[Il 20 marzo 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale delle «Disposizioni generali» del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Rodinò Mario. [...] Non è giusto; consci della nostra responsabilità nei confronti del popolo, e assolutamente indifferenti alle sorti dei prossimi ludi elettorali, noi desideriamo che la Costituzione non rappresenti un inganno per nessuno e che i cittadini sappiano che tutti i provvedimenti derivanti dal lavoro italiano, privo di materie prime, sono e rimangono intimamente connessi e legati alla realizzazione di una sempre più vasta collaborazione economica internazionale. Come nell'articolo 4 di queste disposizioni generali è sancito e praticamente dichiarato che l'Italia, più che sulla forza delle sue armi, che non ha e che non può avere, conta, per i problemi della difesa e delle aggressioni, sull'esistenza di un'organizzazione internazionale che assicuri la pace e la giustizia ai popoli, così, anche per quanto riguarda i problemi del lavoro, occorrerebbe dichiarare in questa Costituzione, che il popolo italiano, per soddisfare le sue sempre crescenti necessità di lavoro, conta sul progressivo incremento di una collaborazione internazionale che renda possibile, nel nome di una superiore giustizia, lo scambio di materie prime con prodotti finiti.
Nessuno Stato, per quanto ricco e attrezzato, può infatti illudersi di vivere rinchiuso in se stesso, separato dalla comunità internazionale. Le follie dell'autarchia ci fanno oggi sorridere.
Mettere il lavoro quale fondamento della nuova Repubblica, va bene; ma le fondamenta, per rispondere alle funzioni di sostegno, debbono a loro volta essere ben poggiate e basate e non è possibile non domandarsi su che cosa poggeremo noi questo «lavoro-fondamento» che figura garantito a tutti i cittadini e sul quale ci affrettiamo ad imporre tutto l'edificio della nuova Repubblica. Il problema del lavoro, considerato soltanto come problema di carattere interno e nazionale, è del tutto irreale e insolubile, e malamente è stato posto a perno principale dell'organizzazione costituzionale.
A cura di Fabrizio Calzaretti