Ma subordiniamo questa proposta, che non facilmente sarebbe accolta in quanto apparentemente troppo radicale, a quella dell'onorevole Lami Starnuti.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Targetti, Amadei, Carpano Maglioli, De Michelis, Fedeli Aldo e Malagugini:

«Sostituirlo col seguente:

«La Camera dei senatori è eletta a base regionale, con suffragio universale e diretto.

«A ciascuna Regione è attribuito un senatore per 150.000 abitanti o per frazione superiore a 75.000. La Valle d'Aosta ha un solo senatore».

L'onorevole Carpano Maglioli ha facoltà di svolgerlo.

Carpano Maglioli. Onorevoli colleghi, prima di tutto il nostro emendamento deve essere così modificato:

«La Camera dei senatori è eletta con suffragio universale e diretto in ragione di un senatore per 150.000 abitanti o per frazione superiore a 75.000. La Valle d'Aosta ha un solo senatore».

Corretto così, il nostro emendamento, come bene osservava il collega onorevole Lami Starnuti, di poco si differenzia dal suo; e perciò io non ripeterò quello che già è stato detto bene, nel senso che noi riteniamo che a fondamento di ogni formazione di assemblea legislativa deve sempre concorrere il sistema del suffragio universale diretto, perché noi pensiamo che le elezioni di secondo grado presentino pericoli di deviazioni attraverso interferenze, che allontanano l'eletto dalla volontà diretta degli elettori.

E su questo punto io credo non sia più il caso di spendere una sola parola per sostenere l'opportunità e la necessità che anche la Camera dei senatori sia eletta a suffragio universale diretto. Noi abbiamo eliminato quanto è indicato nel progetto, e cioè che a ciascuna Regione sia attribuito un numero fisso di 5 senatori; e ciò per impedire sproporzioni, nel senso che Regioni con piccolo numero di abitanti vengano ad avere una rappresentanza uguale ad altre con una popolazione maggiore e territorio più vasto. Pare a noi che fissare il numero dei rappresentanti in rapporto agli abitanti sia un criterio preciso, nel senso che consente di formare un collegio legislativo di proporzioni razionali.

[...]

Noi abbiamo fiducia che il nostro emendamento possa trovare accoglimento da parte della Camera per la chiarezza e l'opportunità dei concetti in esso presentati e cioè: il Senato della Repubblica deve essere eletto a suffragio universale diretto in ragione di un senatore per 150 mila abitanti.

[...]

Presidente Terracini. Gli onorevoli Laconi, Grieco e Gullo Fausto hanno presentato un emendamento, del seguente tenore:

«Sostituirlo col seguente:

«La Camera dei senatori è eletta a suffragio universale, diretto e segreto, secondo il sistema uninominale, in ragione di un senatore per duecentomila abitanti o per frazione superiore a centomila».

L'onorevole Laconi ha facoltà di svolgerlo.

Laconi. [...] Le proposte che sono state presentate, almeno le principali, si muovevano originariamente su due linee: la linea della rappresentanza di interessi, che è stata ieri eliminata attraverso un voto contrario della Assemblea, e la linea della rappresentanza a carattere territoriale, che ha trovato in parte un accoglimento nel progetto di Costituzione e che è variamente echeggiata in diverse proposte che vengono poste in discussione attraverso gli emendamenti.

Ieri l'Assemblea ha respinto la prima di queste proposte e penso che abbia concorso in questo voto anche la considerazione che io ho avuto l'onore di fare ieri e cioè che la proposta dell'onorevole Piccioni presupponeva tutta una Costituzione diversa da quella che invece noi siamo andati elaborando.

[...]

