[Il 29 gennaio 1947, nella seduta antimeridiana, la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria discute sull'elezione della Camera dei Senatori.
Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 58 per il testo completo della discussione.]
Il Presidente Ruini pensa che, impostata nelle sedute precedenti la discussione sulla elezione dei Senatori, sia opportuno esaminare le varie proposte.
La proposta della seconda Sottocommissione — confermata dal Comitato di redazione — è che la Camera dei Senatori sia eletta per un terzo dai membri del Consiglio regionale e per due terzi dai consiglieri comunali della Regione.
Un primo gruppo di emendamenti a questa proposta, accettando il criterio della elezione dei due terzi da parte dei consiglieri comunali, tende a eliminare, con accorgimenti pratici lo squilibrio che si verrebbe a creare fra i Comuni per la differenza di popolazione.
Sono stati proposti, pertanto, alcuni criteri di graduazione: l'onorevole Fuschini ha proposto di dividere i Comuni in due gruppi al disotto e al di sopra di diecimila abitanti; l'onorevole Ambrosini ha fissato questo limite in trentamila abitanti; gli onorevoli Tosato, Piccioni e Fuschini hanno proposto la divisione dei Comuni in tre gruppi: con popolazione inferiore a cinquemila abitanti; con popolazione superiore ai cinquemila e inferiore ai trentamila; con popolazione superiore ai trentamila.
Un secondo gruppo di emendamenti si basa sul suffragio universale diretto: secondo la proposta dell'onorevole Nobile, limitatamente agli elettori che abbiano compiuto i 25 anni; secondo la proposta dell'onorevole Mortati, i Senatori sarebbero eletti per un terzo dai membri del Consiglio regionale, per un terzo dai Consiglieri comunali della Regione e per un terzo dagli appartenenti ad alcune categorie economiche.
Un terzo gruppo di emendamenti si basa sul suffragio universale indiretto: l'onorevole Laconi si richiama al sistema dei grandi elettori attuato nella Costituzione francese; l'onorevole Perassi propone di procedere all'elezione dei Senatori per un terzo da parte dei Consigli regionali e per due terzi da parte delegati eletti a suffragio universale dai Comuni di ciascun Mandamento, in proporzione degli abitanti.
Sarà opportuno che i sostenitori delle varie proposte le illustrino.
Fuschini. [...] Propone, pertanto, la seguente formula:
«I Senatori sono eletti dai collegi regionali a suffragio universale diretto, mediante i Consigli comunali integrati da altri delegati in rapporto alla popolazione».
Riconosce che sorge per i delegati l'obiezione che si tratta di una nomina di terzo grado; ma non vede altra maniera per superare le difficoltà che ha prospettato.
Laconi ricorda che fin dal primo momento si è dichiarato favorevole a che la seconda Camera, come la prima, fosse eletta attraverso il suffragio universale. Si obietta che con tale soluzione non si verrebbe a differenziare la prima dalla seconda Camera, ma pensa che la differenziazione si debba cercare nel criterio che gli eleggibili alla seconda Camera siano scelti tra determinate categorie, in modo da rispondere a determinate condizioni ed esigenze.
Comunque, per giungere ad un terreno di intesa con altre correnti che rappresentano pure fondate esigenze, e per superare le difficoltà inerenti alle altre soluzioni e alle quali ha accennato l'onorevole Fuschini, ha proposto che la seconda Camera sia eletta da collegi regionali a suffragio universale indiretto, secondo le modalità stabilite dalla legge.
[...]
Perassi desidera anzitutto associarsi a quanto ha rilevato molto opportunamente l'onorevole Laconi in una parte del suo discorso, ossia che esiste un concetto sul quale si è tutti d'accordo, cioè che la seconda Camera sia l'espressione di interessi regionali. Questa constatazione è molto importante, perché permette di considerare il problema ormai soltanto dal punto di vista dell'attuazione tecnica di questo concetto.
Ricorda che la Sottocommissione aveva adottato, nella seduta del 16 ottobre, il criterio di distinguere l'elezione dei membri della seconda Camera in due gruppi: un gruppo da eleggersi dal Consiglio regionale e un gruppo da eleggersi in altro modo. Per quanto concerne il primo gruppo, la Commissione aveva stabilito di fissarlo in un terzo del numero dei Senatori assegnato a ciascuna Regione. In una proposta accennata dall'onorevole Fuschini, si vorrebbe invece ritoccare questo punto, nel senso di attribuire al Consiglio regionale l'elezione di metà oppure del numero fisso (5) di Senatori di ciascuna Regione. Non crede che sia opportuno rimettere in discussione questo problema, e in particolare ritiene che sostituire al terzo il numero fisso possa dar luogo a qualche difficoltà, tenendo presente che si è adottato, su proposta dell'onorevole Lussu, una disposizione secondo la quale nessuna Regione può avere un numero di Senatori maggiore di quello dei Deputati che manda alla prima Camera. Ora, può darsi che in qualche Regione il numero fisso dei Senatori ad essa assegnato sia tale da eguagliare il numero dei Deputati. Per conseguenza, in quell'ipotesi si avrebbe che l'elezione di tutti i Senatori della Regione sarebbe riservata al Consiglio regionale, e nessun altro sarebbe eletto in altro modo. Questo sembra un inconveniente da eliminare. Perciò conviene mantener fermo il concetto che il Consiglio regionale di ciascuna Regione elegga soltanto un terzo del gruppo; il restante è da eleggersi in altro modo.
[...]
Grassi pensa che si possa accettare il principio che ciascuna Regione elegga un numero fisso di cinque Senatori e inoltre un Senatore per 200 mila abitanti o per frazione superiore ai centomila abitanti.
I sistemi per attuare tale principio potrebbero essere due: affidare la scelta dei Senatori ai consiglieri comunali della Regione, sia pure integrati con altri elementi; affidarla ad elettori di primo o secondo grado.
Dichiara di non essere favorevole alla nomina attraverso i consiglieri comunali, oltre che per le ragioni esposte dagli onorevoli Perassi e Laconi, perché ritiene che la seconda Camera debba essere l'espressione del Paese nel momento in cui si fa l'appello al popolo, e non può essere scelta da consiglieri comunali eletti due o tre anni prima.
Manifesta, invece, la sua preferenza per l'elezione di secondo grado, in quanto elementi già scelti dal popolo possono, con maggiore ponderazione, giudicare sulla capacità tecnica e sulle doti morali delle persone da mandare alla seconda Camera.
Resta il problema se il collegio debba essere unico, oppure se debba essere diviso in mandamenti, secondo la proposta dell'onorevole Perassi. In via di massima sarebbe favorevole a quest'ultima proposta.
Rinvierebbe tutte le altre questioni alla legge elettorale.
Mortati dichiara di parlare quale proponente di uno degli emendamenti al progetto predisposto a mezzo del Comitato di coordinamento. Ritiene opportuno ricordare brevemente attraverso quali vicende si giunse, nella seconda Sottocommissione, a discutere dei concetti che informano l'emendamento che intende illustrare.
L'orientamento generale per la determinazione dei modi di formazione della seconda Camera fu consacrato in un ordine del giorno votato dalla Sottocommissione predetta, a maggioranza, secondo cui tale formazione avrebbe dovuto essere ricollegata alle forze vive del Paese. Si voleva, da parte dei proponenti dell'ordine del giorno approvato, riferirsi con questa espressione a tutti gli organismi, sia territoriali, sia economici e professionali, nei quali si articola e si snoda tutta la vita della nazione.
L'opinione successivamente prevalsa limitò ai soli enti regionali il collegamento che si intendeva operare con i corpi sociali. Ora questa limitazione non sembra opportuna, perché il ricorso, nel seno delle singole Regioni, ad una rappresentanza ripartita secondo le attività esercitate appare assai utile a differenziare le due Camere seguendo un criterio d'integrazione della rappresentanza politica.
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Lussu avverte che, nella risoluzione del problema in esame, occorre tener presenti alcune premesse che scaturiscono dalla discussione avvenuta in sede di seconda Sottocommissione: 1°) La seconda Camera ha carattere regionale e, pertanto, aveva proposto che si chiamasse: «Camera delle regioni»; ma la seconda Sottocommissione non approvò la proposta. 2°) La proporzionale, per quanto non sia nelle preferenze dell'onorevole Einaudi, è accettata dalla maggioranza della seconda Sottocommissione e, crede, della Commissione dei 75. 3°) La seconda Camera non dovrebbe essere, come sostiene l'onorevole Mortati, espressione di categorie, e di interessi professionali. Su questo la maggioranza della seconda Sottocommissione era d'accordo. Pensa, inoltre, che si sia di massima riconosciuto che le due Camere non potessero essere espressione dello stesso corpo elettorale e quindi si sia escluso il suffragio universale diretto per la seconda Camera. Né vale, a suo parere, il rimedio di portare a 26 anni l'età degli elettori della seconda Camera, perché in fondo si tratterebbe dello stesso corpo elettorale, sia pure ridotto di una parte.
La proposta dell'onorevole Nobile potrebbe, pertanto, rappresentare una soluzione contrastante con le premesse accettate dalla maggioranza della seconda Sottocommissione.
Giudica, d'altra parte, estremamente complicata la proposta dell'onorevole Fuschini. Ritiene, in conclusione, che debba essere rispettato il criterio che l'Assemblea regionale abbia il diritto di nominare un terzo dei rappresentanti, oppure un numero fisso stabilito. A questa stregua pensa che la proposta Perassi possa essere adottata.
Ambrosini. [...] Passando all'elezione dei Senatori da affidare all'Assemblea regionale, ritiene che bisogna mantenere il terzo stabilito dalla Commissione, e non adottare l'altro criterio della attribuzione all'Assemblea regionale dell'elezione del numero fisso di cinque senatori per ogni Regione. L'onorevole Perassi ha indicato gli inconvenienti che si avrebbero con questo sistema per le piccole regioni. Conviene con lui, e mostra che altri inconvenienti, di natura diversa, ma ugualmente gravi, si avrebbero per le grandi Regioni. È perciò d'avviso che debba mantenersi il criterio della proporzionalità rispetto alla popolazione della Regione nella misura di un terzo del numero complessivo dei Senatori ad essa assegnati, secondo il sistema adottato dalla Sottocommissione.
Lami Starnuti. [...] Circa la prima parte, preferisce che il Consiglio regionale elegga un numero fisso di Senatori, secondo la proposta Fuschini, e non il numero variabile del terzo.
Si pensi alle Regioni più popolose, la Lombarda, la Piemontese, la Veneta, le quali dovrebbero nominare, rispetto ad un terzo, circa dieci o dodici Senatori.
Perassi avverte che sarebbero sette od otto al massimo.
Lami Starnuti ha ragione di ritenere che, come si è modificato il rapporto della popolazione per l'elezione dei Deputati, così si farà per i Senatori. Quindi aumenterà il numero dei componenti la seconda Camera, e indubbiamente la Lombardia, il Veneto e il Piemonte avrebbero da 30 a 40 Senatori da eleggere, sicché un terzo oscillerebbe fra 10 e circa 15, da eleggersi dall'Assemblea regionale.
A cura di Fabrizio Calzaretti