[Il 25 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.]
Mannironi. [...] Soggiunge che, affermato il principio della rappresentanza regionale, si dovrà fare in modo che la seconda Camera sia non soltanto una rappresentanza politica del Paese, ma anche una rappresentanza di interessi o di categorie, o, per meglio dire, una rappresentanza di forze produttive, perché altrimenti si verrebbe meno ai più sani principî democratici.
Naturalmente la rappresentanza di tali forze produttive non starebbe a significare una difesa aprioristica di interessi particolari, bensì un prezioso contributo alla risoluzione di determinati problemi, da parte di uomini di provata esperienza e competenza, a tutela, sì, di singolari interessi, ma inquadrati nella considerazione dei superiori interessi del Paese.
Questa forma di rappresentanza del resto esiste in molti Stati democratici; ad esempio in Grecia, in Ungheria, nell'Equatore, in Estonia, in Romania e in Austria. In altri Stati, in cui essa non è prevista, si richiede tuttavia che i senatori appartengano a determinate categorie economiche, produttive e culturali. Così avviene nel Belgio, in Brasile, nell'Egitto e nell'Irlanda.
All'onorevole Laconi che ha dimostrato di temere che la seconda Camera, così costituita, possa perdere ogni carattere di omogeneità, obietta che non vede affatto la necessità che la rappresentanza della seconda Camera sia costituita in modo omogeneo come la prima. Se così fosse, si creerebbe un doppione della Camera dei Deputati, ciò che si è deciso di evitare e che appunto è valso come argomento decisivo per contestare la necessità di una seconda Camera.
Gli sembra giusta l'osservazione dell'onorevole Mortati che, per occuparsi della composizione della seconda Camera, si sarebbe anche dovuto risolvere il problema della costituzione delle Assemblee regionali, visto che la rappresentanza della seconda Camera avrà certamente una base regionale. Al riguardo tiene a dichiarare che in tali Assemblee non dovrà aversi soltanto la rappresentanza politica delle regioni, ma anche quella delle forze produttive e culturali, che a loro volta dovranno essere rappresentate nella seconda Camera.
Afferma poi che sarebbe anche necessario che le Assemblee regionali avessero la facoltà di distribuire i loro membri fra le varie categorie a seconda delle necessità. Ad esempio, nel momento presente le forze produttive più importanti in Sardegna sono l'agricoltura e la pastorizia: quindi in sede di Assemblea regionale sono appunto queste forze che dovranno essere adeguatamente rappresentate. Che se in avvenire l'attività economica dell'Isola prenda un diverso indirizzo e diventi prevalentemente industriale, l'Assemblea regionale sarda dovrà poter variare conseguentemente la sua composizione.
[...]
Tosato. [...] Nell'ordine del giorno in cui fu decisa l'istituzione di una seconda Camera si affermò che essa doveva essere l'espressione delle forze vive della Nazione. Questa affermazione ha anzitutto un significato negativo, nel senso cioè che la seconda Camera non deve essere un doppione della prima, perché altrimenti sarebbe veramente inutile. Con l'affermazione anzidetta, infatti, si fa chiaramente allusione a quegli interessi di carattere generale che, nella loro completezza, non trovano adeguata espressione nella prima Camera, la quale rappresenta il popolo nelle sue grandi suddivisioni politiche e, in sostanza, i partiti. Rileva, in proposito, che in fondo gli interessi perseguiti dai partiti sono generalissimi, o per meglio dire generici, perché concernono le grandi direttive della politica dello Stato; ma accanto a tali interessi ne esistono nel paese altri, anch'essi generali, e quindi politici, che sono però molto più concreti, come, ad esempio, gli interessi dei cittadini intorno all'amministrazione delle cose locali (vita della regione, dei comuni, delle province), intorno al lavoro, alla scuola, alla cultura, all'arte, all'agricoltura, al commercio, all'industria, all'artigianato, alla sanità pubblica e così via. Ed è in questo senso che, a suo parere, deve essere costituita la seconda Camera, come organo cioè rappresentativo di questi interessi generali e non soltanto di interessi sindacali. I sindacati perseguono gli interessi economici di una data categoria rispetto ad un'altra; ma, oltre ad essi, ci sono gli altri gruppi di interessi generali ai quali corrispondono altrettanti bisogni reali di carattere generale. La difficoltà sta tutta, come giustamente ha rilevato l'onorevole Mortati, nell'attuare una rappresentanza politica di questi interessi generali.
Nota che l'onorevole Einaudi ha fatto alcune osservazioni molto importanti, specie sulla difficoltà di stabilire un'adeguata proporzione nella rappresentanza di questi interessi, ed ha concluso che ciò importerebbe nell'ordinamento costituzionale una rigidità, una statica del tutto contrastanti col movimento continuo della vita. Ma egli non crede che a questo problema — certamente di rilievo — non possa trovarsi adeguata soluzione.
[...]
Anche per questa ragione ritiene che bisogna dare una rappresentanza in Senato a tutti gli interessi ai quali si riconosca la natura di interessi generali e vivi della Nazione. Sottopone pertanto all'esame della Sottocommissione i seguenti articoli formulati sulla base dei principî da lui esposti:
«Art. 1. — Il Senato è composto dai rappresentanti effettivi degli interessi generali attinenti: 1°) agli enti locali territoriali; 2°) alla scuola, alla cultura, all'arte; 3°) al lavoro; 4°) all'industria e al commercio; 5°) all'agricoltura; 6°) all'artigianato; 7°) alla giustizia; 8°) alla sanità pubblica».
«Art. 2. — I senatori sono eletti, per 5 anni, dalle Assemblee regionali, su designazione delle istituzioni e delle associazioni che perseguono gli interessi di cui all'articolo precedente nell'ambito della regione».
[...]
Dà lettura quindi dei successivi articoli:
«Art. 3. — Una legge provvederà alla determinazione delle istituzioni e associazioni legittimate, in ciascuna regione, alla designazione dei senatori. Una legge provvederà pure alla determinazione del procedimento con cui le designazioni avranno luogo».
«Art. 4. — Nessuno potrà essere designato ed eletto senatore se non abbia compiuto 40 anni.
«I requisiti generali di eleggibilità e le incompatibilità saranno stabiliti dalla legge.
«Nessuno può essere ad un tempo deputato e senatore».
«Art. 5. — Le Assemblee regionali eleggeranno ciascuna 15 senatori fra quelli designati. Ognuna delle categorie indicate nell'articolo 1 sarà rappresentata almeno da un senatore».
Richiama l'attenzione dei colleghi sul fatto che le categorie, a norma del primo articolo da lui proposto, sarebbero 8 e che le Assemblee regionali dovrebbero nominare almeno un rappresentante per ciascuna categoria. Così resterebbe un margine di notevole discrezionalità a tali assemblee, che consentirebbe loro di eleggere un numero maggiore di rappresentanti per quelle categorie che nelle singole regioni avessero maggiore importanza. Si eviterebbero pertanto gli inconvenienti temuti dall'onorevole Einaudi.
Per consentire infine al nuovo Parlamento di funzionare immediatamente, aggiungerebbe la seguente disposizione transitoria:
«Fino alla emanazione della legge prevista dall'articolo 3, le Assemblee regionali procederanno alla elezione dei senatori, rappresentanti delle categorie indicate nell'articolo 1, prescindendo dalle designazioni degli enti interessati».
La Rocca. [...] L'onorevole Tosato ha manifestato anche l'avviso che occorrerebbe allargare l'espressione della volontà popolare con la rappresentanza degli interessi di categoria. Deve a tal proposito far rilevare che una simile rappresentanza non sarà già dei lavoratori, bensì di alcune determinate associazioni, come ad esempio, quelle degli agricoltori, degli industriali, degli avvocati, degli ingegneri, dei medici e così via.
[...]
Circa la questione della parità delle funzioni, osserva che la seconda Camera, in quanto più o meno costituita sulla base della rappresentanza regionale, sostanzialmente sarà l'espressione degli interessi degli enti regionali. Ed è perciò che essa non dovrebbe essere posta su di un piano di parità con la prima, che è l'espressione integrale della volontà della Nazione. Soggiunge che, accogliendo la proposta dell'onorevole Tosato, per cui accanto alla rappresentanza su base regionale dovrebbe aversi nella seconda Camera anche la rappresentanza degli interessi di alcune determinate categorie, si potrebbe avere una prevalenza di questi ultimi interessi su quelli di carattere generale, ed allora la seconda Camera tenderebbe a smorzare, ad attenuare, e forse a distruggere l'opera della prima.
Si dichiara perciò nettamente contrario: innanzi tutto al principio che la seconda Camera debba essere posta su un piede di parità con la prima, e in secondo luogo a che la seconda Camera possa essere composta sulla base della rappresentanza degli interessi di alcune determinate associazioni e categorie. In sostanza, secondo il suo avviso, la seconda Camera dovrebbe essere l'espressione democratica degli organi locali, su base elettiva, e dovrebbe avere soltanto poteri consultivi e integrativi.
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Perassi. [...] Circa la composizione numerica del Senato, osserva in linea di principio che non vi è nessuna ragione né logica, né politica perché una Camera debba essere costituita con un solo sistema: possono esservi membri eletti o nominati con un sistema e membri nominati o eletti con un altro. Ritiene eccessivo che ogni Assemblea regionale elegga lo stesso numero di senatori. A suo avviso, ciascuna regione dovrebbe eleggere un certo numero minimo di senatori e per il resto si dovrebbe tener conto della popolazione e della estensione geografica della regione stessa. Si ottiene così la possibilità che del Senato facciano parte, in misura determinata, altri elementi non eletti dalle regioni, e questi potrebbero essere i rappresentanti di enti titolari di particolari interessi economici. Non esclude infine, senza insistere sulle ragioni di opportunità pratica e politica, da altri già lumeggiate, che la nomina di un numero ristrettissimo di senatori possa rientrare nelle facoltà del Capo dello Stato.
[...]
Bozzi. [...] Dissente da quanti vorrebbero che il corpo elettorale del Senato non fosse quello stesso della Camera: se si vuole creare un Senato che possa efficacemente esplicare una funzione in condizioni di parità con la Camera, occorre che il corpo elettorale dell'uno sia eguale a quello dell'altra. Un Senato con un corpo elettorale più ristretto di quello della Camera, la quale appunto trae la sua autorità dalla volontà generale dei cittadini, sarebbe un organo privo di prestigio, che, automaticamente, anche se fosse affermato il principio della parità delle funzioni delle due Assemblee, si troverebbe in una situazione di subordinazione rispetto all'altro ramo del Parlamento. Pertanto, contrariamente a quanto è stato proposto dall'onorevole Tosato, suggerisce l'adozione di un sistema orientato verso il suffragio universale, sempre però nell'ambito della regione: in altri termini, dovrebbero essere i cittadini delle regioni e non le Assemblea regionali ad eleggere i membri del Senato, perché, se si ricollega la vita del Senato a quella delle Assemblee regionali, quali specifici corpi elettorali, qualunque mutamento queste eventualmente subissero si ripercuoterebbe sulla vita del Senato.
Occorrerebbe invece determinare nella Carta Costituzionale le categorie dei cittadini che potrebbero essere eletti senatori ed allo scopo potrebbero servire come punto di partenza le specificazioni dell'onorevole Tosato, così che la seconda Camera rappresenterebbe quelle forze vive della Nazione, economiche, culturali, artistiche ecc., alle quali spesso si è fatto riferimento.
Bisognerebbe poi procedere all'operazione più difficile, cioè al dosaggio di tali forze, per determinare quanti dovrebbero essere i rappresentanti di una data categoria e quanti quelli di un'altra. Ricorda al riguardo l'acuta osservazione già fatta dall'onorevole Rossi e poi ripresa dall'onorevole Einaudi, che in una norma statutaria non si possono cristallizzare le situazioni, tanto più che si tratta di forze vive e, come tali, in continuo movimento. Si potrebbe pertanto lasciare alle Assemblee regionali la determinazione dei seggi che in ogni regione dovrebbero essere affidati a ciascuna delle categorie previste in via generale dalla Costituzione.
Si avrebbe così una combinazione di tre principî diversi, che potrebbero dare utili risultati: 1°) il principio del suffragio universale, cioè della investitura diretta da parte del popolo, che darebbe autorità e prestigio alla seconda Camera, per cui essa verrebbe a trovarsi senz'altro in una situazione di parità con la prima; 2°) l'indicazione di categorie da considerarsi come forze vive della Nazione; 3°) l'attribuzione alle Assemblee regionali della possibilità di valutare le particolari esigenze e gli specifici aspetti della vita della regione. E naturalmente il sistema dovrebbe trovare la sua concretizzazione in una legge elettorale speciale.
Aggiunge che non è d'accordo con l'onorevole Tosato quando propone che le associazioni sindacali indichino i nomi dei candidati alle Assemblee regionali, perché così si verrebbe a costituire una Camera di rappresentanti di associazioni e di enti in genere, e non già di rappresentanti del popolo.
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Fabbri. [...] Nei riguardi del criterio da seguire per l'elezione dei senatori, osserva che se si accedesse al sistema maggioritario relativo, potrebbero sussistere fondati motivi per dare la preferenza alla elezione diretta anziché a quella di secondo grado. Se invece si adottasse anche per la seconda Camera la proporzionale, per non avere duplicazioni della fisionomia della prima, bisognerebbe dare la preferenza alla elezione di secondo grado. Inoltre con l'elezione diretta basata sul sistema maggioritario si potrebbe fare a meno di attribuire al Capo dello Stato la prerogativa della nomina di un ristretto numero di senatori, prerogativa che invece sarebbe utile riconoscere se si accedesse al concetto dell'elezione di secondo grado.
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Porzio. [...] È d'accordo con l'onorevole Conti. Un maestro diceva che vi era una sorta di teologia politica: la Camera ardimentosa, tumultuante ed impulsiva; il Senato conservatore, severo — l'Assemblea seduta di carducciana memoria — intransigente nel suo rigore. Ma tutto questo non è più. Se la base della rappresentanza nel Senato non sarà più la nomina dall'alto, ma l'elezione attraverso il suffragio universale, ogni prevenzione su un possibile carattere conservatore del Senato sarebbe fuori luogo. Il Senato non potrà essere che la legiferazione meditata, approfondita, riveduta; non potrà essere che il limite ad un potere che sarebbe assoluto e dal quale deriverebbero giudizi, leggi irrevocabili ed irreparabili. È la Corte d'appello. Ciò pare che sia voluto, consapevolmente o inconsapevolmente, da tutti, dal momento che per il deputato si pone come condizione di avere soltanto 25 anni di età, mentre per il senatore si pone quella di averne 40; ossia l'età di una riflessione e di una esperienza più matura. Ma sarebbe una contraddizione in termini richiedere tale maggiore maturità intellettuale da chi dovesse compiere funzioni più ristrette e più limitate.
Vi deve dunque essere parità fra le due Camere.
In ogni modo, è comune a tutte le legislazioni il principio secondo il quale la seconda Camera ha una base più ristretta per le elezioni ed è eletta con votazione indiretta.
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Ravagnan dichiara che, innanzi tutto, è bene partire, per dare un certo ordine alla discussione odierna, da un dato di fatto ormai acquisito, che cioè è stata già decisa l'istituzione di una seconda Camera. In secondo luogo, circa la questione relativa alle funzioni da attribuirsi alla seconda Camera, gli pare si potrebbe essere d'accordo nell'affermare che essa debba essere chiamata a migliorare la elaborazione delle leggi, e così a perfezionare l'opera legislativa della Camera dei Deputati.
Quanto al modo di costituire la seconda Camera, sarà bene risolvere pregiudizialmente il problema se debba essere costituito un corpo elettorale, basandosi sull'elezione da parte dei cittadini, oppure se i membri della seconda Assemblea debbano essere in tutto o in parte nominati dall'alto. Secondo il suo parere, non dovrebbe essere accettato il criterio della nomina dall'alto e ciò per una questione di principio, e cioè che nella coscienza universale moderna il mandato legislativo è concepito come un'emanazione della sovranità popolare.
Altra questione da decidere, ma sulla quale sostanzialmente si è già d'accordo, è quella se il corpo elettorale, chiamato ad eleggere i membri della seconda Camera, debba essere costituito o meno sulla base della regione. In proposito è da domandarsi se tale corpo elettorale debba essere costituito dalla universalità dei cittadini, sempre nell'ambito della regione, oppure da categorie speciali determinate dalla legge; ed egli è personalmente favorevole alla prima delle due ipotesi.
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Presidente Terracini. [...] Se poi le Assemblee regionali dovessero formarsi secondo propone l'onorevole Conti, la loro base elettiva sarebbe senz'altro mutilata, ed uguale pecca avrebbe una seconda Camera che trovasse in esse la sua sorgente: infatti, una rappresentanza di categorie escluderebbe dal quadro immediatamente quasi tutte le donne, in massima parte non partecipi in modo diretto al processo produttivo e pertanto non includibili nei particolari collegi elettorali. Semplici massaie, esse non avrebbero diritto al voto, perché non esiste un sindacato delle massaie; e se, sotto il fascismo esisté un'associazione delle massaie rurali, di fatto essa era l'organizzazione delle contadine, lavoratrici dei campi.
[...]
Quanto alle proposte dell'onorevole Bozzi rileva che esse implicano: un collegio unico regionale, ed il sistema maggioritario nella elezione. Non è infatti pensabile che si possa giungere ai risultati desiderati dall'onorevole Bozzi, cioè ad una rappresentanza di categorie con rapporti prefissati, con il sistema proporzionale. Senza collegio unico con sistema maggioritario, potrebbe avvenire infatti che riuscissero eletti fra i candidati delle varie liste, un maggior numero in alcune categorie ed in altre uno minore di quanto non sia previsto nello schema iniziale. Crede quindi che anche il progetto Bozzi, così attraente a primo acchito, non possa resistere ad un esame accurato del suo giuoco interno.
Aggiunge ancora poche parole sulla rivendicata rappresentanza degli interessi. L'onorevole Ambrosini in una riunione precedente ha sostenuto che gli interessi che dovrebbero essere rappresentati in seno alla seconda Camera non dovrebbero riferirsi alle piccole categorie od a gruppi polverizzati, ma a grandi raggruppamenti sociali. Questi raggruppamenti verrebbero a coincidere — per ricorrere ad una terminologia corrente — con le classi. Ora, che cosa rappresentano i partiti, non in senso immediato, ma nella loro genesi e natura, se non appunto le classi ed i loro interessi generali? E che cosa ne sono le ideologie, se non la sublimazione di questi interessi di classe concepiti nella loro continuità e comprensività? Ma i partiti sono, nell'opinione di tutti, i sostanziatori della prima Camera. Secondo questa legittima interpretazione della tesi dell'onorevole Ambrosini e di molti altri membri della Sottocommissione, essi diverrebbero anche momenti essenziali del processo formativo della seconda. In definitiva dunque, la seconda Camera finirebbe per essere quasi un duplicato, salvo alcuni aspetti formali, della prima. Superflua dunque; non necessaria. E questa è stata la tesi iniziale che egli sostenne, quando fu incominciata questa discussione.
Prima di concludere, non può non richiamare l'attenzione della Commissione sul pericolo grave insito in una formazione della seconda Camera a base di rappresentanza di interessi. Se collusioni oscure di gruppi di interessi, spesso all'apparenza nettamente antitetici, a danno della collettività sono già possibili in seno ad un'assemblea eletta con criteri indifferenziati, essi potrebbero divenire la regola in un consesso in cui ognuno di tali gruppi si presentasse nettamente distinto ed individuato. Ricorda che un'alleanza obliqua di tal genere, fra operai ed imprenditori dell'industria pesante, ha valso all'Italia il sorgere ed il giganteggiare del protezionismo doganale, terreno sul quale nazionalismo e fascismo eressero la loro disastrosa dittatura. Ogni struttura costituzionale che facilitasse il ripetersi di un tale disastroso processo deve essere deprecata e combattuta. Non vi è dubbio che una Camera degli interessi vedrebbe la sua opera permanentemente insidiata da questo pericolo; e per eluderlo occorre attenersi ad un criterio che, anziché individuare ed isolare gli interessi, li fonda smorzandone le manifestazioni più caratteristiche.
A cura di Fabrizio Calzaretti