[Il 5 marzo 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Tupini. [...] Una volta che la civiltà del lavoro fa il suo ingresso trionfale nella Costituzione è logico che la proprietà debba esservi da un lato riconosciuta e dall'altro limitata. Riconosciuta innanzitutto: perché se è titolo di nobiltà il lavoro, bisogna pur difendere l'onesto frutto della fatica del lavoratore...
Tonello. E il disonesto?
Tupini. Il disonesto sarà perseguito e condannato. Non è d'accordo con me, onorevole Tonello, che bisogna difendere l'onesto frutto della fatica del lavoratore?
Tonello. Sì.
Tupini. E allora, perché mi contraddice? Pretende forse al monopolio socialista di questi principî? (Approvazioni al centro — Rumori a sinistra).
Tonello. Parlo del frutto del lavoro degli altri...
Presidente Terracini. Onorevole Tonello, per favore, non interrompa.
Tupini. ...tutelandone il risparmio, nonché la piccola e media proprietà che rappresentano la proiezione e l'integrazione della stessa sua personalità. Ma oltre ciò non è lecito andare, onorevoli colleghi. Il latifondo, la proprietà che giace sterile, che non serve al bene comune, non può trovare diritto di cittadinanza in una cristiana Repubblica, ove il cittadino non vive isolato ed ha invece vincoli di solidarietà con i propri simili.
Così, per il bene comune, deve essere possibile e lecito espropriare e trasferire allo Stato, agli enti pubblici o a comunità di lavoratori e di utenti, determinate imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni monopolistiche di preminente interesse generale. Ciò, naturalmente, previo il giusto indennizzo. Secondo il nostro pensiero — che è il pensiero della scuola sociale cristiana — l'espropriazione è un atto necessario quando serve al bene della comunità, quando rappresenta un vantaggio economico superiore a quello prodotto dall'iniziativa privata; ma non può mai avvenire senza adeguato indennizzo della proprietà espropriata. (Approvazioni).
A cura di Fabrizio Calzaretti