[Il 6 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulla famiglia, avviata dalle relazioni degli onorevoli Iotti Leonilde e Corsanego. È in discussione un articolato concordato dai due relatori congiuntamente all'onorevole Moro.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 29 per il testo completo della seduta.]

Il Presidente Tupini comunica che gli onorevoli Iotti, Corsanego e Moro hanno presentato alcuni articoli dei quali dà lettura:

[...]

Art. 2. — «Lo Stato prenderà appropriate misure per facilitare ad ogni cittadino la costituzione di una famiglia e per rendere economicamente meno gravoso l'adempimento degli oneri familiari, soprattutto ai meno abbienti e alle famiglie numerose».

[...]

Art. 4. — «Lo Stato provvederà ad una adeguata protezione morale e materiale della maternità, dell'infanzia e della gioventù, istituendo gli organismi necessari a tale scopo».

Osserva che taluno di questi articoli ha una formulazione troppo ampia e particolareggiata e, quindi, poco adatta allo stile di una Costituzione.

Il secondo articolo, ad esempio, il quale prevede la possibilità e il dovere dello Stato di prendere appropriate misure per facilitare ad ogni cittadino la costituzione di una famiglia e per rendere economicamente meno gravoso l'adempimento degli oneri famigliari, soprattutto ai meno abbienti e alle famiglie numerose, potrebbe essere espresso più concisamente nel modo seguente: «Lo Stato deve provvedere ad assicurare la sicurezza economica della famiglia». Il concetto di sicurezza economica, comprende evidentemente le famiglie meno abbienti e quelle numerose.

[...]

Corsanego, Relatore. [...] insiste per il mantenimento dell'articolo 2, che illustra le provvidenze che dovrebbero essere stabilite dallo Stato allo scopo di garantire la prosperità e la saldezza economica della famiglia. Con esso i relatori hanno voluto affermare tre concetti che rispondono, a loro avviso, proprio alle aspettative del popolo italiano in questo momento. Una delle difficoltà della vita contemporanea è quella di poter costituire una famiglia. Bisogna affermare che lo Stato dovrà cercare di venire incontro a questa difficoltà con norme opportune, che saranno fissate dalla legge, ma è bene che in sede costituzionale se ne fissi per il legislatore l'obbligo. Un altro motivo di grande preoccupazione è costituito dagli oneri familiari che in questo momento sono eccessivamente gravosi. Si vuole che lo Stato venga incontro a questa preoccupazione in modo positivo ed in modo negativo: in modo positivo, con un sistema di salari e di stipendi adeguati alle necessità familiari; in modo negativo con sgravi economici e fiscali, con la facilitazione all'accesso alle scuole e con altre provvidenze del genere.

Un terzo motivo di notevole preoccupazione è costituito poi dalle famiglie numerose di cui attualmente la legislazione non tiene conto. La ricchezza mobile che deve pagare il capo di famiglia con 12 figli è identica a quella che deve pagare lo scapolo o il capo famiglia con un solo figlio. Occorre invece orientare lo Stato verso una nuova giustizia sociale.

Per i motivi accennati, insiste perché la formula dell'articolo 2 venga conservata così come è stata predisposta concordemente dai due relatori.

Il Presidente Tupini osserva che l'articolo da lui proposto è comprensivo di tutti gli elementi occorrenti per assicurare la sicurezza economica della famiglia e che in tema di Costituzione è sufficiente esprimere questo concetto con una formula sintetica.

Corsanego, Relatore, replica che la differenza tra le vecchie Costituzioni e le nuove consiste proprio nel fatto che nelle vecchie Costituzioni non si parlava affatto della famiglia, mentre nelle moderne — ed egli ne ha citate alcune nella sua relazione — alla famiglia sono dedicati tre, quattro ed anche cinque articoli. Poiché è veramente una novità quella che si vuol portare nella Costituzione dell'Italia democratica, non vede la ragione perché si debba tornare a sistemi vecchi e non dare al popolo italiano una Costituzione più nuova e adeguata.

Il Presidente Tupini chiede alla Commissione di esprimere anzitutto il suo parere sulla questione di metodo, se cioè la discussione debba essere fatta articolo per articolo, secondo le proposte concordate, o se essa debba essere basata sulla formula che egli ha proposta.

(La Commissione esprime il parere che si debba discutere sulla base degli articoli concordati tra gli onorevoli Iotti, Corsanego e Moro).

[Dopo l'approvazione dell'articolo 1 dell'articolazione proposta dai relatori (vedi commento all'articolo 29)...]

Il Presidente Tupini. [...] Comunica che l'articolo 2, nel testo proposto dai due relatori, è formulato nel modo seguente:

«Lo Stato prenderà appropriate misure per facilitare ad ogni cittadino la costituzione di una famiglia e per rendere economicamente meno gravoso l'adempimento degli oneri familiari, soprattutto ai meno abbienti e alle famiglie numerose».

Basso si richiama ad un concetto precedentemente affermato circa l'inopportunità di mettere nella Costituzione dei verbi al futuro, per non rimandare ad un tempo indeterminato quanto in essa viene affermato.

Il Presidente Tupini propone che al posto della parola «Lo Stato» si dica: «La Repubblica».

Moro ricorda che la Commissione si era dichiarata d'accordo in linea di principio di non adottare nella formulazione degli articoli un termine definito, per quanto riguarda la formula dello Stato, prima di qualsiasi decisione in merito da parte della seconda Sottocommissione.

Mastrojanni domanda per quale ragione si dovrebbe sostituire alla parola «Stato» la parola «Repubblica».

Il Presidente Tupini osserva che si sta facendo la Costituzione di uno Stato repubblicano ed è bene perciò usare sempre il termine più semplice e più comprensivo di «Repubblica».

De Vita dichiara che egli non può che preferire il termine «La Repubblica».

Mastrojanni ritiene che l'espressione «Lo Stato» sia più efficace, più ortodossa e più atta ad identificare un'entità territoriale e giuridica, e ricorda che la classica definizione comprensiva del territorio, del popolo e della Nazione è quella dello status.

Basso ricorda la sua proposta tendente a trasformare i verbi dell'articolo dal tempo futuro al tempo presente.

Il Presidente Tupini propone si dica: «prende appropriate misure».

Corsanego, Relatore, propone la dizione «detta le norme opportune per...».

Il Presidente Tupini osserva che in questo caso bisognerebbe dire «La legge detta le norme opportune per...». Comunque insiste nella sua formula: «La Repubblica facilita con appropriate misure ad ogni cittadino la costituzione di una famiglia e l'adempimento degli oneri familiari, ecc.».

Basso ritiene preferibile dire «con appropriate misure economiche».

Il Presidente Tupini fa presente che l'articolo potrebbe essere così formulato:

«La Repubblica facilita con appropriate misure l'adempimento degli oneri familiari, soprattutto ai meno abbienti e alle famiglie numerose».

Iotti Leonilde, Relatrice, ritiene che la formula migliore sia la seguente:

«La Repubblica prende appropriate misure per facilitare a ogni cittadino la costituzione di una famiglia e rendere economicamente meno gravoso l'adempimento degli oneri familiari, soprattutto ai meno abbienti e alle famiglie numerose».

Moro ritiene preferibile dire:

«La Repubblica prende idonee misure per facilitare a ogni cittadino la costituzione di una famiglia e per rendere economicamente meno gravoso l'adempimento degli oneri familiari, soprattutto ai meno abbienti e alle famiglie numerose».

Cevolotto esprime la sua perplessità e il suo dissenso sull'insieme della formula in discussione.

Questo suo dissenso è sostanziale e formale. Sostanziale, in quanto teme che si addossi allo Stato un onere della cui gravità non ci si può rendere conto oggi, e che sarà tanto più gravoso se l'emigrazione verrà chiusa e il grano non basterà a tutti. Si domanda sino a qual punto si possano addossare allo Stato, nella presente situazione economica, oneri di così vasta mole ed in così breve tempo. Il sistema del non intervento assoluto dello Stato in questo settore, anche se non del tutto opportuno, aveva i suoi vantaggi. L'individuo, a qualunque classe appartenesse, doveva lavorare per mettersi in condizioni di guadagnare e di formarsi una famiglia. Questa era una delle mete e delle spinte per l'individuo a crearsi una posizione e farsi avanti nella vita. Attribuire invece allo Stato il compito di provvedere alle difficoltà familiari dell'individuo è pericoloso, perché lo può spingere a formarsi una famiglia, appena raggiunta la maggiore età. Anzi nell'articolo non si pone nemmeno la limitazione della maggiore età e quindi appena l'individuo è uscito dalla pubertà potrà crearsi una famiglia che lo Stato dovrà pensare a mantenere.

Osserva inoltre che anche la forma di questo articolo lascia molto perplessi. Si dice che lo Stato, o la Repubblica, «prende idonee misure». Si domanda quali sono queste «idonee misure» e chi giudicherà della loro idoneità. Dichiara pertanto che voterà contro l'articolo.

Basso ritiene eccessive le preoccupazioni espresse dall'onorevole Cevolotto. Quando si dice che «La Repubblica prende misure idonee» ciò non vuol dire che lo Stato deve assumere a proprio carico la famiglia appena uno intenda crearsela. Lo Stato deve cercare di rendere meno gravoso l'onere che la famiglia comporta, e in questo senso l'articolo va approvato. Non vorrebbe d'altra parte che l'articolo venisse interpretato nel senso che lo Stato dovesse adottare misure per favorire l'incremento demografico, come era nello spirito dello Stato fascista. È d'accordo che lo Stato debba prendere le misure necessarie ad alleviare il carico delle famiglie numerose, in quanto esse esistono di fatto, ma non ritiene che debba incoraggiare la formazione di queste. Lo Stato moderno e progredito dovrebbe assicurare il controllo delle nascite, perché non si può oggi mettere sul piano di favorire a tutti i costi l'incremento demografico. Dichiara di approvare l'articolo in questo senso.

Mastrojanni fa presente che oggi, in pratica, gli individui coniugati con prole che si presentano per essere assunti ad un lavoro spesso vengono respinti, mentre vengono accolti gli scapoli, perché ad essi vengono corrisposte retribuzioni inferiori. L'affermazione contenuta nell'articolo non graverà praticamente sullo Stato, ma sui datori di lavoro, e questi, per esimersi da maggiori oneri, preferiranno assumere gli scapoli, anziché gli ammogliati.

Dichiara che le considerazioni già esposte dall'onorevole Cevolotto sono da lui condivise. Per un errato senso di umana solidarietà e per voler configurare lo Stato in una forma paternalistica, si viene ad indebolire il carattere della nostra razza. Si considera l'individuo non come una forza che contribuisce alla formazione dello Stato, ma come un quasi inabilitato, il quale, vivendo nello Stato, trova tutti i conforti che gli consentono di adempiere le sue funzioni e di conseguire le sue soddisfazioni, senza l'incentivo della lotta per l'esistenza, che è l'unica che possa rendere questo uomo degno del suo nome. Su individui siffatti lo Stato potrà esercitare tutte le sue influenze, ed è questa un'altra ragione per cui egli voterà contro questa forma di previdenza.

Un'altra ragione che lo induce a dare voto contrario è che, precedentemente, sono già stati affermati nella Costituzione tutti i diritti dell'individuo, considerando il singolo come entità a cui lo Stato deve accordare tutte le sue provvidenze. Se a questo individuo sono state già attribuite tutte le provvidenze, si domanda perché una seconda volta lo si vuole considerare sotto altri riflessi per elargirgliene delle altre.

Inoltre, secondo la formula proposta, l'intervento dello Stato potrebbe estendersi fino a permettergli di accertare l'idoneità psichica e fisica dell'individuo a contrarre matrimonio; il che, se da un punto di vista biologico e scientifico sarebbe una grande conquista per la civiltà, per un altro senso verrebbe a ledere uno dei più gelosi diritti dell'individuo stesso.

