[Il 6 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione generale sull'organizzazione costituzionale dello Stato con la relazione dell'onorevole Castiglia.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici generali della Parte seconda per il testo completo della seduta.]

Castiglia, relatore. [...] Altra ragione [per adottare il sistema bicamerale] che è stata particolarmente sottolineata dall'onorevole Mortati ed anche dall'onorevole Conti è quella della integrazione della rappresentanza secondo due criteri: uno di carattere regionale, e l'altro di interesse sociale.

Dal punto di vista dell'interesse sociale, crede che l'integrazione della rappresentanza possa essere raggiunta con l'istituzione di due Camere, mentre non potrebbe esserlo con una sola, perché col sistema elettorale attuale, o con quello che sarà stabilito, non si può ottenere la completezza della rappresentanza secondo il criterio dell'interesse sociale. Della seconda Camera i componenti dovranno essere scelti con criteri, che si stabiliranno in seguito, diversi da quelli che devono seguirsi per l'elezione dei deputati alla Camera dei deputati.

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Altra ragione che milita a favore della bicameralità è quella delle competenze, che spesso rimangono fuori della prima Camera a causa del sistema elettorale.

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Altra questione è quella delle fonti di derivazione, circa la quale, seguendo il criterio indicato dall'onorevole Conti nella sua relazione, si dovrebbe ricorrere ad un sistema misto per il reclutamento dei senatori, che dovrebbero essere scelti per la massima parte con un metodo elettivo di secondo grado, e cioè attraverso le Assemblee regionali. Altri modi di reclutamento potrebbero essere quello della cooptazione, cioè della scelta da parte dello stesso Senato di un certo numero di senatori, e, sempre in armonia a ciò che è stato detto a proposito degli interessi sociali e delle competenze, la elezione da parte di Consigli accademici, di organizzazioni sindacali, di enti culturali. Si dovrebbe, infine, lasciare una limitata possibilità di nomina diretta al Capo dello Stato, entro determinate categorie.

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La Rocca. [...] la seconda Camera non potrà né dovrà essere se non elettiva. Naturalmente si dovrà trovare il corpo elettorale adatto, perché, per le ragioni spiegate prima, non si può ammettere che dalla stessa fonte elettorale derivino due volontà diverse. E poiché si inclina verso l'adozione dello stato regionale, bisognerà vedere se nella regione non possa trovarsi la fonte per l'elezione della seconda Camera, per quanto in fatto di autonomia bisogna intendersi e procedere con cautela, perché i rischi non sono pochi: e questo dice nell'interesse generale dell'unità politica ed economica del Paese che sta soprattutto a cuore a tutti.

Questo corpo elettorale potrebbe eventualmente essere costituito dai Consigli regionali. Il Parlamento risulterà composto di due organi, che potranno chiamarsi Consiglio Nazionale e Assemblea Nazionale; e si stabiliranno la competenza e gli attributi di ognuno, su piede di parità o no, con un determinato numero di membri, ecc., ma, ripete, la base dell'esistenza della seconda Camera non potrà essere se non l'elettorato, con esclusione di qualsiasi corpo estraneo e di nicchie in cui collocare delle statue in una maniera fissa, soltanto per la ragione che Tizio o Caio sono diventati capi di un determinato ufficio. Se si ritiene opportuno che esista questo secondo organo, che funzioni non già da freno, perché questa è un'idea non accettabile, ma per maggiore garanzia del sistema parlamentare, per collaborare e dare il suo contributo alla formazione delle leggi, i membri della seconda Camera non possono che essere l'espressione di un bisogno nazionale e soprattutto di una volontà popolare.

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Lussu. [...] prima di entrare in merito alla composizione della seconda Camera, crede che sarebbe utile conoscere quali poteri si intende attribuirle perché, se questa Camera ha un potere vasto, la sua composizione dovrà risultare in un modo, e se ha un potere molto minore, dovrà risultare in un altro.