A nostro avviso il Senato deve rappresentare la nazione in modo indiscriminato. Abbiamo ieri escluso che vi fosse una rappresentanza di gruppi sociali in quanto tali. Io penso che dobbiamo escludere che vi sia una rappresentanza di gruppi territorialmente configurati in quanto tali. La sovranità appartiene al popolo nella forma più indiscriminata. Non possiamo ammettere che nel quadro dello Stato unitario italiano vi siano enti di qualsiasi natura, sia sociale che territoriale, i quali detengano un determinato diritto per il fatto che esistono, e in nome della loro esistenza e della loro costituzione. Rappresentanza, quindi, indiscriminata. Ma è evidente che se vogliamo che questa rappresentanza indiscriminata risponda a quelle esigenze — che sono state riconosciute anche da noi, e credo dalla maggioranza della Camera — di una maggiore elaborazione della legge; se vogliamo che la seconda Camera risponda a queste esigenze, è evidente che dovremmo avere una rappresentanza opportunamente selezionata.

Ci è stata presentata tutta una serie di proposte. Si è presentata la proposta della scelta dall'alto; si è presentata la proposta dei membri di diritto. Si sono presentate proposte di elezioni indirette e proposte di elezioni a suffragio universale. Quale scegliere tra queste?

[...]

Per quanto riguarda le proposte di elezione indiretta, che sono state formulate da diversi colleghi, io stesso sono stato il presentatore di un ordine del giorno in questo senso durante i lavori della Commissione dei Settantacinque, o, se non erro, della seconda Sottocommissione. Questo ordine del giorno rappresentava un'opinione che aveva qualche seguito nel mio Gruppo. Noi non siamo quindi contrari per principio ad una soluzione di questo genere.

Solo, nessuno di noi può esserne contento. Se domani il Paese fosse chiamato ad eleggere la seconda Camera secondo questo sistema, rimarrebbe in ciascuno di noi un senso di insoddisfazione perché ciascuno sentirebbe che è una soluzione provvisoria, adottata allo scopo di eludere il problema. Non v'è alcuna ragione, che gli elettori debbano eleggere delle persone unicamente allo scopo che queste, riunite, eleggano i loro rappresentanti. Nessuno in Italia potrebbe comprendere un tale sistema in questo momento. È vero che in Francia esso è stato adottato, ma è anche vero che in Francia perdura la sensazione che questo sistema sia stato un rimedio dell'ultim'ora.

Una voce al centro. Chi lo dice?

Laconi. La soluzione alla quale penso si debba giungere è la soluzione più semplice...

Piccioni. ...e la più vecchia.

Laconi. Se l'onorevole Piccioni mi ha fatto l'onore di ascoltarmi fin dalle prime mosse del mio intervento, ha avuto modo di notare che io son partito determinatamente dalla tradizione. Io penso che questa tradizione italiana si continua oggi in qualche modo. In larghi strati della popolazione italiana vi è una diffusa simpatia per il collegio uninominale, che merita di essere presa in considerazione. Se l'onorevole Piccioni guarda a certi strati del popolo italiano, che seguono anche il suo partito, avrà modo di avvertire questa esigenza, largamente sentita.

[...]

Presidente Terracini. [...] L'onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma sopprimere le parole: che manda all'altra Camera, e, al terzo comma, le parole: e diretto».

[...]

Presidente Terracini. [...] Segue l'emendamento dell'onorevole Nobili Tito Oro, che è del seguente tenore:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«I senatori sono eletti per metà a suffragio universale, per l'altra metà, in parti eguali, dal Consiglio regionale e dai Consigli comunali di ciascuna circoscrizione».

Ha facoltà di svolgerlo.

Nobili Tito Oro. Questo emendamento, onorevoli colleghi, non è contrapposto, ma subordinato all'emendamento già svolto per il nostro Gruppo dal collega Carpano, con il quale l'elezione dei senatori viene per intero rivendicata al suffragio universale, come unica, legittima espressione della sovranità popolare. Io confido che questo principio raccoglierà i più larghi consensi dell'Assemblea, e pertanto questo mio emendamento deve considerarsi proposto solo in contemplazione della eventualità che, rigettate tutte le altre proposte concorrenti, l'Assemblea sia chiamata a pronunciarsi sul testo del progetto di Costituzione, che la elezione dei senatori solo in parte riserva al suffragio universale segreto e diretto e per il resto attribuisce al Consiglio regionale della circoscrizione.

[...]

Come evitare che a tanto si arrivi, quando, respinto ogni altro emendamento che abbia diritto a precedenza, si rendesse necessario votare sul testo del progetto, di questa parte del progetto? Come disperdere queste avvisaglie, questi germi di federalismo avanzante, come impedire che il Senato sorga in funzione di incipiente federazione delle Regioni? Non si sorrida e non si protesti: è un principio, ma questo è: e a certi principî bisogna reagire. Poniamo comunque che si tratti soltanto di un timore ingiusto, in altri termini di un semplice sospetto; nessuno potrà contestare che come sospetto sia giustificato. E a mettere le nostre coscienze in pace, io penso che nella ipotesi che si pervenga alla ibrida forma di elezioni presa in esame, gioverebbe attribuire anche ai comuni il diritto di eleggere un numero di senatori pari a quello che eleggerebbe il Consiglio regionale. Questa introduzione del Comune nella vita politica italiana, mediante la sua partecipazione alla nomina di rappresentanti al Senato della Repubblica, avrebbe indiscutibilmente un'alta risonanza: anzitutto dimostrerebbe che lo Stato considera alla stessa stregua gli enti locali minori e più periferici e quelli maggiori; attenuerebbe il sospetto delle particolari finalità che si attribuiscono alla Regione; accrescerebbe l'autorità del Senato per la più capillare diffusione dei consensi dai quali derivano le nomine dei suoi membri; accrescerebbe in pari tempo l'autorità di costoro, in quanto ripeterebbero la elezione non da quelle oligarchie che inevitabilmente si formeranno in seno ai Consigli regionali, ma dalla maggioranza di tutti i Comuni, compresi i più lontani dal capoluogo regionale, con una investitura che per larghezza di base e per espressione di consensi non diversificherebbe troppo da quella del suffragio popolare diretto. E avrebbe risalto maggiore la stessa funzione dei senatori; il loro contatto coi Comuni e con le popolazioni gioverebbe a stringere vincoli di simpatia e di collaborazione, che mentre conferirebbero maggiore lustro alla dignità senatoria, si risolverebbero in un'assistenza più assidua agli enti locali, specie nei loro rapporti con l'amministrazione centrale, e in un più costante interessamento per le necessità delle popolazioni. Il Senato ne acquisterebbe in popolarità; i Comuni e i bisogni delle popolazioni sarebbero meno ignorati; le popolazioni stesse sentirebbero maggiormente la presenza dello Stato.

Si sono levate obiezioni per il preteso scompenso che si verificherebbe fra piccoli e grandi Comuni nella influenza sul risultato delle elezioni. Ma la preoccupazione è ingiustificata, perché i grandi Comuni, che del resto godono normalmente di una più assidua assistenza di parlamentari, hanno un numero di consiglieri molto attenuato in proporzione di quello dei Comuni minori. Comunque, qualora si volesse raggiungere una condizione di proporzionalità, in rapporto alle popolazioni anche in questa forma di elezione, non mancano i sistemi più rispondenti a tal fine, e potrà essere compito della legge elettorale stabilire quello che si riterrà più rispondente.

Si è obiettato pure che questa triplice forma di elezione crea un sistema troppo eclettico: ma l'eclettismo è la già constatata conseguenza delle numerose correnti di pensiero che operano in questa Assemblea; è la situazione che ha eliminato ogni residuo pregiudizio contro il compromesso parlamentare e che lo ha esaltato come strumento necessario del sistema elettorale proporzionale che impedisce il formarsi di maggioranze decisive.

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole Perassi ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«I senatori sono eletti per un terzo (in via subordinata: per un quarto), col minimo di tre, dal Consiglio regionale e per il resto da delegati eletti a suffragio universale fra gli elettori iscritti nei comuni della circoscrizione elettorale di primo grado, in proporzione degli abitanti, secondo le modalità determinate dalla legge».

Ha facoltà di svolgerlo.

Perassi. L'emendamento da me proposto riguarda il terzo comma dell'articolo che stiamo esaminando; non entro quindi in merito ai primi due commi, partendo dal presupposto che essi così, come sono, o con qualche ritocco, restino.

Il terzo comma ha per oggetto di regolare in che modo si procede all'elezione dei senatori assegnati a ciascuna Regione. L'emendamento che ho proposto si allontana dal testo della Commissione in tre punti di diversa importanza.

Il primo punto concerne l'elezione dei senatori da parte del Consiglio regionale. Nel testo proposto dalla Commissione si dice: «I senatori sono eletti per un terzo dai membri del Consiglio regionale». In primo luogo, dal punto di vista formale, è opportuno dire «dal Consiglio regionale» e non «dai membri», perché l'elezione è fatta dall'organo collegiale come tale.

Per quanto concerne il numero dei senatori la cui elezione sarebbe assegnata al Consiglio regionale, nel mio emendamento si mantiene il terzo, ma con un piccolo correttivo, cioè con un minimo di tre. A me pare che questo correttivo sia opportuno, anche per la considerazione che, se un Consiglio regionale è chiamato a fare l'elezione di almeno tre senatori, è possibile applicare il voto limitato, assicurando così una certa rappresentanza delle minoranze.

Il secondo punto è di carattere esclusivamente formale: in luogo di dire, cioè, «gli altri due terzi», nel testo da me proposto è detto: «il resto». La ragione di tale modificazione è semplice ed è che non sempre il numero totale assegnato a ciascuna regione è divisibile per tre. Conseguentemente, quella che sarà la quota da eleggersi diversamente potrà, in concreto, risultare maggiore o minore di due terzi. Dal punto di vista tecnico è quindi preferibile dire «il resto».

Il terzo punto è quello che presenta maggiore importanza dal punto di vista pratico e politico. Esso riguarda il modo con cui dovrebbe procedersi all'elezione del maggior numero di senatori assegnati a ciascuna Regione. Come è stato già rilevato, nell'emendamento proposto si accoglie l'idea dell'elezione di secondo grado, idea che, come giustamente ricordava l'onorevole Laconi, è stata diverse volte e sotto diverse forme prospettata in seno alla seconda Sottocommissione.

Io non voglio, onorevoli colleghi, entrare in discussioni teoriche sulla preferibilità dell'elezione diretta, rispetto a quella di secondo grado. Mi limito a constatare che, contro l'elezione di secondo grado sono state portate, così in sede di Sottocommissione, come qui in Assemblea, delle critiche che mi sembrano nettamente contrastanti.

Vi fu infatti, da un lato, qualche membro della Commissione il quale osservò che, in fondo, le elezioni di secondo grado sono — per usare l'espressione da esso adoperata — una farsa. Perché? Perché gli elettori di secondo grado si possono paragonare a macchine automatiche che non fanno se non eseguire quella che è stata la designazione di primo grado. Certo, questa critica riassunta nell'espressione molto drastica da me ora ricordata si può fino ad un certo punto ritenere fondata, quando si pensa all'elezione di secondo grado che ha per oggetto la designazione di una persona: esempio tipico l'elezione di secondo grado del Presidente degli Stati Uniti d'America. È evidente infatti che il giorno stesso in cui si chiudono le elezioni di primo grado, si sa già qual è la persona del Presidente che sarà eletto, cosicché l'elezione effettiva del Presidente si riduce in realtà ad un'operazione quasi meccanica.

Ma qui non siamo di fronte all'elezione di uno; qui siamo di fronte all'elezione di un numero variabile, ma sempre abbastanza elevato di persone. Conseguentemente, quell'inconveniente dell'elezione puramente meccanica, qui non c'è. In realtà i «grandi elettori» hanno la possibilità di fare una scelta, e quindi, di far giocare anche elementi personali.

Da parte dell'onorevole Nitti è stata fatta un'altra osservazione, ed egli ha ritenuto anche di appoggiarla a qualche esempio storico. Ma anche qui, mi pare che lo stesso onorevole Nitti sia caduto in qualche contraddizione. Egli, in particolare, si è riferito all'esperienza del Senato francese, il quale in realtà, dal 1875 in poi, era una seconda Camera eletta col sistema delle elezioni di secondo grado. E l'onorevole Nitti ha ricordato che ci sono stati dei casi in cui qualche senatore, molto ben provvisto, è riuscito ad esplicare, con mezzi molto persuasivi, una particolare influenza sul gruppo dei «grandi elettori».

Io non contesto l'esattezza storica di questa osservazione per qualche caso; però mi limito a constatare che lo stesso onorevole Nitti, nello stesso suo discorso, ad un certo punto rilevava l'importanza che il Senato francese ebbe nella vita della Terza Repubblica, e giustamente ricordò che in certi momenti fu il Senato francese che difese la Repubblica contro qualche atteggiamento di partiti o di uomini indirizzati su altre vie. Quindi, anche qui mi pare vi sia un po' di contraddizione.

In conclusione, con una semplice osservazione di buonsenso, io constato che le critiche opposte al sistema sono nettamente contrastanti; e, quindi, si può dire in un certo senso che si elidono.

Ciò premesso, e senza insistere ancora su concetti generici, vengo rapidamente a spiegare il meccanismo della elezione quale è proposto nel mio emendamento. In esso si dice che il resto dei senatori assegnati a ciascuna Regione è eletto «da delegati eletti a suffragio universale fra gli elettori iscritti nei comuni della circoscrizione elettorale di primo grado, in proporzione degli abitanti, secondo le modalità determinate dalla legge».

Ciò che caratterizza questo emendamento per quanto riguarda la parte tecnica è che esso lascia un notevole margine alla legge elettorale, limitandosi a fissare i principî fondamentali; e sotto questo punto di vista è correlativo al sistema che è stato seguito per la Camera dei deputati. L'articolo già adottato, limitandosi a dire che la Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto, rinvia alla legge elettorale politica tutti gli altri problemi tecnici e politici relativi all'elezione dei deputati. Così per il Senato della Repubblica la Costituzione, secondo l'emendamento proposto, si limiterebbe ad indicare il criterio sopra enunciato al quale la legge elettorale dovrebbe informarsi. La legge elettorale determinerà le circoscrizioni di primo grado (le quali potranno essere, mettiamo, mandamentali o circondariali). Ogni elettore del suffragio universale nell'eleggere i cosiddetti «grandi elettori», dovrà sceglierli fra coloro che sono iscritti nelle liste elettorali della circoscrizione. La legge determinerà una certa proporzione, cioè quanti saranno i «grandi elettori», rispetto alla massa degli abitanti: se 1 per 1.000, 1 per 2.000, od 1 per 500. La questione è rimessa alla legge. Il gruppo dei «grandi elettori» così eletti, viene ad essere, in sostanza, una riproduzione ridotta del corpo elettorale di primo grado. Poi la legge dovrà fare un'altra precisazione tecnica: cioè, dovrà stabilire qual è il collegio elettorale chiamato a fare l'elezione vera e propria dei senatori, raccogliendo gli elettori usciti dal suffragio universale in un collegio che sarà necessariamente più ampio di quello in cui è avvenuta l'elezione in primo grado; per esempio, un collegio provinciale. È questo collegio elettorale che dovrà compiere l'elezione.

È evidente che questo meccanismo è tale da permettere l'applicazione della rappresentanza proporzionale, sia nell'elezione di primo grado, sia nell'elezione definitiva. Quindi, esso va incontro ad una esigenza che in quanto sia sentita può esser soddisfatta dalla legge.

D'altra parte esso è un sistema che in larga misura tiene conto di quello che è considerato un carattere a favore del sistema uninominale, cioè il maggiore apprezzamento dei valori individuali. I grandi elettori, per quanto siano in numero abbastanza cospicuo, potranno esercitare una notevole libertà di scelta nelle persone che in concreto saranno elette.

Mi pare dunque che il sistema sia tale da andare incontro alle diverse esigenze; e, sotto questo punto di vista, credo che potrebbe essere una soluzione che ci permetta di uscire da questi contrastanti punti di vista.

È con questo spirito, è soprattutto con questa idea di trovare una formula che vada incontro a queste diverse e contrapposte concezioni, che noi abbiamo proposto questo emendamento.

Mi si permetta di aggiungere una breve osservazione. Sarà svolto ora un emendamento dell'onorevole Zuccarini, nel quale vi è una idea che non c'è nel mio, ed alla quale — per quanto mi concerne — non ho difficoltà ad aderire. La proposta dell'onorevole Zuccarini è di introdurre una limitazione nella libertà di scelta dei grandi elettori, stabilendo che il suffragio universale dovrà cadere non soltanto sugli iscritti nella circoscrizione, ma sugli iscritti aventi una certa età, cioè un'età superiore ai 25 anni.

È un'idea interessante che potrebbe essere aggiunta alle altre che sono indicate qui e all'insieme delle altre che servono a differenziare — in quanto opportuno e in quanto necessario — la formazione del Senato dalla formazione della Camera dei deputati.

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole Zuccarini ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«I senatori sono eletti, per la quota fissa attribuita a ciascuna Regione, dal Consiglio regionale, e, per il resto, da delegati eletti a suffragio universale fra gli elettori che abbiano superato i 25 anni di età, iscritti nei Comuni della circoscrizione elettorale di primo grado, in proporzione degli abitanti, secondo le modalità determinate dalla legge».

Ha facoltà di svolgerlo.

Zuccarini. Il mio emendamento porta appena due modificazioni all'emendamento presentato dall'onorevole Perassi, che è stato abbondantemente illustrato.

[...]

Nella Commissione dei Settantacinque si pensò di fare eleggere il resto dei senatori ad una rappresentanza dei Comuni. Sennonché di fronte a questa proposta si trovarono una infinità di difficoltà di attuazione pratica. Si osservò che c'erano Comuni di 100 mila 200 mila ed anche di oltre un milione e due milioni di abitanti e Comuni con poche centinaia o migliaia di abitanti; e allora si pensò che dare ai consiglieri comunali di una grande città un peso, che in base al numero dei consiglieri sarebbe soverchiato da un piccolo numero di piccoli Comuni che hanno un minimo di 15 consiglieri, creasse una ingiustificata sproporzione. I Comuni piccoli avrebbero finito col determinare essi l'elezione dei senatori. Come si poteva ovviare a tale inconveniente? C'è un modo solo ed è quello proposto dall'onorevole Perassi e sostenuto anche da me. Esso non è affatto complicato; è semplicissimo. Si tratta di una elezione di secondo grado che può svolgersi normalmente e senza nessuna difficoltà. Invece di essere i consiglieri comunali a votare per il Comune, sarebbe nominato per ciascun Comune un numero di elettori di secondo grado in proporzione degli abitanti; e in tal modo la città grande non peserà diversamente dal piccolo Comune, cioè ogni gruppo di cittadini si troverà ad avere lo stesso peso nelle elezioni dei senatori. È in questo senso che è fatta la nostra proposta, che non è affatto complicata nella sua attuazione. Può essere infatti attuata con una grande semplicità ed anche con una procedura molto precisa e chiara che non lascia dubbi. Male è stato, secondo me, il non averla proposta in sede di Commissione dei Settantacinque; ma riproponendola qui oggi crediamo di avere semplificato in questo senso il problema. E badate, che la elezione che parte dagli enti locali, anche con l'elezione così come l'abbiamo proposta, non è vero che non abbia il suo peso e non contribuisca alla caratterizzazione della seconda Assemblea. Solo per il fatto che l'elezione avviene in rappresentanza di interessi locali, solo per il fatto che gli elettori saranno rappresentanti dei Comuni, si sentiranno investiti della rappresentanza di quei particolari interessi per quello che di essi rientra nella generale vita della Nazione.

C'è una seconda modificazione introdotta dal mio emendamento, e cioè che gli elettori di primo grado per la nomina dei senatori abbiano compiuto almeno 25 anni di età. Perché questo? Perché io penso che sia pure esso un modo per differenziare e migliorare ancora la seconda Assemblea, la quale, avendo un compito — e non credo di dover insistere su questo — di revisione, di miglioramento e di perfezionamento delle leggi che possono partire anche affrettatamente dalla prima Camera è necessario che, pure essendo meno numerosa, abbia una maggiore capacità e competenza. Gli amici democristiani hanno cercato il miglioramento del corpo rappresentativo attraverso la rappresentanza degli interessi: problema molto difficile da risolvere. Invece, con la differenza dell'età, noi avremo già una selezione negli elettori: avremo intanto elettori che, avendo alcuni anni di più, sono evidentemente più posati e più capaci. Con la elezione di secondo grado, avremo poi una seconda selezione fatta dagli elettori stessi. Non si tratterebbe più di una massa elettorale indifferenziata, anche se i partiti partecipano con gli stessi diritti e gli stessi risultati alla votazione. Evidentemente, nel formare la lista dei candidati i partiti si preoccuperanno di scegliere i loro migliori e si sarà ottenuto un corpo elettorale più selezionato e più capace. Ciò può dare una maggiore garanzia che a comporre il Senato saranno nominate persone all'altezza del loro compito.

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole Rubilli ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«I senatori sono eletti per un quarto con nomina del Presidente della Repubblica e per tre quarti con elezioni a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età, col sistema del collegio uninominale».

Ha facoltà di svolgerlo.

Rubilli. Il mio emendamento consta di due parti.

Per la prima parte insisto nel ritenere che per lo meno una esigua frazione dei membri del Senato sia da nominare dal Presidente della Repubblica; non sto a ripetere le ragioni già esposte in sede di discussione generale, esigenze di giustizia, da una parte, e di utilità, dall'altra, per potere usufruire anche del contributo che uomini preclari, ma estranei ai partiti ed alla competizione elettorale, possono dare alla formazione delle leggi.

[...]

Tanto meno posso condividere l'idea dell'onorevole Nitti, il quale giunge a riduzioni eccessive ed inaccettabili, perché secondo lui dovrebbero entrare nel Senato, e di diritto, soltanto 9 persone: 9 persone disperse nel Senato. Tre giureconsulti (i capi delle grandi Magistrature) e sei professori (letterati o scienziati) nominati dal Consiglio superiore della pubblica istruzione. Ora, una simile proposta eliminerebbe ogni collaborazione utile ed efficace. Nove persone, di diversa origine, di diversa mentalità ed attitudine politica non potrebbero nemmeno formare un piccolo gruppo. Quest'idea servirebbe solo a portare scompiglio nella classe dei professori. (Commenti). Già sono in perenne lotta tra loro: sono tali e tante le reciproche gelosie che non ce n'è uno che parli bene dell'altro. (Rumori). Immaginate cosa avverrà, se noi stabiliremo questa gara tra i professori universitari, ed in quale imbarazzo metteremmo il Consiglio dell'istruzione. Mi pare che non si dovrebbe tener conto né degli eccessi in più — che vengono da una parte — né di quelli in meno, che vengono dall'altra parte. Tra un quarto ed un quinto dei componenti si potrebbe decidere meglio ed utilmente sulla opportunità di immettere nel Senato persone che meritano e la cui opera può essere veramente efficace.

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole Caronia ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«I senatori sono eletti dai membri del Consiglio regionale con il sistema maggioritario».

Ha facoltà di svolgerlo.

Caronia. Mi duole che in mia assenza sia stato dichiarato decaduto il mio primo emendamento, con cui proponevo che ad ogni Regione fosse assegnato un senatore per 200.000 abitanti, perché questo secondo è in rapporto col primo.

Partendo da quanto ha proposto la Commissione, che il Senato è eletto a base regionale, ritengo che sia logico dare una parte notevole, nella scelta dei senatori, alle Assemblee regionali.

Mi si obietta che le Assemblee regionali sono costituite da un numero molto limitato e che affidare la elezione dei senatori a un numero ristretto di elettori sarebbe cosa assurda e darebbe eccessivi poteri a tali Assemblee. Ma qui è questione di numero. In sostanza, secondo quanto propone l'onorevole Perassi, viene affidata per delega ad un numero limitato di elettori la scelta dei senatori. E non è preferibile che questa delega sia data ai componenti le Assemblee regionali, che sono in fondo l'espressione della totalità degli elettori, essendo stati eletti a suffragio universale? Bisogna piuttosto, secondo quanto ho espresso nel primo emendamento, ridurre quanto più è possibile il numero dei senatori, escludendo anche l'assegnazione di un numero fisso di senatori per ogni Regione e lasciando, con l'assegnazione di un senatore per ogni 200.000 abitanti, la rappresentanza proporzionale. Questo anche per prevenire l'obiezione che si potrebbe avanzare da chi si preoccupa del fatto che dare un numero fisso di senatori alle singole Regioni possa portare queste al rango di sovranità, come avviene nelle Nazioni federali. La proporzionalità dei rappresentanti al Senato da parte delle Regioni è più consona al nostro concetto di Stato unitario a struttura regionale. Mantengo pertanto la mia proposta di assegnare un senatore per ogni 200.000 abitanti, senza il di più di un numero fisso e di affidare alle Assemblee regionali la elezione dei senatori assegnati alle singole Regioni. Verrebbe così semplificato il procedimento elettorale e nello stesso tempo meglio differenziato il carattere del Senato.

Dichiaro infine che ove i miei emendamenti dovessero essere respinti, aderirò all'emendamento Perassi che più ai miei si avvicina.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento proposto dall'onorevole Russo Perez, del seguente tenore:

«Al terzo comma, alle parole: I senatori sono eletti per un terzo dai membri del Consiglio regionale e per due terzi a suffragio universale e diretto, sostituire le parole: I senatori sono per un terzo nominati a vita per libera scelta del Capo dello Stato e per due terzi eletti col sistema del collegio uninominale».

Condorelli. In assenza dell'onorevole Russo Perez faccio mio l'emendamento e rinuncio a svolgerlo.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento proposto dall'onorevole Conti, del seguente tenore:

«Al terzo comma, alle parole: il venticinquesimo anno di età, sostituire le altre: il ventunesimo anno di età».

Ha facoltà di svolgerlo.

Conti. Lo mantengo, ma rinunzio a svolgerlo.

[...]

Presidente Terracini. [...] È stato presentato il seguente ordine del giorno, a firma degli onorevoli Lami Starnuti, Binni, Morini, Rossi Paolo, Treves, Longhena, Bennani, Canevari, Bocconi, Caporali, Villani, Zanardi, Momigliano e Filippini:

«L'Assemblea Costituente ritiene che l'elezione dei componenti il Senato della Repubblica debba avvenire a suffragio universale e diretto, con sistema proporzionale e per circoscrizioni regionali».

Quest'ordine del giorno è stato già di fatto largamente svolto nel corso della discussione e pertanto ritengo che non abbia più bisogno di particolare trattazione.

Potrà essere posto in votazione prima che si passi alla votazione degli emendamenti sull'articolo 55.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti