[Il 15 ottobre 1946, nella seduta pomeridiana, la terza Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sul controllo sociale dell'attività economica.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 41 per il testo completo della seduta.]

Fanfani, Relatore. [...] A suo avviso, per quanto riguarda il primo momento, cioè il momento in cui nasce l'attività produttiva, un controllo interessato, democratico, competente, può essere eseguito innanzi tutto attraverso la partecipazione dei lavoratori alla vita intima dell'impresa. È del parere che nella fase attuale non ci si possa limitare, e sia un errore limitarsi, alla semplice azione dei consigli di gestione. Dal momento che il Consiglio di amministrazione esiste ed esercita una certa attività ed influenza, è ancora del parere che convenga approfittare anche di questo organo, immettendo in esso, con funzioni deliberative, non pochi lavoratori, ma, se è necessario, la metà, o anche di più, come preparazione di quella che gli pare possa essere un'azienda tipo di domani, cioè un'impresa o in forma cooperativa, o in forma tale per cui la proprietà risulti nelle mani dei lavoratori. Ma questo è un problema complesso e si limita ad accennarlo.

Un controllo interessato, democratico, competente, può inoltre ottenersi con la costituzione di altri organi di controllo, oltre che con la partecipazione al consiglio di amministrazione e quindi con la costituzione di appositi consigli di gestione (quanto al termine da usare è convinto che per precisione tecnica sarebbe meglio dire «Consiglio di efficienza») per esercitare il controllo nella fase tecnico-amministrativa, mentre la partecipazione al consiglio di amministrazione, serve per il controllo tecnico-economico.

[...]

Occorrerebbe, infine, la partecipazione agli utili, non per aumentare il reddito del lavoratore (e di qui il dissenso con la onorevole Noce), ma come forma di avviamento all'utilizzazione di un reddito supernormale, per l'avviamento alla comproprietà dell'impresa da parte della comunità e non dei singoli.

Il complesso della discussione svoltasi non gli ha consentito di scendere a particolari, ma non crede che la partecipazione agli utili possa dare un beneficio serio ai lavoratori. Sono state fatte esperienze in America e si è arrivati alla conclusione che se si fossero divisi gli utili di una certa azienda, si sarebbe aumentato il reddito di mezza giornata all'anno per ogni singolo lavoratore. Viceversa se questa massa di utili è affidata al corpo dei lavoratori, le cose possono cambiare.

Comunque, è d'accordo nel ritenere che questo è un fine più remoto, un avvio ad una certa trasformazione dell'impresa, che non si può realizzare oggi nello stato attuale. Ma il giorno in cui vi fosse una economia così ben controllata, in cui l'utile di congiuntura sparisce ed è fisso il capitale, il problema della partecipazione agli utili sarebbe già risolto per se stesso.

[...]

Nella relazione ha formulato il seguente articolo che oggi gli pare difettoso soprattutto per ragioni tecniche.

«L'attività economica privata e pubblica è diretta a provvedere ogni cittadino dei beni utili al suo benessere ed alla piena espansione della sua personalità. A tal fine la Repubblica ammette e protegge l'iniziativa privata, armonizzandone gli sviluppi in senso sociale, oltre che con le varie disposizioni generali a protezione del diritto alla vita ed all'espansione della persona, mediante: partecipazione dei lavoratori (ed ove del caso degli utenti) alla gestione, alla proprietà, agli utili delle imprese; la tipizzazione contabile e la pubblica revisione aziendale; l'azione generale di appositi consigli economici in seno agli organi rappresentativi regionali e alla seconda Camera; il prelievo fiscale; la limitazione all'acquisto e al trasferimento della proprietà, la socializzazione delle imprese non gestibili dai privati con comune vantaggio».

Riconosce che la materia di questo articolo si trova già distribuita in parecchi degli articoli precedentemente discussi, sicché probabilmente, in sede di coordinamento, se ne potrebbe fare a meno, salvo a lasciare la parte teorica, in cui si enuncia la necessità di questo controllo ed il dovere per lo Stato di provvedervi nelle forme migliori.

Ad ogni modo, dalla discussione potranno derivare formulazioni che siano, se non nella sostanza, diverse nella forma.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti