[Il 6 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione generale sull'organizzazione costituzionale dello Stato con la relazione dell'onorevole Castiglia.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.]
Castiglia, relatore, crede che, risolto in via pregiudiziale il problema del tipo di regime da scegliere, sia altrettanto importante risolvere ora in via pregiudiziale la questione accennata dai due relatori, onorevole Mortati e onorevole Conti, del sistema bicamerale o monocamerale, perché dalla risoluzione di questo problema possono derivare delle conseguenze suscettibili di influenzare tutto il resto della discussione e l'attuazione pratica dei principî che sono stati e saranno ancora esposti, specialmente quando sarà il momento di venire all'articolazione ed alle conclusioni pratiche.
Personalmente accetta il sistema bicamerale, per varie considerazioni, molte delle quali sono state già espresse dai relatori.
La genesi del sistema bicamerale è inglese e rimonta a parecchi secoli fa. Il richiamo alla genesi sta a dimostrare come il sistema bicamerale abbia avuto ed abbia delle ragioni di vitalità che trascendono i motivi contingenti che ne determinarono la nascita allora, motivi contingenti che sono stati superati dagli avvenimenti.
Ma, accanto a questa genesi storica, stanno altre ragioni che consigliano l'adozione del sistema bicamerale: ragioni di carattere pratico e di carattere giuridico.
Per ovviare all'inconveniente di cui tutti sentono la preoccupazione, cioè alla instabilità del governo, prima di tutto è necessario il sistema bicamerale.
Non è opportuno accentrare in una sola Camera il potere legislativo che diventerebbe così quasi onnipotente. È opportuno, invece, contrapporre all'un corpo legislativo un altro corpo, non per desiderio di contrapposizione o di ostacolo, ma affinché attraverso l'urto delle convinzioni, l'urto delle mentalità, possa la legge aderire veramente alle esigenze del paese.
Altra ragione che è stata particolarmente sottolineata dall'onorevole Mortati ed anche dall'onorevole Conti è quella della integrazione della rappresentanza secondo due criteri: uno di carattere regionale, e l'altro di interesse sociale.
Dal punto di vista dell'interesse sociale, crede che l'integrazione della rappresentanza possa essere raggiunta con l'istituzione di due Camere, mentre non potrebbe esserlo con una sola, perché col sistema elettorale attuale, o con quello che sarà stabilito, non si può ottenere la completezza della rappresentanza secondo il criterio dell'interesse sociale. Della seconda Camera i componenti dovranno essere scelti con criteri, che si stabiliranno in seguito, diversi da quelli che devono seguirsi per l'elezione dei deputati alla Camera dei deputati.
Sarebbe poi possibile integrare la rappresentanza secondo gli interessi regionali, la qual cosa è molto importante perché la nostra costituzione, a quanto pare, si avvia verso l'istituzione dell'ente regione munito di potere legislativo ed esecutivo. Nella dottrina è stata riconosciuta assolutamente necessaria nei regimi federalistici l'istituzione della seconda Camera con riguardo agli interessi regionali. In un regime regionalistico, il quale ha molti punti di contatto con quello federalistico, tanto che può forse dirsi che la differenza sia solo di terminologia, per gli stessi motivi diventa necessaria una integrazione della rappresentanza.
Altra ragione che milita a favore della bicameralità è quella delle competenze, che spesso rimangono fuori della prima Camera a causa del sistema elettorale.
Poi vi è il motivo della maggiore elaborazione e del perfezionamento delle leggi, che, attraverso un duplice esame, possono guadagnare dal punto di vista tecnico giuridico. Ed è da considerare anche il punto di vista della tempestività, perché spesso il ritardare un provvedimento o l'elaborazione di una legge può far sì che questo provvedimento non abbia la voluta efficacia.
Il sistema bicamerale infine è particolarmente sentito come necessario nel regime, che si è deciso di adottare, della repubblica parlamentare, perché la duplicità agevola la soluzione di conflitti che potrebbero sorgere tra Parlamento e Gabinetto; essa, cioè, assicura la necessaria maggiore stabilità del Governo.
Naturalmente non sono, queste, considerazioni complete: ha fatto una elencazione, grosso modo, delle principali ragioni che militano a favore della bicameralità; ma altre ve ne sono che potrebbero essere esposte.
Dall'accoglimento del sistema bicamerale discendono altri importanti problemi, come quello della equiparazione o meno dei poteri delle due Camere. Il precedente inglese dei poteri della Camera Alta più limitati rispetto a quelli della Camera dei Comuni, è la conseguenza di un fatto contingente, verificatosi nel 1911 a proposito della questione irlandese, e quindi non pregiudica la questione di carattere sostanziale della perfetta eguaglianza dei poteri delle due Assemblee.
[...]
A conclusione del suo dire, presenta il seguente ordine del giorno:
«La Seconda Sottocommissione:
ritenuto che il sistema bicamerale appare il più idoneo ad assicurare la integrazione della rappresentanza secondo il criterio degli interessi sociali regionali;
che esso assicura l'assunzione di quelle competenze specifiche che col sistema monocamerale potrebbe rimanere incompleta;
che tale sistema garantisce un corpo di leggi politicamente più rispondenti ai bisogni del Paese, tecnicamente più elevate e perfette;
tenuto presente che la istituzione delle due Camere è più aderente all'esigenze politico-giuridiche nascenti dall'adozione del regime parlamentare;
fa voti perché la nuova Costituzione della Repubblica italiana adotti il sistema bicamerale, istituendo accanto alla Camera dei Deputati, espressione della volontà politica del popolo, il Senato, espressione oltre che della stessa volontà politica, degli interessi sociali e regionali del Paese, nella cui sintesi e armonia si ravvisano i mezzi più idonei per una legislazione veramente rispondente alle aspirazioni della Nazione».
La Rocca dichiara che, per principio, i Commissari comunisti sono favorevoli al sistema della Camera unica. Se la radice della sovranità è unica, ed è il popolo, la volontà popolare trova la sua espressione in una Assemblea, la quale rispecchia questa volontà ed è chiamata ad attuarla.
La seconda Camera ebbe il compito ben chiaro e preciso di funzionare da freno, da contrappeso, per impedire eventuali eccessi, precipitazioni, cioè provvedimenti legislativi troppo affrettati, nell'attività della Camera dei Deputati. La Camera Alta funzionò pertanto come crivello, ed eventualmente anche come coperchio. Ma, se si vuole veramente gettare le basi di un regime democratico che aderisca alla realtà moderna, e cioè che attui una radicale trasformazione della base sociale — perché altrimenti non sarà mai risolta la situazione — bisogna aderire a questa realtà: la Camera unica è la più adatta, la più acconcia ad eseguire la volontà popolare e non si può ammettere una seconda Camera formata da privilegiati, da nominati dall'alto, da persone investite a vita della carica, perché questo significherebbe riportare nella Repubblica democratica la vecchia impalcatura della monarchia.
Se si dovesse pensare ad una seconda Camera elettiva, posto che la sorgente della sovranità è unica, si dovrebbe riconoscere che, quando la volontà del popolo è bene espressa in una Camera, è inutile che si crei un duplicato; che se, invece, si determinano conflitti fra due volontà che derivano dalla stessa fonte, questo significa che si è verificato quello che in partenza deve sembrare un assurdo, dato che la fonte della volontà è unica.
Questo vale come affermazione di principio. Ma, poiché i comunisti non sono quali di solito vengono presentati, e poiché pare che vi possano essere delle preoccupazioni e che si voglia abbondare nelle garanzie, fatta questa affermazione di principio, essi non si oppongono in maniera categorica alla istituzione di una seconda Camera, che però, anche per evitare un cattivo ricordo, non potrà più essere chiamata Senato. Ma un fatto dovrà essere ben chiaramente stabilito: la seconda Camera non potrà né dovrà essere se non elettiva. Naturalmente si dovrà trovare il corpo elettorale adatto, perché, per le ragioni spiegate prima, non si può ammettere che dalla stessa fonte elettorale derivino due volontà diverse. E poiché si inclina verso l'adozione dello stato regionale, bisognerà vedere se nella regione non possa trovarsi la fonte per l'elezione della seconda Camera, per quanto in fatto di autonomia bisogna intendersi e procedere con cautela, perché i rischi non sono pochi: e questo dice nell'interesse generale dell'unità politica ed economica del Paese che sta soprattutto a cuore a tutti.
Questo corpo elettorale potrebbe eventualmente essere costituito dai Consigli regionali. Il Parlamento risulterà composto di due organi, che potranno chiamarsi Consiglio Nazionale e Assemblea Nazionale; e si stabiliranno la competenza e gli attributi di ognuno, su piede di parità o no, con un determinato numero di membri, ecc., ma, ripete, la base dell'esistenza della seconda Camera non potrà essere se non l'elettorato, con esclusione di qualsiasi corpo estraneo e di nicchie in cui collocare delle statue in una maniera fissa, soltanto per la ragione che Tizio o Caio sono diventati capi di un determinato ufficio. Se si ritiene opportuno che esista questo secondo organo, che funzioni non già da freno, perché questa è un'idea non accettabile, ma per maggiore garanzia del sistema parlamentare, per collaborare e dare il suo contributo alla formazione delle leggi, i membri della seconda Camera non possono che essere l'espressione di un bisogno nazionale e soprattutto di una volontà popolare.
[...]
Mannironi. [...] Il sistema bicamerale è assolutamente necessario ed è fondato su diverse ragioni, che l'onorevole Ambrosini ha già espresse lucidamente[i] e che egli intende integrare. È un organismo necessario, in quanto deve servire a portare in seno al potere legislativo la voce e delle regioni e delle classi produttive, che hanno diritto di dare alla formazione delle leggi quel contributo tecnico, di specializzazione, che gli uomini puramente politici spesso non possono dare.
[...]
Nobile ritiene di dover intervenire nella discussione — per quanto prima di lui abbiano interloquito così alte competenze nella materia in discussione — e di considerare il problema da un punto di vista personale, con la mentalità del tecnico.
Afferma di non credere alla opportunità e tanto meno alla necessità di due Camere. È un errore riferirsi alle tradizioni storiche per giustificare la creazione di una seconda Camera, nel momento attuale in cui il mondo sta subendo così profondi sconvolgimenti. Una seconda Camera si potrebbe ammettere solo se lo Stato italiano fosse uno stato federale, perché in una federazione di stati è necessario dare la possibilità di manifestarsi agli interessi dei singoli stati, così come avviene in America e nell'Unione Sovietica. A questo proposito però dissente da chi afferma che le due Assemblee, in tal caso, non possono trovare origine dallo stesso corpo elettorale. Avviene così in America e nell'U.R.S.S.; solo che in quest'ultimo stato le singole repubbliche hanno un numero eguale di rappresentanti indipendentemente dalla loro estensione e dalla loro popolazione.
Ma l'Italia non è uno stato federale. Vi sono, è vero, delle regioni, ed è stato rilevato il pericolo che da uno stato regionalista si finisca con lo scivolare lentamente verso uno stato federalista. Ricorda di essersi pronunciato contro la creazione dell'ente regione e coerentemente è ora avverso all'istituzione della seconda Camera, anche se questa dovesse essere soltanto espressione delle regioni.
Un motivo della sua avversione è in ciò che ha detto l'onorevole La Rocca: se le due Camere sono d'accordo, la seconda è superflua; se sono in disaccordo allora la bicameralità è dannosa. Ricorda al riguardo che in Inghilterra, ove anche i conservatori come Churchill non sono affatto contenti del loro sistema parlamentare, sono state proposte Camere suppletive a quella dei Comuni, ma con competenza completamente distinta: così Churchill proponeva un Parlamento, emanazione della Camera dei Comuni, che si occupasse esclusivamente di questioni economiche; ed una socialista, Beatrice Webb, sosteneva l'istituzione di una Camera che si occupasse di questioni sociali. Ma queste proposte non ebbero alcun seguito.
L'altra ragione per cui è contrario alla istituzione della seconda Camera è che una seconda Camera è una cosa assurda, se ha gli stessi compiti della prima; come è assurdo in un'azienda industriale avere due Consigli di amministrazione.
Circa il vantaggio, di cui si è detto, di completare la rappresentanza con l'apporto di competenze che altrimenti non potrebbero pervenire all'Assemblea legislativa, osserva che, nonostante le affermazioni contrarie, con ciò si tende in sostanza a ricostituire una specie di Camera delle Corporazioni. Non crede che il sistema attuale di elezione non consenta ai rappresentanti delle varie categorie di pervenire all'Assemblea legislativa: col sistema della rappresentanza proporzionale si ha di fatto l'immissione in questa Assemblea, non soltanto di politici professionali, ma anche di rappresentanti di categoria, e nell'attuale Assemblea Costituente, tutte le categorie sono rappresentate da operai, ingegneri, professionisti ed anche industriali. L'apporto delle competenze specifiche, d'altronde, si potrebbe avere assicurando a tutti i progetti di legge una preventiva od una contemporanea discussione pubblica, attraverso la stampa e le istituzioni varie. Quando l'Assemblea legislativa è obbligata a seguire queste discussioni, essa deve tener conto delle opinioni espresse dalle varie categorie interessate. E questo, d'altronde, è sempre avvenuto.
Non crede all'affermazione che la seconda Camera potrebbe contribuire alla stabilità del Governo, e ritiene anzi più efficace il sistema unicamerale anche per questo scopo.
Conclude che voterà contro l'istituzione della seconda Camera e, se la seconda Camera verrà adottata, voterà contro tutte le misure particolari che tendano ad aggravare quello che ritiene essere un danno e non un progresso delle nostre istituzioni.
Perassi dopo l'ampia discussione che si è svolta, si limiterà ad una esposizione sintetica del proprio punto di vista.
L'onorevole La Rocca, all'inizio del suo discorso, ha richiamato i principî che, oltre che espressi dal Bentham, erano stati sostenuti da altri, per esempio dall'abate Siéyès: ma è da domandarsi se quel ragionamento famoso sia veramente fondato o se non sia inficiato da un eccessivo semplicismo. Ritiene che il problema della scelta del sistema debba porsi partendo dal concetto stesso di legge e di funzione legislativa; e a questo proposito richiama una frase di Carlo Cattaneo, il quale definiva la legge come una grande transazione, ossia un atto che tende a contemperare interessi diversi e contrastanti. Da questo concetto discende logicamente l'opportunità che il processo di formazione della legge avvenga in maniera tale che tutti gli interessi, tutti i punti di vista siano adeguatamente rappresentati e quindi l'opportunità che, accanto ad una Assemblea che esce dal suffragio universale diretto, cioè dalla massa della popolazione considerata come massa di individui, ci sia una seconda Camera, la quale esprima altre cose che pure esistono, perché la nazione non si può risolvere semplicemente in una massa di individui, ma è qualcosa di assai più complesso, e accanto agli individui esistono le istituzioni e quindi interessi particolari che hanno bisogno di essere adeguatamente rappresentati.
Ritiene perciò che sia più conveniente il sistema bicamerale che risponde a questa esigenza e rileva che lo stesso onorevole La Rocca, dopo aver reso omaggio al principio teorico dell'inutilità della seconda Camera, in linea pratica ha riconosciuto che il sistema bicamerale assicura una maggiore ponderazione nella formazione delle leggi, espressione perfettamente accettabile, intendendo la parola ponderazione in tutto il suo ampio significato, non soltanto nel senso di una maggiore perfezione tecnica, ma anche e soprattutto di maggiore ponderazione dei diversi interessi che la legge deve regolare.
[...]
Bulloni ritiene che l'istituzione della seconda Camera sia reclamata quale elemento moderatore e integratore, con parità di concorso con l'altra Camera, nella elaborazione ponderata della legge, che costituisce la funzione essenziale del potere legislativo.
L'istituzione della seconda Camera, come rappresentanza di interessi politici generali, risponde ad una esigenza profondamente sentita nel Paese, come la consultazione del 2 giugno ha potuto chiaramente esprimere, talché anche in questa sede, salva l'eccezione dell'onorevole Nobile, e pur con talune riserve da parte di qualcuno, si è aderito al principio del sistema bicamerale.
[...]
Lami Starnuti presenta il seguente ordine del giorno, firmato anche dagli onorevoli Rossi Paolo, Bocconi, La Rocca, Ravagnan, Grieco, Calamandrei e Lussu:
«La seconda Sottocommissione esprime parere favorevole al sistema bicamerale, a condizione che la seconda Camera non sia costituita in modo da alterare la fisionomia politica del Paese, quale è stata rispecchiata dalla composizione della prima Camera».
A cura di Fabrizio Calzaretti