Per tutte queste considerazioni, voterà contro la formula proposta così come è stata espressa e contro qualsiasi altra formula che, comunque congegnata, esprima lo stesso concetto.

Moro si dichiara favorevole ad un'affermazione la quale stabilisca il dovere dello Stato di facilitare la formazione della famiglia e l'adempimento degli oneri familiari per coloro che l'abbiano costituita e che abbiano una prole numerosa. Ritiene che questa affermazione non contenga alcuna forma di politica demografica, perché lo Stato non può svolgere alcuna politica né in favore né contro l'incremento della nascite: ma tale politica sarebbe estremamente pericolosa.

Non vede quindi che vi sia da meravigliarsi se lo Stato democratico e sociale si preoccupi di facilitare quelle persone che sono giunte in età tale da potersi formare una famiglia, fatto questo che rappresenta una garanzia di moralità nella vita della Nazione.

Ritiene che l'affermazione contenuta nell'articolo non sia offensiva per le libertà individuali e neppure tale da gravare sul bilancio dello Stato, poiché si tratterà di semplici anticipi, in vista del matrimonio.

Ricorda che si è già sancito un articolo in cui si stabilivano degli assegni alle famiglie per permettere ad esse di sostentare, durante l'età degli studi, i propri figlioli.

Non crede poi assolutamente che l'articolo in esame possa essere interpretato nel senso di autorizzare lo Stato a controlli specifici di carattere medico sulle persone che debbono contrarre matrimonio: si tratta di misure puramente economiche, che hanno lo scopo di agevolare il singolo nel momento in cui si costituisce una famiglia.

Il Presidente Tupini osserva che le diverse interpretazioni e le preoccupazioni suscitate dalla formula proposta dei relatori dimostrano che essa non è felice. Ne propone perciò un'altra più sintetica e meno impegnativa così redatta: «La sicurezza economica della famiglia è un postulato di solidarietà sociale».

Propone che questa formula venga aggiunta all'articolo testé approvato.

Moro dichiara di dissentire in parte dalla formula presentata dal Presidente, aggiungendo che un'eventuale accettazione di essa da parte degli onorevoli Mastrojanni e Cevolotto lo metterebbe in sospetto, perché gli farebbe pensare che vi sia un dissenso sostanziale proprio nei riguardi delle misure di carattere sociale che lo Stato prende per agevolare la vita economica della famiglia. A coloro i quali ritengono che la garanzia costituzionale della famiglia debba essere rimandata nel preambolo e non debba impegnare lo Stato con un programma preciso, risponde che lo Stato si presenta, attraverso la Costituzione, sotto la veste di un garante effettivo di diritti e di alcune esigenze sociali essenziali in questo momento nella coscienza collettiva. Ritiene che questo articolo si debba collegare a quelli che riguardano i diritti sociali, e che pertanto sarebbe opportuno trasferirlo in tal sede.

Osserva che dire soltanto che lo Stato garantisce la sicurezza economica della famiglia, senza assicurare la possibilità che lo Stato agevoli la costituzione di una famiglia, è cosa non rispondente alle esigenze sue e di altri commissari. Ritiene molto importante che lo Stato assuma il compito di permettere questo libero atto, tante volte ostacolato da condizioni economiche. Così pure ritiene necessario fare un accenno alle famiglie numerose, specialmente se si tiene presente che i commissari del gruppo democristiano hanno sostenuto la necessità dei salari familiari. Teme che con la formula proposta dal Presidente il futuro legislatore potrebbe discostarsi dalla realizzazione dei principî che si sono voluti affermare, dando alla formula stessa un'interpretazione tanto restrittiva da renderla inefficace.

Cevolotto dichiara di votare contro la formula proposta dal Presidente. Imponendo allo Stato l'obbligo di prendere misure economiche in favore delle famiglie, lo si mette di fronte alla necessità di emanare una legge difficilissima sotto tutti gli aspetti.

