[Il 17 settembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo». — Presidenza del Vicepresidente Conti.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Presidente Conti. [...] Passiamo allo svolgimento degli ordini del giorno.
Il primo è quello dell'onorevole Macrelli, del seguente tenore:
«L'Assemblea Costituente,
considerata la convenienza del sistema bicamerale;
ritenuto che — in coerenza con l'adozione dell'ordinamento regionale — la seconda Camera deve essere eletta su base regionale;
delibera
che il Senato della Repubblica sia costituito secondo i seguenti criteri:
1°) a ciascuna Regione sia attribuito, oltre ad un numero fisso di cinque senatori, un senatore per duecentomila abitanti;
2°) un terzo dei senatori assegnati a ciascuna Regione sia eletto dal Consiglio regionale ed il resto a suffragio universale;
3°) sia attribuita al Presidente della Repubblica la nomina di un ristretto numero di senatori (10-15);
4°) per l'eleggibilità a senatore sia fissata l'età di 40 anni;
5°) la libertà di scelta dei senatori non sia limitata mediante indicazione di categorie».
L'onorevole Macrelli ha facoltà di svolgere il suo ordine del giorno.
Macrelli. Onorevoli colleghi, il mio ordine del giorno è così chiaro e preciso che credo non abbia bisogno di molte parole a commento.
[...]
Altra affermazione di principio contenuta nel mio ordine del giorno è quella che del resto noi abbiamo consacrato nella legge costituzionale. Noi abbiamo creduto di dare una nuova struttura e quindi una nuova fisionomia, un nuovo volto caratteristico alla Repubblica italiana nata dal libero voto e dalla libera coscienza popolare il 2 giugno 1946, attraverso la ripartizione della Nazione italiana in Regioni: principio, questo, nettamente democratico e starei per dire rivoluzionario. Quindi era opportuno, era politicamente esatto che noi per la seconda Camera fissassimo questo criterio della base regionale, ed io penso e credo che l'Assemblea Costituente sarà unanime o quasi nel riconsacrare quanto del resto aveva accettato la Commissione dei 75.
Leggo infatti nella relazione dell'onorevole Presidente Ruini queste parole: «Nella molteplice gamma delle varie soluzioni la Commissione è stata quasi unanime nello stabilire che la seconda Camera debba avere base regionale in rapporto alla nuova struttura che viene introdotta in Italia con la creazione dell'ente Regione».
Le Regioni quindi dovranno avere (noi accettiamo quello che la Commissione ha proposto) ciascuna un numero fisso di 5 senatori ed un senatore per 200 mila abitanti, e saranno i Consigli regionali a nominare almeno un terzo dei senatori.
[...]
Dicevo dunque: la seconda Camera, il Senato della Repubblica, sia costituito secondo i seguenti criteri: 1°) a ciascuna Regione sia attribuito, oltre ad un numero fisso di 5 senatori, un senatore per 200.000 abitanti; 2°) un terzo dei senatori assegnati a ciascuna Regione, sia eletto dal Consiglio regionale ed il resto a suffragio universale». Ho detto in proposito il mio pensiero succintamente, tralasciando i particolari.
[...]
Condorelli. [...] Un altro rimedio è quello del Senato.
È veramente interessante come i partiti, che coscientemente o nel sub-cosciente sono totalitari — ritengo nel sub-cosciente, perché coscientemente totalitario non è nessuno in questa Camera — sono contrari sia ai poteri del Capo dello Stato, che vorrebbero ulteriormente ridotti, sia a questa seconda o prima Camera.
Ora, a mio giudizio, questa seconda Camera ormai non si può più discutere, quale che fossero in partenza le opinioni, perché c'è un fatto compiuto, che è quello delle Regioni. Si dice che in uno Stato federale il Senato è una esigenza di fatto: deve esserci necessariamente. Forse non abbiamo fatto uno stato federale ma soltanto regionale, che però si differenzia dallo stato federale solo per alcune sfumature. Noi non possiamo però, adesso, fare a meno di dare il completamento necessario, quale che sia stato il nostro atteggiamento di fronte al problema delle autonomie regionali, e di approvare necessariamente questa Camera delle Regioni o Senato. E dico che in fondo è anche bene che si sia trovata nel sistema questa ragione per dare una specifica funzione al Senato, che altrimenti forse ne sarebbe stato privo. Il Senato dovrà funzionare essenzialmente come Consiglio, come Camera delle Regioni, perché sarebbe invanito questo ordinamento regionale che si esaurirebbe alla periferia, se non avesse l'organo della sua difesa e della sua direzione proprio nell'organismo costituzionale centrale. Cosa se ne farà questa Regione dell'autonomia in materia di caccia, di pesca, di insegnamento professionale e tecnico, di urbanistica, magari anche in materia finanziaria, quando c'è un articolo 37 della Costituzione già approvato, che dice che con leggi si possono stabilire i programmi economici, cioè si può determinare la politica economica dello Stato?
Tutti noi sappiamo qual è l'origine vera della sperequazione tra regione e regione, tra Nord e Sud: è proprio la politica economica dello Stato. Non vi pare ora provvidenziale che al centro ci sia un elemento che possa autorevolmente intervenire in questa materia? Bisogna, secondo me, visto che le Regioni ci sono, che ci sia proprio per legittima difesa di queste Regioni, proprio nell'ambiente nel quale è necessario difenderle (come ci dimostra una triste esperienza ormai vecchia), questo organo essenzialmente destinato alla difesa economica delle Regioni, più che alla difesa costituzionale. Base regionale, dunque, del Senato, che darà funzione, vigore ed autorità al Senato, che altrimenti non ne avrebbe nessuna. E poi nulla esclude che a questo principio di rappresentanza regionale si possa anche associare il principio della rappresentanza di interessi: potrebbero benissimo essere combinati ed associati. Così avremmo creato un organo che ha funzioni sue, che gli darebbero tono e forza.
[...]
Presidente Conti. L'onorevole Piccioni ha presentato il seguente ordine del giorno firmato anche dall'onorevole Moro:
«L'Assemblea Costituente,
considerato che l'esistenza di una seconda Camera accanto a quella eletta a suffragio universale indifferenziato risponde alla necessità di integrare la rappresentanza politica, in modo che essa rispecchi la realtà sociale nelle sue varie articolazioni e tutti gli interessi politicamente rilevanti ed assicuri inoltre al lavoro legislativo, divenuto sempre più tecnicamente qualificato, il concorso di speciali competenze,
ritiene
che queste finalità si raggiungono, chiamando a partecipare alla seconda Camera i gruppi, nei quali spontaneamente si ordinano le attività sociali;
che tale rappresentanza deve essere realizzata — secondo un criterio di ripartizione a base territoriale regionale — con metodo democratico, mediante elezioni a doppio grado alle quali concorrano tutti gli appartenenti alle categorie sociali e in modo da promuovere la coordinazione degli interessi dei gruppi con l'interesse generale;
che la ripartizione dei seggi deve obbedire di massima al criterio della proporzione con l'entità numerica delle categorie ed insieme a quello della maggiore responsabilità del lavoro qualificato».
Ha facoltà di svolgerlo.
Piccioni. [...] nell'iter che questa discussione ebbe in seno alla seconda Sottocommissione [...] Passammo poi attraverso la camera delle Regioni per un quarto d'ora — non è durata di più — la Camera rappresentante dei Comuni e degli altri enti locali; e abbiamo finito col ricadere in quella formulazione che è contenuta nel progetto di Costituzione, che in fondo, tranne per quel terzo lasciato all'elezione dei Consigli regionali, risponde esattamente a quello che è il meccanismo e la formazione di istituti democratici.
[...]
[...] la struttura della seconda Camera, così concepita, secondo il nostro modo di vedere, dovrebbe trovare veramente la sua ambientazione nell'orbita della Regione.
Ma quando, in ciascuna Regione si siano definite (e questo il Consiglio regionale lo può fare, perché ha tutte le legittimità democratiche per farlo), quali sono le categorie produttive predominanti nell'ambito della Regione stessa, ed in rapporto alla popolazione si stabilisca quanti devono essere i rappresentanti delle varie categorie, non rimane da risolvere che il problema dell'elezione dei senatori stessi.
Su questa elezione mi riservo di presentare, a conclusione della discussione generale un progetto completo, se il principio formulato nel mio ordine del giorno sarà accolto.
Come può essere fatta tale elezione? Le soluzioni sono diverse. C'è chi prevede i collegi di categoria, che direttamente nominano il rappresentante di categoria. C'è chi — come me — in maniera forse più pratica, pensa che i rappresentanti di categoria possono limitarsi alla designazione, per esempio, di una terna per ciascuna categoria, lasciando al Consiglio Regionale l'ultimo atto della scelta, nella elezione dei vari rappresentanti.
Può sembrare, esposto in questo modo, un progetto piuttosto complicato e farraginoso, ma tale non è, se si considera realisticamente secondo le varie fasi attraverso le quali il progetto stesso si esaurisce o si perfeziona.
Comunque, questa è una questione di attuazione pratica che da nessuno può essere ritenuta insolubile. Basta applicarsi e trovare il modo e il verso di risolverla praticamente. Quel che più conta e più vale è decidere se, nella composizione della seconda Camera, deve essere veramente realizzato un principio di rappresentatività democratica diversa dalla rappresentatività data esclusivamente dal suffragio universale.
[...]
Piccioni. Ho finito. Io penso, in contrasto con molti altri, che l'ordinamento regionale — quali che possano essere le difficoltà nelle quali si viene muovendo o si andrà movendo — sia una riforma che rinnovi veramente la funzionalità dello Stato democratico italiano. Io penso che il Senato, concepito come noi lo concepiamo e come ci siamo sforzati di delineare nell'ordine del giorno che ho presentato, completerebbe questo rinnovamento, in senso democratico e in senso sociale, della nuova democrazia italiana. (Applausi — Congratulazioni).
Presidente Conti. L'onorevole Fuschini ha presentato un ordine del giorno del seguente tenore:
«L'Assemblea Costituente
afferma la necessità che il Parlamento sia costituito da due Camere, delle quali la prima rappresenti, attraverso il suffragio universale diretto e la rappresentanza proporzionale dei partiti, o correnti politiche, gli interessi generali della Nazione, e la seconda, mediante un suffragio organico a doppio grado, rappresenti gli interessi territoriali ed economici a base regionale;
riconosce l'opportunità che le Camere possano riunirsi in Assemblea Nazionale e deliberare esclusivamente sui seguenti casi:
a) nomina del Presidente della Repubblica e sua messa in istato di accusa;
b) conferimento di maggiori poteri al Governo in caso di guerra;
ritiene che alle Camere siano assegnati uguali poteri per svolgere i rispettivi compiti, restando peraltro stabilito che, in caso di contrasto fra le loro deliberazioni, esperiti appositi accorgimenti procedurali, abbia la prevalenza la decisione della prima Camera, fermo il ricorso al referendum popolare».
Ha facoltà di svolgerlo.
Fuschini. Onorevoli colleghi, la prima parte dell'ordine del giorno da me presentato è stata già sviluppata, in questo momento, dal collega onorevole Piccioni con quella perspicacia che lo distingue; e nei passati giorni i colleghi onorevoli Clerici, Codacci Pisanelli e Ambrosini avevano pur essi insistito sull'opportunità che la seconda Camera sia costituita in base alle categorie di interessi di carattere economico. Nel mio ordine del giorno accenno anche agli interessi territoriali. Non vi è bisogno di spendere parole su questa distinzione perché già nell'articolo 55 del progetto di Costituzione abbiamo affermato che la seconda Camera deve rappresentare anche gli interessi territoriali, allorquando abbiamo stabilito che ad ogni Regione sia data la rappresentanza speciale di cinque Senatori e quindi abbiamo manifestato il proposito che gli interessi locali, nella nuova organizzazione dello Stato, siano rappresentati da individui specificamente scelti dai Consigli regionali.
Non credo che su questo punto vi sia dissenso in altri settori; perché numerosi rappresentanti di altri settori hanno accettato il principio della rappresentanza degli interessi territoriali. Quando si è discusso, nella Sottocommissione e nella Commissione dei settantacinque sulla opportunità che gli interessi locali fossero rappresentati, non solo siamo arrivati alla rappresentanza delle Regioni, ma vi è stata persino la proposta che la seconda Camera fosse nominata attraverso un sistema elettorale che ha la caratteristica precipua di esprimere gli interessi locali, quale è il sistema del collegio uninominale.
Non voglio attardarmi, ripeto, su questo punto, perché ritengo che l'Assemblea abbia ormai tutti gli elementi per potere prendere la sua decisione al riguardo, in modo che la formazione della seconda Camera rispecchi una differenziazione di espressioni popolari, che non sia identica alla manifestazione delle espressioni popolari, che si hanno nella formazione della prima Camera. Perché è fuori dubbio che, se ormai la maggioranza dell'Assemblea accetta il principio del bicameralismo, mi pare anche concorde nel ritenere che la seconda Camera debba essere diversa nella sua origine, nella sua formazione, dalla prima; altrimenti, noi avremmo un bis in idem, che non porterebbe nessun vantaggio nella elaborazione delle leggi e nella costituzione dei Governi.
[...]
Presidente Conti. L'onorevole Giolitti ha presentato il seguente ordine del giorno:
«L'Assemblea Costituente,
considerato che la II Parte della Costituzione deve fondare un ordinamento della Repubblica tale da garantire la realizzazione del sistema di diritti e doveri sanciti nella I Parte e tale da sodisfare ai due requisiti essenziali della democraticità e della efficienza delle istituzioni parlamentari;
ritiene che la seconda Camera debba trarre origine dalla volontà direttamente espressa dall'intero corpo elettorale, secondo un sistema che permetta il miglior apprezzamento dei requisiti personali;
afferma che una seconda Camera di tipo corporativo sarebbe contraria allo sviluppo e al funzionamento delle istituzioni parlamentari in senso veramente democratico e moderno;
afferma altresì che una seconda Camera di tipo regionalistico si giustificherebbe solo ove le autonomie regionali avessero quel carattere federalistico che non è stato accolto nella Costituzione;
delibera che la seconda Camera venga eletta a suffragio universale col sistema uninominale e in base a determinati requisiti per l'elettorato passivo, tali però da non incidere sul carattere democratico della Camera stessa e da assicurarne la composizione più adeguata ai suoi fini».
Ha facoltà di svolgerlo.
Giolitti. [...] Ora, nonostante quella nostra posizione di principio alla quale ho accennato, favorevole al sistema unicamerale, noi abbiamo accettato il sistema bicamerale, in quanto abbiamo ritenuto sostanzialmente valida, nelle condizioni attuali del nostro Paese, l'esigenza di una maggiore ponderazione nell'opera legislativa.
Meno valida, invece, riteniamo l'esigenza, diciamo così, regionalistica, alla quale, secondo alcuni, dovrebbe rispondere la seconda Camera, perché, a nostro avviso, essa si giustificherebbe solo ove le autonomie regionali avessero quel carattere federalistico che non è stato accolto nel progetto di Costituzione. Quantunque di diverso avviso si sia manifestato il collega Condorelli, di fatto il progetto di Costituzione — e fortunatamente, secondo noi — non ha accolto in nessuna misura un'impostazione federalistica delle autonomie regionali. E d'altra parte pensiamo che anche in pratica una base regionalistica per la composizione della seconda Camera varrebbe proprio in quanto si accetti in pieno il criterio federalistico; allora si avrebbe ragione di stabilire un numero fisso per Regione, e allora il sistema sarebbe semplice e praticamente di facile applicazione; mentre se noi cerchiamo di inserire e di conciliare questo sistema, questa base regionalistica nella composizione della seconda Camera, con altri requisiti, ne vien fuori quel miscuglio ibrido che troviamo formulato nell'articolo 55, dove poi, praticamente, il tentativo di dare una base regionale alla Camera dei senatori viene frustrato non foss'altro che da quella disposizione secondo la quale nessuna Regione può avere un numero di senatori maggiore del numero dei deputati.
A cura di Fabrizio Calzaretti