Trova strano, per esempio, che, a parità di poteri fra le due Camere, la seconda Camera debba essere eletta come risulta dal testo proposto dall'onorevole Conti, al quale l'onorevole Castiglia aderisce. Trova strano che una seconda Camera, composta da rappresentanti degli ordini professionali e da professori di università — con tutta la stima che ha per l'alta cultura — abbia il diritto di mettere in mora o di far cadere la Camera sovrana eletta dal popolo con libere elezioni.

Ancora di più trova strana la proposta dell'onorevole Conti — che, se non fosse quel puro repubblicano che tutti conoscono, sembrerebbe imbevuto di spirito monarchico — che questo potere debbano avere i dieci eletti a vita. È deferente verso gli scienziati, ma non può deferire ad uno che diventa uomo politico perché professore universitario o scienziato.

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Quanto alla composizione quale risulta dalla proposta del relatore, accolta dall'onorevole Castiglia, trova che questa non si adatta alla democrazia moderna, ma è un sistema arretrato, come quello dei paesi balcanici di prima dell'entrata in guerra. Se si vuol tener conto del particolare apporto che può essere dato da professori di università o da rappresentanti di organizzazioni sindacali, non si può dimenticare che essi devono essere prevalentemente l'espressione di una aspirazione, di un ideale politico: solo a questa condizione quegli elementi possono entrare nel Parlamento. Così oggi si assiste all'elezione di uomini altamente rappresentativi dal punto di vista sindacale, come gli onorevoli Di Vittorio, Grandi, Lizzadri ed altri, senza che sia necessario includerli nell'elenco dei senatori affinché possano esprimere i loro concetti sociali e tecnici nel Parlamento.

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Lami Starnuti. [...] Se l'opinione della Sottocommissione non fosse questa[i], pensa che soltanto attraverso le assemblee regionali si dovrebbe far luogo alla formazione della seconda Camera, escluso ogni ricorso a consigli professionali o universitari, a consigli accademici, ogni ricorso a sistemi di cooptazione e, specialmente a quella specie di nomina «regia» affidata al Presidente della Repubblica di dieci senatori a vita. Quindi: formazione della seconda Camera attraverso le assemblee regionali, i consigli regionali, avendo cura che questi siano creati nello stesso modo del Parlamento nazionale.

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Ambrosini. Se il Senato deve nascere occorre che nasca vitale, non collocato in una posizione di netta inferiorità di fronte alla Camera dei Deputati, né costituito sulla base dello stesso sistema di questa. Si deve trattare, è evidente, di una seconda Camera diversa da quella che esisteva, e la diversità deve essere segnata dal modo diverso della sua composizione, s'intende su base elettiva.

L'adottare, sia pur con varianti, il criterio che informa la legge elettorale preposta alla formazione della prima Camera, importerebbe in sostanza fare della seconda un doppione e diminuirne quindi in partenza l'autonomia e fors'anche la stessa ragione di esistenza.

Infatti, se è vero che l'utilità del Senato deriva dal fatto che può servire da organo di remora verso le eventuali decisioni precipitate della Camera, e di elaborazione più perfetta della legislazione, è pur vero che esiste in suo favore un'altra ragione più forte, non di sola opportunità, ma di principio: quella appunto della sua radice, del suo modo di composizione diverso da quello della Camera dei Deputati.

Mentre questa è formata sulla base delle ideologie politiche e dei partiti da parte dei cittadini elettori raggruppati in modo indifferenziato in collegi elettorali, nei quali è meccanicamente diviso il territorio nazionale, l'altra Camera, il Senato, dovrebbe essere formata in modo da rispecchiare le varie forze economiche, sociali, culturali e delle attività lavorative in generale, che per la stessa impostazione del sistema del suffragio diretto, non riescono ad avere una propria compiuta rappresentanza.

Si tratta di quella rappresentanza della membratura effettiva della società, di quelle forze vive della Nazione a cui nelle precedenti discussioni accennò l'onorevole Piccioni propugnando la necessità del riconoscimento giuridico delle Regioni.