Si è detto che quando un giovane è arrivato all'età di farsi una famiglia e non si trova in grado di formarla, lo Stato deve essere obbligato ad intervenire. Ritiene che in questo caso sia necessario fare una distinzione tra chi si trova in questa condizione per sua colpa e chi vi si trova invece per disgrazia. Se si tratta di colpa, e cioè di inerzia o di incapacità al lavoro, lo Stato intervenendo commette un'azione dannosa alla società, perché dà a questo individuo incapace il modo di formarsi una famiglia, con la probabilità che egli riesca un cattivo padre come è un cattivo lavoratore. Invece l'intervento dello Stato è giustificato nel caso di giovani che non possano costituirsi una famiglia per cause indipendenti dalla loro volontà. Ma è difficile ammettere in una legge una simile distinzione che sarebbe molto pericolosa.

Basso riconosce che la formula proposta dai relatori è tecnicamente mal congegnata e ne propone un'altra che esprima lo stesso concetto, ma con meno parole: «La Repubblica, con appropriate misure economiche, facilita ai cittadini bisognosi la costituzione di una famiglia e l'adempimento degli oneri familiari».

Ritiene che con questa formula si raggiunga una semplificazione della formulazione precedente senza intaccarne la sostanza.

Iotti Leonilde, Relatrice, dichiara di essere contraria alla formula proposta dal Presidente per le stesse ragioni espresse dall'onorevole Moro; ritiene però che l'articolo debba essere mantenuto in questa sede che le sembra la più adatta.

Non avrebbe difficoltà ad accedere alla formula proposta dall'onorevole Basso, se vi si aggiungesse un accenno particolare per le famiglie numerose.

Basso osserva che, quando si dice che lo Stato facilita l'adempimento degli oneri familiari, in questo concetto si intende compreso anche il trattamento particolare per le famiglie numerose.

Iotti Leonilde, Relatrice, ritiene necessario introdurre anche questa specificazione.

De Vita rileva che l'esperienza insegna che proprio nelle classi meno abbienti le famiglie si costituiscono con una facilità maggiore di quello che non avviene nelle classi più abbienti, e perciò le preoccupazioni dell'onorevole Moro, come quelle dei relatori, gli sembrano eccessive.

Non vede pertanto la necessità di facilitare ancora di più la costituzione di una famiglia, e ritiene superflua un'affermazione in tal senso.

Cevolotto osserva che la formula proposta dall'onorevole Basso sarebbe anche migliore, se alla parola «bisognose» si aggiungesse l'altra: «degne», oppure «meritevoli».

La Pira, rispondendo alle osservazioni fatte dall'onorevole De Vita, afferma che, secondo la concezione democristiana, la famiglia è essenziale nell'integrazione della persona umana.

Aggiunge che la famiglia ha importanza anche ai fini della stessa vita economica, inquantochè una salda famiglia porta come conseguenza una salda economia e si potrebbe dire anche una salda politica. Poiché la famiglia è il nucleo fondamentale su cui poggia l'edificio umano, favorire la famiglia rappresenta un principio basilare della dottrina cattolica. Per queste ragioni, afferma che un provvedimento a favore della costituzione e dell'incremento della famiglia non può che trovare il pieno assenso da parte dei democristiani.

Dichiara di poter accettare l'aggiunta di «bisognose» proposta dall'onorevole Basso, ma non quella di «degne» o «meritevoli» proposta dall'onorevole Cevolotto. Osserva a questo proposito che, mentre il concetto di «bisognose» è facile a definirsi, non lo è altrettanto quello di «degne» o «meritevoli», che implica un giudizio morale non facile a darsi.

Per quanto riguarda l'osservazione dell'onorevole De Vita che le famiglie meno abbienti sono quelle che si costituiscono più facilmente, riconosce la verità di questa affermazione, ma osserva che appunto queste famiglie meno abbienti vivono molte volte in condizioni di estrema povertà e pertanto si rende necessario che lo Stato intervenga per cercare di alleviarne le condizioni di disagio.

De Vita osserva che in tal caso bisognerebbe modificare la formulazione dell'articolo e non dire che lo Stato deve facilitare la formazione delle famiglie, ma soltanto venire incontro con provvidenze di carattere economico alle famiglie bisognose.

Basso si dichiara d'accordo con l'onorevole La Pira. Osserva che in alcune zone d'Italia le famiglie si costituiscono facilmente, ma versano in condizioni orribili, e pertanto si rende necessario l'intervento dello Stato per alleviare condizioni disagiate che potrebbero avere conseguenze molto gravi.

Aggiunge poi non essere sempre vero che nei ceti meno abbienti si costituiscano con molta facilità le famiglie, perché le persone che appartengono a questi ceti, non avendo una base economica per poter costituire la famiglia, si creano una serie di relazioni extraconiugali che si debbono evitare.

Mastrojanni si domanda che cosa potrà dare in concreto lo Stato a quelle persone bisognose, per costituire una famiglia.

La Pira spiega che lo Stato potrà concedere prestiti familiari.

Mastrojanni dichiara di non vedere la necessità di introdurre un articolo nella Costituzione per dire che si concedono prestiti familiari. Ritiene che un simile articolo troverebbe sede più appropriata nella legislazione sociale che dovrà provvedere all'assistenza e alla disoccupazione. In questa sede si potrà formulare un articolo in cui si dica che nell'imminenza del matrimonio si devono facilitare le persone bisognose, e che si deve tener conto delle famiglie numerose per il maggior salario, così come è stato affermato in precedenti enunciazioni. In questo modo si sarà adempiuto a quel dovere sociale che tutti sentono profondamente, rinunciando però ad affermare dei principî che in concreto, poi, non potrebbero essere realizzati, perché lo Stato o non è in condizioni tali da poter soddisfare a tutte le esigenze sociali, oppure lo farà in una misura troppo modesta ed inadeguata.

Concorda con l'onorevole Basso nel ritenere opportuno che si evitino quelle relazioni extraconiugali, che sono la conseguenza di una impossibilità economica nel formarsi una famiglia e nel sistemarsi decorosamente. L'onorevole Basso deve però anche ammettere che nelle classi più colte esiste una sensibilità particolare per cui è maggiormente avvertita la responsabilità di non creare una famiglia, quando non si è in grado di poterla mantenere decorosamente. Pertanto ritiene che, se lo Stato ha l'intenzione di ovviare a questo inconveniente, dovrebbe mettere anche gli impiegati e i professionisti in condizione di potersi costituire una famiglia con mezzi adeguati al loro stato sociale. Rileva che l'impiegato e il professionista, di cui la Costituzione non si occupa affatto, sono quelli che maggiormente soffrono e sono più sacrificati, perché spesse volte comprimono e cercano di nascondere le loro esigenze e le loro trepidazioni.

Conclude dichiarando di ritenere che sarebbe meglio, pur mantenendo fermo il principio della umana solidarietà della quale tutti siamo assertori, che tutta la materia riguardante le provvidenze a favore della famiglia venisse trasportata in un'altra sede, senza fare nella Costituzione una affermazione così solenne che poi rimarrebbe inattuata.

Basso risponde all'onorevole Mastrojanni non essere vero che la Costituzione si preoccupi degli operai e dei contadini e non degli impiegati e dei professionisti, poiché nei suoi articoli si parla di lavoratori e sotto questa definizione vanno compresi tutti coloro che lavorano. Anche quando si parla di cittadini bisognosi si comprende qualunque classe di cittadini e di lavoratori. Fa inoltre osservare che il fatto di inserire questo articolo nella Costituzione significa che si vogliono trasformare quelle provvidenze, che attualmente possono sembrare delle elemosine, in un diritto che spetta al cittadino bisognoso, di modo che nessuno debba sentire un'offesa al suo orgoglio in questo soccorso che lo Stato porge ai meno abbienti.

Iotti Leonilde, Relatrice, si associa alle dichiarazioni dell'onorevole Basso.

Cevolotto si dichiara d'accordo con l'onorevole Basso, ma si domanda che cosa si potrà rispondere agli impiegati dei gradi inferiori, i quali attualmente non hanno uno stipendio che consenta loro di costituire una famiglia, quando chiedessero, in base alla Costituzione, che lo Stato dia loro i mezzi per ammogliarsi.

Corsanego, Relatore, fa notare all'onorevole Mastrojanni che nella legislazione italiana in tema di provvidenze per la famiglia si è molto arretrati, e perciò occorre riportare l'Italia all'altezza della legislazione sociale che vige in altri paesi. Il Belgio, la Svezia, la Norvegia, la Danimarca, la Finlandia hanno su questo argomento una legislazione concreta la quale prevede, per esempio, che quando c'è una nuova famiglia da costituire, lo Stato, attraverso una serie di provvidenze, fornisce un alloggio a condizioni accessibili a tutti. Così pure per gli impiegati, cui accennava l'onorevole Mastrojanni, sono previste particolari provvidenze.

Ricorda che in Italia, prima della guerra 1915-18, esistevano varie istituzioni che avevano lo scopo di dotare le ragazze povere in modo che potessero contrarre matrimonio con un certo corredo. Moltissime di queste Opere pie, dopo la guerra, hanno visto devoluto il loro patrimonio ad altri scopi, pure nobilissimi, come quello di provvedere agli orfani di guerra, e quindi sono state depauperate e distolte dal loro fine originario. Si tratta quindi di ridare a questi istituti la loro efficienza e costituirne altri per venire incontro ai bisogni delle fanciulle non abbienti, in modo da permettere loro la costituzione della famiglia.

Altra provvidenza legislativa è quella di garantire i beni familiari mediante l'insequestrabilità di un minimo di essi, i quali formino un nucleo patrimoniale della famiglia; e una provvidenza a favore degli impiegati dello Stato può essere quella di facilitare il trasferimento di coloro che vogliono essere assegnati alla stessa sede per potersi sposare.

Con questo resta dimostrato che lo Stato può adottare provvidenze concrete e non limitarsi a promesse sentimentali, attuando in questo modo una Costituzione veramente moderna.

Il Presidente Tupini chiede agli onorevoli Corsanego, Moro e Iotti il loro pensiero circa la formula presentata dall'onorevole Basso.

Moro dichiara che, a suo parere, la formula dell'onorevole Basso sarebbe più accettabile, se facesse un accenno alle famiglie numerose.

Corsanego e Iotti Leonilde, Relatori, si associano alla dichiarazione dell'onorevole Moro.

Basso comunica che, allo scopo di facilitare l'accordo, è disposto ad inserire nella sua proposta un accenno alle famiglie numerose.

Il Presidente Tupini dichiara di non rinunciare alla formula da lui proposta:

«La sicurezza economica della famiglia è un postulato di solidarietà sociale»

e la mette in votazione.

Mastrojanni dichiara di votare a favore della formula, poiché essa esaurisce il suo pensiero circa la solidarietà umana, e nello stesso tempo non impegna in modo categorico lo Stato per le previdenze da attuare.

Basso dichiara di votare contro proprio per le ragioni esposte dall'onorevole Mastrojanni.

(La formula proposta dal Presidente è respinta con 5 voti contrari e 4 favorevoli).

Il Presidente Tupini mette ai voti l'articolo nella seguente formula proposta dall'onorevole Basso:

«La Repubblica, con appropriate misure economiche, facilita ad ogni cittadino bisognoso la costituzione di una famiglia e l'adempimento degli oneri familiari, soprattutto se si tratti di famiglie numerose».

Dichiara di votare a favore di questo articolo, in quanto esprime concetti che, sia pure più sinteticamente, erano esposti nella formula da lui presentata e respinta in precedenza.

(La formula proposta dall'onorevole Basso è approvata con 6 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astenuto).

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti