[Il 3 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione generale sull'organizzazione costituzionale dello Stato partendo dalla relazione dell'onorevole Mortati.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, e più precisamente quelle riguardanti la composizione e le modalità di elezione del Senato; le parti riguardanti invece la scelta di un sistema monocamerale o bicamerale vengono riportate a commento dell'articolo 55, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.
La questione della rappresentanza regionale al Senato, si intreccia, nelle discussioni generali con le modalità di elezione proposta come elezione di secondo grado da parte degli organismi locali. Sebbene le modalità di elezione del senato rientrino nella competenza di questo articolo, proprio in quanto il sistema di elezione di secondo grado proposto ha come scopo quello di dare rappresentanza delle regioni al senato, le discussioni in merito vengono riportate a commento dell'articolo 57.]
Mortati, Relatore. [...] Qualunque Senato tende a modificare il peso politico dei cittadini quale potrebbe essere espresso attraverso il suffragio universale e la rappresentanza di partiti. Il sistema francese del 1875, modificato nel 1884, si basa sulla rappresentanza territoriale: la legge francese dà una rappresentanza eguale a comuni o a organismi territoriali diversamente composti nel loro rapporto demografico; e la conseguenza politica che ne deriva è che i comuni piccoli hanno una influenza maggiore delle grandi città, onde una impronta speciale che deriva al Senato da questa rappresentanza, la quale sposta il rapporto realizzato nella prima Camera con il suffragio universale.
Vi possono essere altre forme per una diretta integrazione del suffragio, ed una di queste è quella della rappresentanza di categoria. Le categorie si possono intendere con due significati: o col significato economico, in cui le categorie rappresentano gli interessi delle professioni che intervengono nella vita economica come fattori della produzione e del consumo; o col significato super-economico, e quindi culturale, assistenziale, o, se si vuole anche dire, professionale, in cui però la parola «professionale» va intesa in senso generico. Naturalmente l'accettazione di una rappresentanza di questo genere solleva problemi numerosi e di varia natura e presupporrebbe o l'organizzazione di queste categorie in gruppi determinati o il realizzarsi delle categorie anche indipendentemente dalle organizzazioni di questo genere, sulla base di una semplice anagrafe delle popolazioni nei vari settori delle attività economiche o culturali. In questo secondo caso l'attribuzione di un numero di seggi a ciascuna categoria verrebbe fatta avendo soltanto in vista il quadro di ripartizione, indipendentemente da una organizzazione delle singole categorie in sindacati appositamente riconosciuti. Si potrebbe, cioè, pensare ad una terza forma, la quale non considerasse le categorie nelle loro specializzazioni, ma che abbracciasse gruppi di categorie sulla base di certi interessi sociali più eminenti e più importanti: per esempio la cultura, la giustizia, il lavoro, l'industria, l'agricoltura. E sarebbe, questo, un tentativo di dare alla rappresentanza una maggiore organicità e di eliminare o attenuare l'influenza strettamente proporzionale degli interessi, per allargare la visuale verso forme di valutazione più propriamente politica. Non si deve, infatti, dimenticare che, se si vuol dare alla seconda Camera una funzione politica, si debbono anche creare i presupposti perché i rappresentanti possano elevarsi a questa più ampia valutazione politica.
Si può sospettare che una seconda Camera fondata su una base strettamente professionale possa essere espressione di interessi troppo limitati e quindi costituire un ostacolo a che assurga ad una visione generale e inquadri l'interesse particolare nell'interesse generale, ciò che è caratteristico degli organi politici. Un tale inconveniente si potrebbe attenuare, dunque, attraverso questa concezione più larga delle categorie.
Naturalmente, o si scelga un tipo o si scelga l'altro, bisogna preoccuparsi di dosare il peso politico attribuito a ciascuna categoria, preoccuparsi cioè di proporzionare il numero dei seggi alla rilevanza delle categorie, che non si può desumere soltanto dal rapporto numerico, ma che bisogna desumere da criteri più comprensivi, perché non è detto che il peso numerico sia il preminente in una rappresentanza di questo genere destinata a fare emergere la capacità politica di esprimere interessi generali.
Questo è un problema da risolvere in sede politica.
Qualcuno dice che sarebbe arbitrario attribuire un certo numero di seggi ad una categoria piuttosto che ad un'altra; ma, dal punto di vista di una logica astratta, tutto è arbitrario; anche, per esempio, l'età fissata per l'attribuzione del diritto di elettorato, l'attribuzione dell'elettorato alle donne, ecc. Il criterio di risoluzione si può trovare in sede politica, secondo quello che si ritiene più opportuno di realizzare, secondo la rappresentanza che si ritiene necessaria in una certa situazione.
Naturalmente le difficoltà non si fermano a questi risultati.
Si può osservare che, dovendo essere consacrato questo peso nella costituzione, l'inserire questa determinazione di peso in una costituzione rigida, porterebbe ad una cristallizzazione della situazione di un determinato momento, onde la determinazione potrebbe modificarsi soltanto con la procedura piuttosto lenta della revisione costituzionale. Ma a questo inconveniente si potrebbe ovviare stabilendo una revisione periodica da fare in forma più semplice della comune revisione costituzionale.
Qualche altro osserva che, nel caso di scelta di questo sistema, bisogna pensare al modo di presentazione delle candidature e al modo di esercizio del voto nel seno di ogni gruppo. Tutte difficoltà che bisognerebbe affrontare e risolvere per decidere l'accettazione dell'uno o dell'altro sistema.
Ma oltre alla forma che si basa sul concetto territoriale e a quella che si basa sul principio delle categorie, si potrebbe pensare ad un'altra che abbinasse l'uno e l'altro sistema. L'abbinamento si potrebbe ottenere giustapponendo la rappresentanza di categoria a quella territoriale, così da avere una percentuale di rappresentanti delle regioni e dei comuni sulla base territoriale, e un'altra percentuale sulla base delle categorie. L'integrazione potrebbe essere più soddisfacente se si fondessero le due rappresentanze e si ripartisse il numero dei seggi della seconda Camera fra le regioni (e si vedrà in un secondo tempo se la rappresentanza debba essere proporzionale o raggiunta in altra forma). Attribuito un numero di seggi alle varie regioni, l'elezione nel seno di ciascuna avverrebbe sulla base delle categorie, con un risultato più organico.
[...]
Ma la formazione di una seconda Camera può tendere anche ad un altro scopo, cioè a quello di selezionare particolari capacità e competenze; e allora bisogna affrontare il problema della competenza, che vale anche per la prima Camera, ma che per la prima Camera si risolve più difficilmente, appunto perché ad essa si vuol dare un carattere di rappresentanza politica generale.
Nella seconda Camera, per lo meno storicamente, si è realizzata la tendenza a delimitare la scelta degli eleggibili per assicurare la presenza nell'assemblea legislativa di certe competenze individuali che il sistema dei regimi rappresentativi di per se stesso non assicura. Questo terzo scopo a cui si può tendere nella costituzione della seconda Camera, formata nell'ambito di certe categorie, cioè prescrivendo che gli eleggibili siano scelti nell'ambito di determinati gruppi, che si suppone abbiano una certa competenza, è molto importante, perché uno dei fattori che ha contribuito a determinare la cosiddetta crisi della democrazia è precisamente il difetto di competenza, tanto più sensibile nello Stato moderno che ha visto estendersi la sua sfera di attività in settori sempre nuovi e sempre più tecnici. Questo fine politico particolarmente importante può essere soddisfatto con la costituzione di una seconda Camera in cui si faccia una selezione degli eleggibili. Naturalmente se si stabilisce una rappresentanza di categoria, per evitare la forma di rappresentanza fascista, in cui alla Camera delle Corporazioni un poeta o un filosofo rappresentava, per esempio, gli ortofrutticoli, bisogna esigere che i rappresentanti appartengano alle categorie rappresentate, determinando certi requisiti di capacità: età, appartenenza a certe attività, aver fatto parte di certi corpi od uffici, ecc.
Vi sono poi forme di composizione della seconda Camera che tendono a conciliare i vantaggi di vari sistemi, cioè forme di composizione che, insieme agli elementi elettivi, comprendono anche elementi scelti in altro modo. Così, ci sono costituzioni che adottano un contemperamento del sistema elettivo con quello della nomina da parte del Capo dello Stato, ammettendo che un certo numero di membri del Senato sia nominato dal Capo dello Stato; ciò che può avere una ragione di essere, in quanto ci sono delle capacità che è opportuno assicurare alla seconda Camera, mentre non è opportuno siano scelte attraverso le elezioni: magistrati, membri dell'esercito o dell'amministrazione, ecc. Un altro sistema misto è quello della così detta cooptazione, per cui lo stesso Senato sceglie parte dei suoi membri. Vi è il sistema della nomina da parte della Camera, oppure da parte delle due Camere: sistema misto, che tende ad integrare la rappresentanza elettiva con una rappresentanza elettiva di secondo grado, per assicurare il concorso di certe competenze.
A cura di Fabrizio Calzaretti