È stato detto che una tale rappresentanza diminuirebbe quasi la rappresentanza popolare che si ha nella Camera dei Deputati. Ma non è così. L'assegnare una speciale rappresentanza alle varie categorie del corpo sociale non significherebbe affatto fare un passo indietro, né tanto meno limitare sostanzialmente quella che suole chiamarsi la rappresentanza popolare, ma significherebbe completarla, integrarla, in modo che tutti i bisogni, tutte le esigenze del paese possano avere una propria espressione ed una propria voce.

Ciò è sommamente utile dal punto di vista tecnico, perché nessuno come i rappresentanti delle categorie interessate può prospettarne ed illustrarne i bisogni avanti all'Assemblea; ed è egualmente utile dal punto di vista politico, per il peso appunto che tali categorie vengono ad assumere nella rappresentazione di tutta la realtà economica, sociale e culturale della Nazione.

Ne è a dire che si tratta di rappresentanza di interessi particolaristici, perché si tratta di interessi di vaste categorie dell'attività umana, che possono magari essere prospettati da un punto di vista specifico, ma che necessariamente finiscono per venire esaminati e vagliati dall'Assemblea nel suo complesso dal punto di vista generale, con criterio armonico, globale, cioè, in definitiva, con criterio politico.

È per ciò che, pur divergendo dalla prima Camera nel modo della sua formazione, la seconda Camera finisce per funzionare e per arrivare alle sue decisioni in vista dello stesso scopo generico che persegue la prima, in vista, cioè dell'interesse generale della Nazione. Cosicché ne deriva, non la menomazione della volontà popolare, sibbene il suo completamento, la sua integrazione.

Come dovrebbe procedersi, guardando la questione da un punto di vista concreto, alla costituzione di questa seconda Camera?

Tenendo presente la complessa realtà sociale, sembra utile arrivare ad una forma mista di rappresentanza.

Per quanto si riferisce alle attività produttive, intesa questa espressione nel senso più lato, ci sono gli interessi dell'agricoltura, dell'industria, del commercio, dei trasporti e di altre attività produttive, per l'insieme delle quali vanno naturalmente prese in considerazione le varie categorie dei lavoratori.

Ci sono le esigenze della cultura, delle arti, delle scienze, delle professioni, che debbono anch'esse avere la loro voce nell'Assemblea.

[...]

Mannironi. [...] Il sistema bicamerale è assolutamente necessario ed è fondato su diverse ragioni, che l'onorevole Ambrosini ha già espresse lucidamente e che egli intende integrare. È un organismo necessario, in quanto deve servire a portare in seno al potere legislativo la voce e delle regioni e delle classi produttive, che hanno diritto di dare alla formazione delle leggi quel contributo tecnico, di specializzazione, che gli uomini puramente politici spesso non possono dare.

[...]

Ma la seconda Camera deve dare anche possibilità a tutte le classi produttrici di essere rappresentate nell'organizzazione del potere legislativo. Non si intende con ciò tornare all'organo corporativo di infausta memoria; ma si vuole che tutte le classi produttrici, in tutti i loro settori e in tutti i loro gradi, abbiano il diritto di far valere le loro ragioni, di tutelare i loro interessi, di portare la voce della loro esperienza là dove si elaborano le leggi.

[...]

Non aderisce all'idea, alla quale pare abbia aderito l'onorevole Ambrosini, già espressa dall'onorevole La Rocca e da altri: che, cioè, la seconda Camera debba essere eletta a suffragio universale, come la prima, perché, con questa soluzione si creerebbe un doppione veramente inutile e pericoloso, mettendo ogni cittadino, probabilmente nella stessa epoca o data, nella condizione di esprimere in duplice sede un unico pensiero ed un unico orientamento. Questa rappresentanza territoriale delle regioni e delle classi produttive si può realizzare utilmente in sede di formazione della seconda Camera, stabilendo che la seconda Camera debba essere formata dalle assemblee regionali con una elezione di secondo grado. È stato detto che le assemblee regionali sono la espressione più diretta della volontà popolare in sede di regione. Se si parte da questo presupposto, non vi è motivo per non concedere a queste assemblee la facoltà e il diritto di eleggere la seconda Camera, la quale risulterebbe come una riproduzione ingrandita dell'aspetto delle assemblee regionali, così come si costituiscono in seguito alla elezione a suffragio universale.

Si potrebbe obiettare che in tal modo si corre il rischio di non avere la rappresentanza paritetica delle regioni e la rappresentanza delle categorie produttive; ma a questo eventuale inconveniente si può rimediare, facendo in modo che le Assemblee regionali siano costituite per un terzo da elementi politici, e per due terzi da elementi tecnici. Cioè, si dovrebbe porre una limitazione alla libertà di voto dei cittadini, nel senso che essi debbano scegliere come rappresentanti regionali esponenti di determinate categorie economiche e produttive o sindacali. Così si potrebbe avere la riproduzione, in sede nazionale, dell'ambiente economico e sociale delle regioni: e si raggiungerebbe lo scopo di creare un organismo, quale tutti desiderano, che sia non un inutile doppione della prima Assemblea, ma un organo quasi tecnico, il quale porti nella elaborazione delle leggi quel contributo che solo le classi direttamente interessate possono portare.

Conclude che in questo modo si va incontro alle esigenze progressiste che sono state fatte presenti. Se tutte le classi produttrici potranno essere rappresentate nella seconda Camera, si sarà compiuta opera veramente democratica. E a chi obietta che i rappresentanti delle organizzazioni sindacali possono essere eletti nella prima Camera, si risponde che una cosa è dare veste di uomini politici a quegli organizzatori sindacali, facendoli entrare nella prima Camera legislativa, ed altra cosa è dare direttamente al lavoratore la possibilità di partecipare di persona alla formazione delle leggi.

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Nobile. [...] Circa il vantaggio, di cui si è detto, di completare la rappresentanza con l'apporto di competenze che altrimenti non potrebbero pervenire all'Assemblea legislativa, osserva che, nonostante le affermazioni contrarie, con ciò si tende in sostanza a ricostituire una specie di Camera delle Corporazioni. Non crede che il sistema attuale di elezione non consenta ai rappresentanti delle varie categorie di pervenire all'Assemblea legislativa: col sistema della rappresentanza proporzionale si ha di fatto l'immissione in questa Assemblea, non soltanto di politici professionali, ma anche di rappresentanti di categoria, e nell'attuale Assemblea Costituente, tutte le categorie sono rappresentate da operai, ingegneri, professionisti ed anche industriali. L'apporto delle competenze specifiche, d'altronde, si potrebbe avere assicurando a tutti i progetti di legge una preventiva od una contemporanea discussione pubblica, attraverso la stampa e le istituzioni varie. Quando l'Assemblea legislativa è obbligata a seguire queste discussioni, essa deve tener conto delle opinioni espresse dalle varie categorie interessate. E questo, d'altronde, è sempre avvenuto.

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Rossi Paolo nota che tutti sono convinti che i partiti politici non esauriscono l'infinita varietà delle esigenze sociali e che, ad esempio, l'economia, il lavoro, la cultura, non riescono ad essere rappresentati in maniera piena dai partiti politici. Ma la speranza, espressa dall'onorevole Ambrosini, di conseguire una precisa ed equilibrata rappresentanza di tutti gli interessi economici, sociali e culturali in una seconda Camera, supera quello che si può raggiungere. Innanzi tutto si deve considerare che la vita sociale, è in continua evoluzione, e che riuscirebbe assai difficile cristallizzarla in una rappresentanza della durata di 6 anni. Quando si fosse straordinariamente fortunati, la seconda Camera potrebbe rispecchiare le esigenze economiche e sociali dell'oggi. Ma è certo che, per la legge inesorabile del trascorrere continuo delle cose, quello che si fissasse oggi sarebbe inadeguato alla realtà di domani. Si dovrebbe allora immaginare una legge sulla composizione del Senato che fosse modificabile di legislatura in legislatura. In questo modo la politica, che si vuole mettere fuori dalla porta di questa seconda Camera, entrerebbe subito di nuovo dalla finestra: entrerebbe con la necessità di apportare queste modificazioni, di stabilire il nuovo modo di composizione del Senato e di interpretazione dei nuovi interessi in conflitto, allo scopo di determinare una loro proporzionale rappresentanza. Tutto ciò comporta infatti un giudizio politico che sarebbe influenzato dal mutevole clima politico. Se al momento di modificare la legge sulla composizione del Senato vi fosse alla Camera una maggioranza di destra, si cercherebbe di dare una maggiore rappresentanza nel Senato ai datori di lavoro; se la maggioranza suddetta fosse di sinistra, si cercherebbe di dare una maggiore rappresentanza in Senato ai lavoratori. Quella perfezione, che anche teoricamente pare irraggiungibile, verrebbe pertanto immediatamente deformata dalla necessità di modificare la legge secondo una concezione politica e soltanto politica.

Per queste ragioni i Commissari socialisti sono contrari, non per antipatia preconcetta, ad una Camera corporativa, ad una Camera di interessi di categoria, come press'a poco ora si ha nella Spagna e nel Portogallo: una siffatta Camera non sarebbe efficace e non si raggiungerebbero con essa gli scopi enunciati dall'onorevole Ambrosini.

Una seconda Camera formata mediante elezioni di secondo grado sarebbe certo meno imperfetta e meno arbitraria di quella corporativa.

[...]

Bulloni. [...] La seconda Camera non può non derivare da una fonte elettorale diversa da quella della prima, sia pure concepita con criterio elettivo. Le difficoltà sorgono allorquando si affronta il problema della composizione della seconda Camera; difficoltà, che s'incontrano sempre quando si affrontano problemi nuovi, ma che non sono insuperabili.

Innanzitutto occorre fare riferimento ad organismi che hanno già una configurazione giuridica riconosciuta; primi tra i quali le regioni. Attraverso le designazioni delle regioni, la seconda Camera verrebbe ad essere anche espressione di interessi spiccatamente locali.

Ma, accanto alle regioni, occorre considerare, dal punto di vista della funzione elettorale della seconda Camera, la cultura. Non si reca ingiuria ai principî della democrazia, se si riconosce ad esempio al professore di università il diritto ad una pluralità di voto, che egli di fatto verrebbe a conseguire. Chi consuma tutta la sua esistenza e le risorse del suo ingegno nello studio deve avere riconosciuta una posizione che lo differenzi, ad esempio, dal portiere della università stessa. Né è questo un argomento demagogico a rovescio; anzi è l'espressione del doveroso omaggio di ogni cittadino alle benemerenze della intelligenza e dello studio. Gli atenei hanno una fisionomia giuridica ben definita e possono contribuire alla designazione di loro rappresentanti nella seconda Camera.

Anche per le forze produttrici la capacità elettorale è conseguibile allorquando si riconoscano giuridicamente gli enti e le associazioni che tali forze organizzano. Fra gli organismi che hanno già una configurazione giuridica riconosciuta sono le camere di commercio, che rappresentano gli interessi dell'agricoltura, dell'industria, ivi compresi i trasporti, del commercio e della banca. Fra le altre forze produttrici, forse in via primaria, sono le forze del lavoro, circa le quali confessa di non essere ancora riuscito a trovare una soluzione da proporre alla considerazione della Sottocommissione. La difficoltà per la designazione delle forze del lavoro consiste nel fatto che il sindacato non è ancora giuridicamente riconosciuto e vige il principio della libertà di organizzazione. Fa quindi appello alla più consumata esperienza in materia degli onorevoli colleghi, perché si deve pur trovare una soluzione anche per la legittima rappresentanza delle forze del lavoro, superando quelle difficoltà che invece non si incontrerebbero per le altre categorie, che poggiano su istituti giuridicamente riconosciuti e accettati.

Altra fonte per la costituzione della seconda Camera dovrebbero essere i Consigli professionali; e ricorda che non ci sono soltanto i Consigli forensi, ma anche quelli dell'ordine dei Medici, dei Farmacisti, degli Ingegneri ecc. Tutte le professioni hanno un ordinamento giuridico al quale può essere affidata l'elezione dei rappresentanti alla seconda Camera. Ed anche gli artisti devono avere la loro rappresentanza nella seconda Camera. Anche per essi però si incontrano le difficoltà enunciate a proposito dei rappresentanti delle forze del lavoro.

[...]

Accenna infine alla possibilità di trovare una soluzione delle difficoltà accennate per quanto riguarda le forze del lavoro, se non anticipando la adozione di provvedimenti legislativi in argomento, almeno accettando, per necessità incombenti, la situazione di fatto, e rimettendosi alle designazioni delle Camere del Lavoro.

[...]

Ambrosini risponde subito alle osservazioni interessanti dell'onorevole Paolo Rossi, il quale ha affermato che quanto l'Ambrosini sostiene è un optimum, che però non si può raggiungere per l'impossibilità di dosare il quantitativo di rappresentanti da attribuire alle singole categorie della produzione e dell'attività lavorativa nelle sue varie espressioni fondamentali.

Si tratterebbe adunque di difficoltà d'ordine pratico, le quali è da credere che possano superarsi ricorrendo a certi criteri generali da fissare pregiudizialmente. Così per quanto riguarda l'agricoltura, l'industria, il commercio, i trasporti, le varie forme di attività intellettuale, quali la scienza, l'arte, le professioni libere, ed altre attività ancora, quali, ad esempio, l'artigianato, che per le sue peculiari caratteristiche tecniche e per la sua funzione sociale può bene essere considerato come una categoria a sé stante, meritevole di avere una propria voce ed una propria rappresentanza.

Indubbiamente, sarà sempre in base ad una valutazione empirica dell'importanza approssimativa delle singole categorie nella vita economico-sociale del Paese che si procederà all'assegnazione di un differente numero di rappresentanti a ciascuna di esse.

Questa valutazione verrà di necessità fatta e giustamente fatta, in base ad un orientamento politico, quell'orientamento politico che in definitiva segna gli scopi da raggiungere e suggerisce i mezzi tecnici più idonei allo scopo.

È stato detto che l'insieme delle varie categorie produttrici può paragonarsi ad un fiume fluido, nel quale però non sarebbe possibile captare ed isolare le singole correnti. Si potrebbe aggiungere, continuando i paragoni, che le categorie in questione possono raffigurarsi come fondibili in un arcobaleno.

Orbene, l'isolare i vari colori è difficile, ma non impossibile. Comunque non è affatto impossibile determinare quali essi fondamentalmente sono, ed attribuire ad ognuno dei colori una data importanza. Per tornare al concreto è difficoltoso, ma non impossibile determinare l'importanza delle varie categorie produttive e stabilirne il relativo quantitativo di rappresentanza.

Né c'è alcun pericolo nell'adozione d'un criterio relativo, empirico. Il pericolo ci sarebbe se si volesse cristallizzare, una volta stabilitolo, tale criterio, proibendone per l'avvenire la modificazione. Ma tale cristallizzazione deve escludersi a priori. Quando si ritenga, che siano cambiati i presupposti che servirono nel primo tempo di criterio d'orientamento e di decisione per stabilire il numero di rappresentanti per ogni categoria, il legislatore potrà sempre rivedere la precedente deliberazione, e modificarla nel senso di assegnare a ciascuna categoria quel nuovo quantitativo di rappresentanza che fosse suggerito dalle mutate condizioni ed esigenze della vita economico-sociale-politica del Paese.

Nessun ostacolo quindi sussiste per l'adozione del propugnato sistema. In proposito si richiama ai precedenti della legislazione spagnola del 1896 e della costituzione di Weimar del 1919, che creò il Consiglio Economico del Reich sulla base dei principî propri del sistema in discussione. Accenna anche al sistema di votazione per l'elezione dei deputati assegnati alle Università in Inghilterra. Concludendo, rileva che si potrà arrivare con opportuni accorgimenti e cautele ad immettere nella seconda Camera le rappresentanze degli interessi territoriali e professionali e dell'attività lavorativa in genere, in modo tale che integrino e completino la rappresentanza della Camera dei Deputati, funzionando sempre, s'intende, in vista del perseguimento degli interessi generali del Paese globalmente ed unitariamente considerati.


 

[i] L'opinione a cui si riferisce è quella della necessità che la seconda Camera rispecchi esattamente la prima (vedi appendici per il testo completo).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti