[Il 24 gennaio 1947 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.]
Il Presidente Terracini comunica che sull'argomento dell'elezione dei Senatori l'onorevole Perassi ha presentato la seguente nuova formula:
«I Senatori sono eletti per un terzo dal Consiglio regionale e per il resto da delegati comunali eletti a suffragio universale.
«La legge elettorale determina il numero dei delegati da eleggersi in ciascun Comune, fra gli elettori del Comune, in proporzione al numero degli abitanti, in modo che ciascun Comune elegga almeno un delegato».
Apre la discussione su questa proposta e su quelle già presentate sulla stessa materia, nella seduta precedente, delle quali ricorda il tenore:
Proposta Fuschini: «I Senatori sono eletti per la metà dai membri delle Assemblee regionali e dai consiglieri comunali dei Comuni superiori a 10 mila abitanti e per l'altra metà dai consiglieri dei Comuni inferiori a 10 mila abitanti».
Proposta del Comitato: «I Senatori sono eletti per un terzo dal Consiglio regionale e per due terzi da delegati eletti a suffragio universale (Perassi)».
Proposta Ambrosini: «I Senatori sono eletti per un terzo dai membri delle Assemblee regionali, per un terzo dai consiglieri comunali dei Comuni inferiori a 30 mila abitanti e per il rimanente terzo dai consiglieri comunali dei Comuni superiori a 30 mila abitanti».
Proposta Tosato, Piccioni, Fuschini: «La quota fissa dei Senatori assegnati ad ogni Regione è eletta dalle rispettive Assemblee regionali. La rimanente quota, nella proporzione di un Senatore per ogni 200 mila abitanti, è eletta dai consiglieri comunali della Regione divisi in tre gruppi: dei Comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti; con popolazione superiore a 5 mila abitanti e inferiore a 30 mila; con popolazione superiore ai 30 mila abitanti. Ciascuno dei tre gruppi elegge un numero di Senatori proporzionale alla popolazione».
Proposta Rossi, Targetti: «I Deputati alla seconda Camera sono eletti, Regione per Regione, da un collegio composto da tutti i consiglieri regionali e da un numero doppio di delegati, all'uopo nominati a suffragio universale».
Proposta Targetti, Rossi: «La seconda Camera è eletta per un terzo dai Consigli regionali e per due terzi con suffragio universale, diretto e segreto».
Proposta Nobile: «L'elezione dei membri della seconda Camera ha luogo a suffragio universale, diretto e segreto da parte di tutti i cittadini aventi diritto al voto che abbiano superato l'ennesimo (n = un numero compreso fra 22 e 26 anni) anno di età».
Proposta Laconi: «La seconda Camera è eletta da collegi regionali a suffragio universale indiretto, secondo le modalità stabilite dalla legge. (Formula francese)».
Perassi, ad illustrare brevemente la sua nuova proposta, ricorda che la formula elaborata dal Comitato si limitava ad affermare che i Senatori sono eletti per un terzo dai Consigli regionali e per il rimanente da delegati eletti a suffragio universale. Con ciò si intendeva rinviare tutto il problema della elezione dei delegati alla legge elettorale, uniformandosi al criterio, già adottato per la Camera dei Deputati, di rinviare alla stessa sede la disciplina particolare, dopo aver stabilito costituzionalmente il principio che essa è eletta a suffragio universale.
La discussione svoltasi nella seduta precedente ha messo a fuoco il problema della utilizzazione dei consiglieri comunali ai fini della elezione di secondo grado; questione che già aveva ponderato anche il Comitato, giungendo alla conclusione che fosse opportuno abbandonare una tale soluzione. Evidentemente i fautori di un siffatto sistema si ispiravano al principio che la seconda Camera dovesse avere una base elettorale diversa dalla prima, con una partecipazione degli elementi attivi della Regione ed in particolare dei Comuni. Considerato che il ricorso ai consiglieri comunali si è rivelato un mezzo inidoneo per attuare questo presupposto e tale da dar luogo a notevoli inconvenienti, personalmente ha pensato che fosse possibile raggiungere lo stesso scopo con un altro sistema: facondo sì che ogni Comune eleggesse direttamente, a suffragio universale, i propri delegati (quelli che sogliono definirsi «grandi elettori»), introducendo peraltro nella Carta costituzionale una indicazione concreta, per non lasciare un'assoluta libertà alla legge elettorale. A ciò mira appunto il capoverso della sua proposta, il quale consente una rappresentanza proporzionale a tutti i Comuni, nel senso che, a prescindere dai più piccoli, che avranno un solo delegato, gli altri che superano un certo numero di abitanti, eleggeranno un delegato per ogni X (per esempio, 500) abitanti. Alla legge elettorale è lasciato il compito di sviluppare tali criteri stabilendo: se i delegati eletti in ciascun Comune dovranno raggrupparsi, ai fini dell'elezione dei Senatori, in un unico collegio regionale o in più collegi; come dovranno in concreto avvenire le elezioni, sia di primo che di secondo grado, ecc.
Concludendo, esprime l'avviso, ed anche l'augurio, che la sua formula possa conciliare i diversi punti di vista e facilitare una soluzione che raccolga il favore della maggioranza della Sottocommissione.
Lami Starnuti si duole di non esser potuto intervenire alle riunioni precedenti e espone quindi succintamente il suo punto di vista, dichiarandosi contrario a tutte le proposte, meno che a quella dell'onorevole Laconi. Ha già avuto occasione di far presente, in sede di Comitato, che avrebbe aderito alla formula dell'elezione dei Senatori da parte di delegati eletti a suffragio universale, a condizione che l'intiera seconda Camera fosse eletta in tal guisa, esprimendo quindi le sue riserve per il mantenimento di una quota di Senatori la cui elezione sarebbe demandata alle Assemblee regionali. È peraltro nettamente contrario a tutte le altre proposte — ove si eccettui quella degli onorevoli Rossi e Targetti, che si avvicina di più alla formula Laconi — ivi compresa quella presentata ultimamente dall'onorevole Perassi, la quale, a suo avviso, è tale da sopprimere intieramente il sistema proporzionale.
Passando ad analizzarla, rileva che in Italia prevalgono i piccoli Comuni — quelli cioè che nominerebbero un solo delegato — e ciò naturalmente non consentirebbe l'applicazione della proporzionale nei riguardi della nomina di almeno la metà del collegio dei grandi elettori. Del resto, la proporzionale non potrebbe giocare o giocherebbe imperfettamente, anche se i piccoli Comuni nominassero due o tre delegati ciascuno.
Lo stesso errore d'impostazione, a suo giudizio, viene ripetuto, in proporzioni diverse e su un piano diverso, nelle proposte degli onorevoli Fuschini, Ambrosini e Tosato. È evidente che quando si affida l'elezione dei Senatori — come fa l'onorevole Fuschini — per metà ai membri delle Assemblee regionali unitamente ai consiglieri comunali dei Comuni superiori a 10 mila abitanti e per l'altra metà ai consiglieri comunali dei Comuni inferiori a 10 mila abitanti si arriva alla conseguenza che la seconda Camera è nominata per tre quarti da consiglieri comunali eletti col sistema maggioritario (con tale sistema, infatti, vengono eletti i consiglieri comunali dei Comuni inferiori ai 30 mila abitanti).
Ritiene che, se si vuole una seconda Camera che sia veramente espressione della volontà popolare, si debbano abbandonare i sistemi compositi e ricorrere o al suffragio universale diretto, ovvero alla nomina di tutti i Senatori da parte di un collegio di grandi elettori scelti col sistema della rappresentanza proporzionale.
Perassi replica all'onorevole Lami Starnuti che non è esatto che col suo sistema non possa applicarsi la proporzionale, in quanto è rimessa alla legge elettorale la determinazione del rapporto fra i delegati e la popolazione. Essa potrà stabilire un coefficiente basso (ad esempio un delegato ogni 500 abitanti), in modo da far crescere il numero dei delegati per rendere possibile il gioco della rappresentanza proporzionale.
Ambrosini fa rilevare all'onorevole Lami Starnuti, che ha parlato di un errore d'impostazione nella proposta sua e in quelle degli onorevoli Fuschini e Tosato, che non può considerarsi un errore d'impostazione quello che è un diverso criterio d'impostazione. Peraltro tale criterio è conforme alla deliberazione della Sottocommissione, la quale ritenne che ai fini della composizione della seconda Camera si dovesse tener conto non tanto della popolazione indifferenziatamente considerata, quanto della rappresentanza dei Comuni e delle Regioni,.
Aggiunge che, qualora si dovesse adottare il criterio al quale ha accennato il suo contraddittore, si snaturerebbe completamente il carattere della seconda Camera, quale fu concepita dalla Sottocommissione.
Ciò premesso, afferma che resterà fedele al suo criterio d'impostazione, che risponde all'esigenza di dar vita ad una seconda Camera che abbia una fisionomia diversa dalla prima.
Lussu, senza affrontare la critica dei vari sistemi, che ha occupato gran parte della riunione precedente, esprime l'avviso che le due proposte che meritano maggior considerazione siano quelle degli onorevoli Laconi e Perassi.
Premesso che in sede di Comitato si manifestò un accordo unanime sulla formula dell'onorevole Perassi, fa rilevare che la nuova dizione presentata dallo stesso rappresenta un miglioramento della primitiva proposta. Personalmente la trova particolarmente felice, in quanto mette in evidenza l'ente Comune, base dell'organizzazione sociale, facendolo partecipare all'elezione della seconda Camera, attraverso delegati scelti appositamente (quindi non eletti con criteri amministrativi) a suffragio diretto. È altresì convinto ch'essa consenta un rigoroso rispetto della proporzionale, che sarà cura della legge elettorale di garantire.
Nobile dichiara che fra le varie proposte ve ne sono tre — quelle degli onorevoli Fuschini, Ambrosini e Tosato — che, a suo avviso, vanno senz'altro accantonate, in quanto non risolvono il problema che personalmente ha prospettato. Infatti, qualora il Presidente della Repubblica sciogliesse le due Camere, si troverebbe costretto a sciogliere contemporaneamente i Consigli comunali per non fare eleggere la nuova seconda Camera dallo stesso organo che l'ha eletta la prima volta.
Degli altri progetti, data la sua avversione alla seconda Camera, preferisce quello proposto dall'onorevole Laconi perché, in ultima analisi, dà la stessa base elettorale alle due Camere, posto che — come ha rilevato l'onorevole Einaudi — una elezione di secondo grado così concepita non darebbe alla seconda Camera una propria fisionomia diversa dalla prima; i grandi elettori voterebbero conformemente al volere degli elettori di primo grado, i quali in sostanza sarebbero essi a determinarne la composizione.
Se il progetto Laconi non fosse approvato, insisterebbe per l'approvazione di quello che personalmente ha presentato, il quale, se non altro, offre il vantaggio della semplicità (il corpo elettorale è unico). Nel caso che su di esso si venisse ad una votazione, occorrerebbe precisare il limite di età per l'elettorato attivo — che egli non ha precisato — e a tal proposito fa presente che, dal diciannovesimo anno in poi, il numero dei cittadini per ogni classe è di circa 700 mila. Pertanto ogni anno di aumento del limite d'età significa la eliminazione di 700 mila elettori.
Subordinatamente voterebbe la seconda proposta Targetti Rossi, la quale, prevedendo l'elezione di due terzi dei Senatori con suffragio universale, diretto, darebbe lo stesso carattere della prima Camera ad una buona parte della seconda.
Infine, qualora anche questa formula fosse respinta, darebbe il suo voto a quella proposta dal Comitato o all'ultima formula Perassi, sulla quale però si riserva di fare alcune osservazioni.
Conti si dichiara dolente nel dover constatare che i colleghi del gruppo democratico-cristiano insistono per una sistemazione della Camera dei Senatori che appare in contrasto con le stesse loro idee politiche, rifiutando di accettare la proposta Perassi, che dovrebbe invece essere accolta con entusiasmo. Mentre il campanile comunale figura in tutte le copertine degli opuscoli ed in tutti i manifesti di propaganda democratica-cristiana ed il Comune viene presentato agli italiani come un grande simbolo di glorie passate e una grande promessa per l'avvenire del Paese, nella circostanza attuale i democristiani sembrano voler rinnegare il loro punto di vista.
Personalmente muove dal principio che nella composizione dei corpi rappresentativi si debba sempre procedere alla ricerca di fonti diverse della rappresentanza; ricorrendo alla stessa fonte si avrà la riproduzione uniforme di una stessa espressione. È appunto partendo da questa premessa che il suo Gruppo, sostenitore appassionato della sovranità popolare e del suffragio universale, ha dichiarato fin dal primo momento che per l'elezione della seconda Camera si imponeva un suffragio di secondo grado, ed afferma ora che è opportuno non far perno sui consiglieri comunali che sono già investiti di una funzione ben diversa da questa che sarebbero pure chiamati ad adempiere.
Ritiene che la seconda Camera debba trarre origine da elementi che non siano presi in ingranaggi politici che hanno già funzionato per la formazione di altri corpi rappresentativi — epperciò ha sempre seguito con simpatia le proposte miranti alla formazione di un corpo elettorale differenziato — e fa rilevare che il sistema consigliato dall'onorevole Perassi mette in campo una forza enormemente importante nella vita del nuovo stato democratico: il Comune con la sua popolazione. Si tratta di una forza diversa da quella che ha concorso alla formazione del Consiglio comunale perché, mentre in quest'ultimo caso si ha di mira la soddisfazione di certe esigenze e di certi interessi comunali di carattere amministrativo, in quello in esame si tratta di ricercare gli uomini che sappiano rispecchiare la volontà degli elettori, le loro tendenze ed inclinazioni, i loro programmi ideali, ai fini della composizione di un corpo investito di funzioni legislative.
Soprattutto è convinto che il progetto Perassi permetterebbe di avere una seconda Camera essenzialmente diversa dalla prima e perciò insiste per la sua approvazione. Soggiunge che, qualora questo non fosse approvato, voterebbe la proposta Laconi, ma in nessun caso appoggerebbe quella dell'onorevole Fuschini o quella dell'onorevole Tosato. Così facendo, si mantiene altresì coerente ad un principio appreso dall'onorevole Einaudi, il quale in un suo scritto celebra la molteplicità delle rappresentanze e degli organi consultivi e vede in essa il realizzarsi della democrazia.
Piccioni si sente costretto a riprendere la parola sull'argomento, perché avverte la necessità, per il suo gruppo, di una chiarificazione ulteriore.
Premette che voterà l'ordine del giorno dell'onorevole Tosato, al quale ha aderito, mentre non ritiene soddisfacente, dal punto di vista del suo partito, la seconda proposta presentata dall'onorevole Perassi. Il ragionamento che lo conduce a questa conclusione è molto semplice, ed è increscioso che l'onorevole Conti non veda nella impostazione data al problema dal suo gruppo il più genuino omaggio alla forza sociale e rappresentativa del Comune nella struttura politica italiana. Il gruppo democratico cristiano parte dal concetto, già ribadito altre volte, che l'applicazione del suffragio universale diretto non caratterizzi sufficientemente la funzione della seconda Camera nei rispetti della prima; perciò si è fatto sostenitore di un sistema di elezione di secondo grado. Ritiene altresì, per le considerazioni esposte reiteratamente dall'onorevole Einaudi, che il sistema della nomina di grandi elettori costituisca soltanto dal punto di vista strettamente formale una elezione di secondo grado, mentre in realtà è un meccanismo che automaticamente riprodurrebbe gli stessi inconvenienti del suffragio universale diretto. I grandi elettori non servirebbero che da tramite provvisorio per esprimere quella volontà che sarebbe più chiaramente espressa dal suffragio universale diretto.
Crede, quindi, che per poter costituire la seconda Camera su una base di legittimazione diversa dal suffragio universale con cui si è nominata la prima, si debba ricorrere ad un corpo di elettori che abbiano già qualifiche specifiche proprie, che costituiscano già una rappresentanza vera e propria di interessi pubblici. Poiché la Sottocommissione ha scartato la rappresentanza di categorie e la rappresentanza di interessi, il suo gruppo, dopo averla tenacemente sostenuta, si vede oggi costretto a fermare la sua attenzione sui consiglieri comunali.
In Italia vi sono 131 mila consiglieri comunali — tra piccoli, medi e grandi Comuni — che hanno una specificazione diversa degli elettori a suffragio universale diretto, perché sono stati scelti dal popolo di ciascun Comune per gestire ed amministrare il Comune stesso. Ad essi è affidata una funzione di amministrazione della cosa pubblica, sia pure nell'ambito del Comune, e ciò li rende i più qualificati per procedere all'elezione dei membri di una Camera legislativa, che ha anche essa, sia pure in una proporzione diversa ed in un ambiente molto più vasto, una funzione che presuppone una competenza di carattere amministrativo. Indubbiamente il sistema proposto non consente quella aritmetica e rigida applicazione della proporzionale che è possibile solo col suffragio diretto; consente tuttavia quella equa proporzionalità alla quale già la Sottocommissione si è richiamata in una precedente deliberazione. Questo scopo viene raggiunto con la distinzione dei Comuni in tre categorie — a seconda della popolazione — ciascuna delle quali elegge un numero di Senatori proporzionale alla popolazione che rappresenta.
Resta l'obiezione sollevata dall'onorevole Laconi che, nell'ambito di ciascun gruppo, il peso elettorale di un elettore (consigliere comunale), appartenente ad un Comune di un certo numero di abitanti, sarebbe diverso da quello di un altro elettore di un Comune con un maggior numero di abitanti. In altri termini, il voto di un consigliere comunale di un Comune di cinquecento abitanti peserebbe meno del voto di un consigliere che rappresenta un Comune di cinquemila abitanti. A questa obiezione può rispondersi che non si viene, tuttavia, meno al concetto di una equa proporzionalità e questo inconveniente è di lieve momento, né deve turbare minimamente coloro che riconoscono l'utilità di affidare la funzione in parola ai consiglieri comunali, come agli elementi più idonei.
A ciò va aggiunto che col progetto Tosato si raggiunge un triplice scopo: 1°) utilizzazione di un corpo elettorale già esistente; 2°) valorizzazione del carattere rappresentativo e della funzionalità del Consiglio comunale; 3°) elezione fatta da elementi che sono in grado di compiere la migliore valutazione, appunto in quanto non scelti applicando un metodo matematicamente proporzionale.
Passando ad un'analisi critica dell'ultima proposta dell'onorevole Perassi, nota che uno dei suoi primi inconvenienti è quello di dover rinnovare le elezioni in tutti i Comuni d'Italia, per procedere alla nomina dei delegati, il che non è una cosa semplice. In secondo luogo trova giusta l'obiezione, già fatta, che quel sistema non permette di rispettare la rappresentanza. Supponendo, infatti, che per ogni mille abitanti si debba eleggere un delegato, è evidente, poiché le elezioni avvengono Comune per Comune, che la proporzionale non può essere applicata nei Comuni di mille abitanti né in quelli di due o tremila.
Altro inconveniente è rappresentato dal fatto che si darebbe una rappresentanza enorme ai grandi Comuni urbani; se un Comune di tremila abitanti, avesse tre delegati, un Comune di un milione e ottocentomila abitanti, come Roma, ne dovrebbe avere milleottocento. Si avrebbe così, nel Lazio, una sproporzione schiacciante tra i delegati di Roma e quelli degli altri Comuni della Regione.
Voterà, quindi, soltanto la proposta dell'onorevole Tosato, in quanto, oltre a mantenere ferma una deliberazione precedente della Sottocommissione, dà alla seconda Camera una base realmente rappresentativa degli interessi locali.
Perassi, confutando le considerazioni dell'onorevole Piccioni, il quale ha presentato la proposta Tosato come un tentativo di realizzare il principio di equa proporzionalità approvato dalla Sottocommissione, esamina in concreto come risulterebbe costituito il collegio dei consiglieri comunali del terzo gruppo (Comuni con popolazione superiore ai 30.000 abitanti) nel Piemonte. In questa Regione la popolazione dei Comuni al di sopra dei 30.000 abitanti è complessivamente di 969.400 abitanti; la popolazione di Torino è di 629.000; la differenza tra le due cifre è 340.400. Si avrà dunque un complesso di Comuni, al di fuori di Torino, con una popolazione di 340.400 abitanti, di fronte al capoluogo della Regione che da solo ne conta 629.000. Facendo la percentuale si ha che della popolazione complessiva del terzo gruppo di Comuni, Torino da sola ne ha il 65 per cento e gli altri Comuni il 35 percento. Ora in Piemonte i Comuni (eccettuato Torino) con popolazione superiore ai 30.000 abitanti, sono 8 e, posto che ciascuno di essi abbia un numero di 40 consiglieri, avrebbero complessivamente 320 consiglieri comunali, contro gli 80 di Torino; il che significa che Torino, pur avendo il 65 per cento della popolazione del terzo gruppo di Comuni, avrebbe il 20 per cento degli elettori di secondo grado e, quindi, dei voti e gli altri Comuni, mentre formano complessivamente solo il 35 per cento della popolazione, concorrerebbero invece all'elezione con l'80 per cento degli elettori, ossia dei voti.
Ciò dimostra che non si può parlare, nei confronti del sistema Tosato, di un'equa proporzionalità.
Piccioni risponde che negli altri due gruppi di Comuni, non vi sarebbe una sproporzione simile.
Perassi ritiene che la sproporzione risulterebbe forse maggiore, se si esaminasse il primo gruppo (Comuni inferiori a 5000 abitanti), perché in Piemonte i piccoli Comuni sono numerosissimi ed ognuno di essi avrebbe 15 voti.
Quanto alla critica mossa dall'onorevole Piccioni al suo sistema, ripete che non è vero che questo non consenta l'applicazione della proporzionale nei piccoli Comuni, perché basta fissare una percentuale bassa di abitanti per ogni delegato per raggiungere questo scopo; come non è vero che implichi l'inconveniente di una sperequazione fra il peso elettorale dei grandi Comuni e dei piccoli, in favore dei primi, perché a ciò può ovviarsi rispettando rigidamente la proporzione tra la popolazione e il numero dei delegati da eleggere.
Il Presidente Terracini, premesso che, se si accetta un principio di proporzionalità, non si può evitare che i più dominino i meno, e che nella maggior parte delle Regioni i grandi centri urbani esercitino un'influenza prevalente nei riguardi di quella dei centri minori, osserva che la proposta Tosato-Piccioni-Fuschini presenta un'ulteriore difetto, oltre a quelli già segnalati: il raggruppamento dei Comuni in categorie.
Tutti i raggruppamenti danno vita a profonde diseguaglianze nell'interno delle singole categorie, a meno di arrivare ad una serie molto numerosa di categorie, il che non è possibile nella fattispecie. Ora, se da un lato è apprezzabile lo sforzo di riunire i Comuni in tre sole categorie, non si può disconoscere che ciò non permette il rispetto di quei principî di equità che si vorrebbero vedere rispettati. Inoltre le tre categorie sono costituite in funzione di un unico elemento comune (la popolazione), senza tener conto delle particolari caratteristiche ambientali, della situazione geografica, delle risorse locali, ecc. Ad esempio, nel Piemonte vi sono innumerevoli Comuni con una popolazione inferiore ai 5000 abitanti, ma gli uni sono in montagna, gli altri in pianura, alcuni a carattere agricolo, altri a carattere industriale, alcuni ad una estremità della Regione, altri dal lato opposto. Quando questo collegio elettorale dovrà riunirsi non avrà niente di unitario, niente che lo leghi e dia alla sua espressione elettiva un carattere veramente rappresentativo: questi uomini che si raccolgono insieme a votare si sentiranno estranei gli uni agli altri e la stessa campagna elettorale per la presentazione dei candidati alla seconda Camera dovrà svolgersi in un modo che esce fuori dall'ordinario. I Comuni adiacenti possono avere qualche cosa che li accomuna (il modo di lavorare, la tradizione, la posizione politica, ecc.), ma quelli lontani per lo più si ignorano reciprocamente.
Passando all'esame della proposta Perassi, fa rilevare all'onorevole Conti — che se ne è fatto sostenitore — che, quando si è discusso della seconda Camera, la si è sempre considerata come un organismo nel quale dovevano confluire gli elementi vitali dell'ente Regione, tanto che se ne è parlato come della Camera delle Regioni, proprio per accentuare questa sua caratteristica. Per altro, nessuno ha mai parlato di una Camera dei Comuni e trova strano che oggi ci si riferisca ad essa come ad un organo rappresentativo dei Comuni. In sede di discussione sulla formazione delle Assemblee regionali, poteva sostenersi la necessità che esse riflettessero i Comuni, perché questi rappresentano l'elemento fondamentale della Regione; ma nei confronti di un organo nazionale è la rappresentanza delle Regioni quella che deve interessare. In ogni sistema composito, il principio da seguire è questo: che gli organi minori si riflettano nei mediani e i mediani nei maggiori. Personalmente, quindi, ritiene che le Regioni debbano costituirsi nel loro interno dando il necessario valore ai Comuni, ma che nella creazione della seconda Camera si possa prescindere dall'entità comunale.
È altresì d'accordo su un'altra obiezione che è stata sollevata nei riguardi della proposta Perassi, che, cioè, essa non permetterebbe l'applicazione della proporzionale. Infatti in Italia i partiti sono numerosissimi e vi sono almeno quattro o cinque strutture politiche che corrispondono alla natura del nostro Paese; viceversa nei Comuni minori, non soltanto nei piccolissimi, sarebbe aperta la strada unicamente ad un paio di partiti, di modo che gran parte della popolazione resterebbe priva di rappresentanza in questo collegio di secondo grado.
Premesse queste dichiarazioni, ritiene che, avendo ciascuno illustrato ampiamente il proprio punto di vista, si potrebbe senz'altro passare ai voti, ponendo anzitutto a partito la proposta dell'onorevole Nobile, perché è la più radicale, in quanto pone il problema se la seconda Camera debba essere costituita con un sistema diverso da quello della prima, oppure no.
Piccioni, partendo dalla considerazione che vi è già un testo approvato dalla Sottocommissione, con una riserva relativa alla utilizzazione dei consiglieri comunali nel collegio di secondo grado, sostiene che la votazione dovrebbe avvenire sulla proposta Tosato, che suggerisce un congegno per superare la riserva già formulata, rispettando il criterio di equa proporzionalità nella rappresentanza.
Il Presidente Terracini fa presente che, nel suggerire di dar la precedenza nella votazione alla proposta Nobile, si basava sul presupposto che esistesse già un testo da cui partire (quello votato in una precedente riunione, per il quale un terzo dei Senatori per ogni Regione avrebbe dovuto essere eletto dal Consiglio regionale e gli altri due terzi dai consiglieri comunali della Regione) e che le varie proposte in esame potessero considerarsi degli emendamenti. In questo caso, la formula Nobile avrebbe dovuto avere la precedenza come la più lontana dal testo.
Nobile propone di porre ai voti il seguente quesito:
«Ritiene la Sottocommissione che, dopo le varie osservazioni fatte, si debba mantenere il criterio che nell'elezione della seconda Camera intervengano i consiglieri comunali?». L'esito della votazione potrebbe consentire di accantonare una parte delle proposte.
Piccioni concorda.
Fuschini considera inopportuno tornare su una deliberazione già approvata, anche per il fatto che si creerebbe un precedente pericoloso.
Il Presidente Terracini pone ai voti il quesito formulato dall'onorevole Nobile, e, dato l'esito incerto della votazione per alzata di mano, procede all'appello nominale.
Rispondono sì: Ambrosini, Bulloni, Cappi, Codacci Pisanelli, De Michele, Einaudi, Fabbri, Fuschini, Mannironi, Mortati, Piccioni, Tosato e Uberti.
Rispondono no: Bocconi, Conti, Farini, Finocchiaro Aprile, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Nobile, Perassi, Ravagnan, Rossi Paolo, Terracini.
(Con 13 voti contro 14, la risposta al quesito risulta negativa).
Il Presidente Terracini rileva che il risultato della votazione consente di accantonare i progetti Fuschini, Ambrosini e Tosato-Piccioni-Fuschini, e possono, quindi, mettersi ai voti le rimanenti proposte, dando la precedenza a quella dell'onorevole Nobile.
Fuschini oppone che la formula dell'onorevole Nobile non può essere posta in votazione, in quanto urta contro il deliberato della Sottocommissione che la seconda Camera debba essere eletta a suffragio indiretto.
Il Presidente Terracini riconosce fondata l'obiezione ed invita l'onorevole Nobile a ritirare la sua proposta, avvertendolo che potrà — se crede — ripresentarla quando la questione verrà in discussione nella Commissione plenaria.
Nobile aderisce.
Il Presidente Terracini invita allora la Sottocommissione a pronunciarsi sulla formula Laconi:
«La seconda Camera è eletta da collegi regionali a suffragio universale indiretto, secondo le modalità stabilite dalla legge».
Piccioni dichiara, anche a nome del suo gruppo, che si asterrà da tutte le votazioni successive, riservandosi di riproporre il problema di fronte alla Commissione plenaria.
Lussu preferirebbe che venisse data la precedenza nella votazione alla proposta Perassi, in quanto egli potrebbe aderire alla formula Laconi solo in via subordinata.
Il Presidente Terracini obietta che il criterio più logico è quello di passare dalle proposte più ampie a quelle più specificate. La proposta Laconi ha appunto il carattere delle prime, in quanto si limita ad affermare il principio della elezione indiretta, rinviando la precisazione delle modalità alla legge.
Perassi osserva che la proposta dell'onorevole Laconi urta contro la stessa pregiudiziale che ha consigliato di accantonare la formula Nobile. Ricorda, infatti, che nella seduta della Sottocommissione del 16 ottobre fu approvata una deliberazione, in base alla quale si sarebbe dovuto seguire per la elezione di un terzo di Senatori un sistema diverso da quello seguito per l'elezione degli altri due terzi. La proposta Laconi non può conciliarsi con siffatta deliberazione.
Il Presidente Terracini non crede valida l'obiezione dell'onorevole Perassi, che praticamente finirebbe per precludere ogni possibilità di votazione, in quanto anche nei confronti della proposta dello stesso onorevole Perassi potrebbe sollevarsi l'eccezione che, con una deliberazione precedente, si è stabilito di far nominare i due terzi della seconda Camera dai consiglieri comunali. Aggiunge che, con la votazione testé svoltasi, si è già inficiato un principio per cui, in realtà, si è cambiata la fisionomia generale del sistema.
Laconi concorda col Presidente, esprimendo l'avviso che non dovrebbero essere nuovamente poste in discussione soltanto le deliberazioni adottate nei riguardi delle due posizioni sulle quali si erano maggiormente irrigiditi i gruppi politici nella Sottocommissione: la rappresentanza delle forze vive e il suffragio universale diretto o indiretto. Sotto questo profilo è giustificato l'accantonamento della proposta Nobile, ma non vi sarebbe ragione per non votare la sua.
Perassi ha sollevato l'obiezione unicamente per ragioni di coerenza, ma non intende insistervi.
Il Presidente Terracini mette ai voti la formula Laconi.
Perassi voterà contro questa formula, in quanto ritiene opportuno mantenere fermo il principio che un terzo dei Senatori sia eletto dalle Assemblee regionali.
Lussu dichiara di astenersi dal voto per il motivo già esposto.
(Con 12 voti favorevoli, 2 contrari e 14 astensioni, è approvata).
Targetti dichiara che, ove fosse stato presente alla votazione nominale precedentemente fatta, avrebbe votato negativamente.
Perassi osserva che l'approvazione della formula Laconi, in quanto questa afferma unicamente il concetto che l'elezione della seconda Camera deve essere fatta da collegi regionali a suffragio indiretto, non esclude che possa votarsi come comma aggiuntivo il capoverso della sua proposta:
«La legge elettorale determina il numero dei delegati da eleggersi in ciascun Comune, fra gli elettori del Comune, in proporzione al numero degli abitanti in modo che ciascun Comune elegga almeno un delegato».
Laconi ritiene accettabile il suggerimento dell'onorevole Perassi.
Tosato crede la cosa impossibile, perché, a suo giudizio, l'onorevole Laconi, con la espressione «è eletta da collegi regionali a suffragio, ecc.», ha voluto significare che il collegio per l'elezione dei delegati è regionale.
Il Presidente Terracini pone in evidenza che il capoverso dell'onorevole Perassi non fa che indicare alcune modalità per la formazione di questo collegio regionale di secondo grado, laddove la proposta Laconi mantiene il silenzio sull'argomento.
Laconi ripete che non ha nessuna contrarietà ad accettare l'emendamento aggiuntivo Perassi, in cui si accenna all'organizzazione tecnica del sistema di elezione indiretta.
Lami Starnuti afferma che, pur concordando in linea di principio, non può accettare la proposta Perassi nel testo attuale, perché la formulazione è talmente generica che potrebbe rendere possibili le elezioni dei delegati col sistema maggioritario anziché col proporzionale. Aderirebbe ad una formula del genere, a condizione che fosse redatta in termini così precisi da non esporre al pericolo accennato. Suggerisce perciò all'onorevole Perassi di ritirare la sua proposta e di ripresentarla, perfezionata, in sede di discussione nella Commissione plenaria come emendamento alla formula Laconi.
Il Presidente Terracini è del parere che nulla osti alla presa in considerazione della proposta Perassi, ma che sia preferibile rinviare le modalità di applicazione alla legge, per non impegnare fin d'ora il legislatore futuro ad una posizione che potrebbe creare complicazioni di carattere tecnico.
Perassi domanda all'onorevole Laconi se, con la formula testé approvata, ha inteso riferirsi ad un unico collegio per ogni Regione, ovvero ha inteso deferire anche questo problema alla legge elettorale.
Laconi risponde che la sua proposta tende all'istituzione di un unico collegio di secondo grado in ogni Regione.
Piccioni dichiara, anche a nome del sua gruppo, che si asterrà dal partecipare ad una eventuale votazione della formula Perassi.
Grieco fa analoga dichiarazione, condividendo le preoccupazioni dell'onorevole Lami Starnuti. Soggiunge che la disposizione, se fosse precisata come questi ha suggerito, potrebbe costituire un ottimo corollario della formula Laconi.
Il Presidente Terracini invita l'onorevole Perassi ad accettare il suggerimento dell'onorevole Lami Starnuti di ritirare il suo emendamento, per ripresentarlo, dopo averlo perfezionato, direttamente alla Commissione plenaria.
Perassi accede all'invito.
A cura di Fabrizio Calzaretti