[Il 29 aprile 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 34 per il testo completo della discussione.]
Presidente Terracini. L'onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:
«Aggiungere i seguenti due commi:
«La Repubblica, inoltre, assume gratuitamente l'educazione e l'avviamento al lavoro e professionale dei cittadini inabili, con speciale riferimento ai minorati della vista, per un dovere di solidarietà umana e sociale e col proposito di recuperarne alla collettività nazionale le residue capacità di lavoro.
«La Repubblica assicura l'esercizio di questo diritto con la creazione di appositi istituti e di corsi specializzati, con borse di studio ed assegni familiari, e sopratutto con la emanazione di norme per il collocamento obbligatorio e la previdenza per la vecchiaia degli inabili, servendosi degli enti, istituti ed organizzazioni esistenti o da costituire».
Ha facoltà di svolgerlo.
Colitto. L'emendamento da me proposto è stato suggerito dalla Unione italiana dei ciechi, di cui è presidente nazionale l'illustre professore Paolo Bentivoglio. Ritengo di non ingannarmi, se affermo che sia dovere e insieme interesse dello Stato, di rivolgere il proprio sguardo ai cittadini spesso giovanissimi, che la guerra o altre cause hanno dolorosamente posto in condizioni di minorità di fronte ai propri simili.
Si tratta di una massa davvero cospicua di persone, che non può da noi essere obliata. E per ragioni di carattere etico-sociale, che sono evidentissime, e per ragioni di carattere economico, perché, sotto tale aspetto, non v'è chi non veda quanta importanza, proprio economicamente valutabile, abbia il recupero alla società, per mezzo di cure sanitarie, di apparecchi di protesi, rieducazione fisica e professionale, delle tante energie, di cui ho parlato.
E, poiché l'Italia si trova all'avanguardia in questo campo, possedendo scuole, istituti, corsi specializzati e leggi (quali quelle del 1917 e del 1921) per l'avviamento al lavoro e per il collocamento obbligatorio, per cui centinaia di migliaia di invalidi sono rientrati nel circolo produttivo del Paese, non si tratta ora, a mio sommesso avviso, che di consacrare nella Carta costituzionale una norma che tenga conto di questa realtà, di questa situazione di fatto, e, meglio definendola, affermi l'obbligo dello Stato di provvedere gratuitamente alla rieducazione ed all'avviamento al lavoro degli invalidi e di estendere gradualmente a tutte le categorie degli invalidi qualsiasi legge disciplini il collocamento obbligatorio.
Io ritengo, perciò, che l'emendamento da me proposto possa trovare il consenso dell'Assemblea, anche perché esso è perfettamente aderente alle altre norme consacrate, in materia di lavoro, nella nostra Costituzione. L'emendamento è affidato molto al senno, ma anche moltissimo al cuore dell'Assemblea.
[...]
Presidente Terracini. [...] L'onorevole Valenti ha presentato il seguente emendamento:
«Aggiungere il seguente comma:
«La Repubblica, inoltre, assume gratuitamente l'educazione e la rieducazione professionale dei cittadini inabili».
Ha facoltà di svolgerlo.
Valenti. Devo essere necessariamente breve, perché l'emendamento aggiuntivo proposto coincide esattamente, anzi completamente, con la sostanza dell'emendamento presentato e svolto in questo momento dal collega onorevole Colitto. È la stessa istanza dell'Unione Ciechi che ha trovato una formulazione diversa, in un oggetto identico.
Mantengo però l'emendamento; pur concordando e potendo aderire anche alla formulazione presentata dall'onorevole Colitto. È una ragione di sistematica, è un fare coincidere il pensiero laddove il progetto costituzionale parla in un punto di un particolare oggetto ed in altro di altro oggetto. All'articolo 28 ho presentato l'emendamento unicamente nel senso di richiedere che la Repubblica assuma gratuitamente la educazione e la rieducazione professionale dei cittadini inabili, perché la parte successiva, cioè quella che riguarda il collocamento, pare a me che più facilmente, anzi più ragionevolmente trovi la sua collocazione all'articolo 34, laddove precisamente si parla di inabili al lavoro, sprovvisti dei mezzi necessari alla vita, e del diritto al mantenimento ed alla assistenza sociale. Per similarità e consequenzialità di pensiero, io credo che qui troverebbe invece la sua collocazione l'emendamento aggiuntivo da me presentato. È questa la ragione per la quale insisto nel raccomandare l'emendamento così come è formulato, perché mi pare che aderisca ad un criterio di precisa sistematica giuridica costituzionale.
Le ragioni di merito mi pare che siano di una precisione che aderisce alla coscienza ed alla intelligenza di questa veramente sensibile Assemblea. È nel quadro dell'articolo primo che apre le affermazioni che costituiscono il nostro progetto di Costituzione, laddove si dice che «l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro»; è in questo quadro che noi troviamo giusto che all'articolo 28, come proponiamo, si veda di fare l'aggiunta proposta.
È un'affermazione solenne quella che facciamo, «Repubblica fondata sul lavoro»: e un'affermazione grandemente impegnativa. Essa proietta su tutto quanto il progetto di Costituzione una luce di inconfondibile chiarezza ed un indirizzo: tutela della dignità del lavoro che è tutta la ricchezza, specie per un Paese come il nostro, che di altre ricchezze è veramente in difetto. Valutare il lavoro, porlo su un piano morale, giuridico, economico di grande dignità, perché lavoro è attività dell'uomo ed in esso l'uomo dà alle cose il suo volto, la bellezza e la luce del suo pensiero che qualche volta si esprime nell'opera d'arte: onde il lavoro è diritto, diritto dell'uomo ad esprimere se stesso. Ma il lavoro è soprattutto un mezzo per procurarsi il pane, onde giova al singolo; ed è un contributo alla formazione del bene comune, cui ciascuno ha diritto di attingere e dovere di contribuire. Così è che il lavoro diventa problema morale, politico, economico e sociale insieme. Alla luce di questo pensiero noi diciamo: guardiamo a quella che è la verità sugli inabili al lavoro. Vediamo, allora, che il testo costituzionale, a proposito del lavoro in relazione alla scuola, pone e considera due soli soggetti aventi diritto alla educazione ed alla assistenza: ossia l'uomo pienamente capace e l'uomo assolutamente incapace (articolo 28 e articolo 34); l'uomo, cioè, che ha una piena capacità di lavorare e quello che non ne ha nessuna. Ma in mezzo a queste due categorie ve ne è una terza, cioè quella degli inabili, inabili dalla nascita, inabili per causa o di lavoro o di guerra, la categoria di coloro che non posseggono intere ed intatte le proprie capacità lavorative. Sono centinaia di migliaia di unità lavorative minorate, rese parzialmente inabili ad un proficuo lavoro. Basti pensare ai 500.000 mutilati della guerra 1915-18, basti pensare agli inabili dalla nascita, come i ciechi civili, basti pensare al numero enorme dei minorati dalla guerra e particolarmente ai moltissimi della guerra mondiale, per intendere l'imponenza del problema.
Per costoro non ha nulla da fare la scuola? Io ricordo a titolo veramente di onore quello che ho potuto vedere nella mia città di Parma, dove per iniziativa della post-bellica, laddove vi era un centro ospitaliero militare, è sorto oggi un centro di rieducazione dei minorati di guerra. È una iniziativa mirabile, che commuove ed allieta: è ragione di conforto e di speranza, per coloro che sono posti nella condizione di potere riacquistare una capacità lavorativa, e per quanti sanno che, per queste scuole, tanta somma di lavoro rientra nel circolo della produzione e della vita anche a profitto della collettività. La scuola, con i sistemi pedagogico-scientifici più aggiornati, può fare miracoli e può recuperare al lavoro, qualche volta in toto, comunque e sempre in larghissima misura, gli inabili. E se è possibile, si deve fare in maniera che lo Stato assuma la educazione e la rieducazione professionale di questi cittadini inabili. Il che non significa che lo Stato debba dimenticare o negare le iniziative caritatevoli e benefiche già in atto o che potrebbero venire a soccorrere alla bisogna. Significa solo che lo Stato deve sentire il suo impegno di dare agli inabili la gratuita possibilità di una rieducazione professionale. Vedrà il legislatore in qual modo ciò potrà attuarsi. Esigenza inderogabile, però, è quella di aiutare le iniziative esistenti da chiunque prese e di coordinarle ed integrarle in un quadro organico al fine che il diritto affermato all'educazione e alla rieducazione professionale degli inabili abbia la possibilità pratica di effettuarsi. Perché: 1°) lo Stato non può caricarsi il mantenimento al cento per cento di questi bisognosi; 2°) ai minorati della guerra noi paghiamo, in base alla legge del 1917, soltanto il 14 per cento di quello che paga la Francia ai propri minorati. Paghiamo ad ogni modo assolutamente quanto è insufficiente per garantire loro la vita; e ciò perché il nostro sistema di assistenza a differenza di quello che avviene negli altri paesi, Francia compresa, si basa sul presupposto che il minorato, con la residua capacità lavorativa, integri quel poco che lo Stato gli fornisce.
Estendendo il trattamento dei mutilati di guerra a tutti gli inabili noi non avremmo ancora risolto il problema di consentire loro la possibilità di guadagnarsi un pane. Occorre che il minorato possa recuperare ed utilizzare le proprie capacità lavorative e, recuperate che le abbia, occorre garantirgli, attraverso una legge speciale — ed è ciò che proponiamo con l'articolo 34 — la possibilità di collocamento.
Ecco perché invoco la iniziativa scolastica in questo campo degli inabili.
Io raccomando alla sensibile coscienza di questa Assemblea, così sensibile a percepire, e così pronta a muovere tutto ciò che afferma ragioni di umanità e di giustizia, io raccomando di accogliere queste mie proposte.
Desidero dire che insisto per queste ragioni sul mio emendamento e confido che sarà accettato dalla Commissione e votato dall'Assemblea. (Applausi).
Presidente Terracini. Avverto che l'onorevole Mario Rodinò ha comunicato di ritirare il seguente emendamento da lui presentato:
«Aggiungere il seguente comma:
«La Repubblica assume gratuitamente l'educazione e la rieducazione professionale dei cittadini inabili e tutela il loro diritto al lavoro».
A cura di Fabrizio Calzaretti