[Il 12 aprile 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti civili».]
Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Compiuto l'esame degli emendamenti all'articolo 14, spetta ora alla Commissione di esprimere su di essi il proprio parere.
Dossetti. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Dossetti. Ho chiesto di parlare soprattutto per un chiarimento procedurale, relativo all'ordine dei nostri lavori. Nella seduta del 25 marzo, dopo l'approvazione dei primi due comma dell'articolo 5 del progetto, poi diventato articolo 7 del testo costituzionale, noi abbiamo anche posto in votazione una serie di emendamenti relativi al terzo comma, che, secondo un'ultima deliberazione si sarebbe poi dovuto trasferire nell'attuale articolo 14. Ora, gli emendamenti respinti contenevano una parte, che viene oggi riproposta in alcuni, anzi in quasi tutti gli emendamenti che sono stati presentati, particolarmente in quelli degli onorevoli Binni, Pajetta-La Rocca, Laconi e Cianca. La parte che ha formato oggetto di votazione riguarda precisamente due punti:
1°) la eliminazione della formula «in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano»;
2°) la inversione della formula «sono regolati per legge sulla base di intese, ove siano richieste», con alterazione profonda del significato della formula stessa.
Quindi, volevo sottoporle, onorevole Presidente, questo problema e sapere da lei se, come sommessamente mi pare, su questi due punti, già decisi dalle votazioni del 25 marzo, non si abbia più la possibilità di presentare nuovi emendamenti che ritornerebbero a proporre, come oggetto di votazione, modificazioni che sono già state respinte. Resta invece aperta la questione sollevata dall'ultimo emendamento proposto nella seduta del 25 marzo, dall'onorevole Lucifero, relativo alla sostituzione della parola «tutte» alla formula che era nell'originario ultimo comma dell'articolo 5 del progetto, cioè «le altre confessioni religiose».
Così stando le cose, mi pare che la discussione di oggi sui singoli emendamenti e le relative votazioni dovranno sostanzialmente assumere, dal punto di vista procedurale, questo aspetto: quello di una discussione e di votazioni relative a un solo emendamento, come emendamento aggiuntivo, cioè quello che dovrebbe avere come contenuto la proposizione «tutte le confessioni religiose sono eguali di fronte alla legge», salvo poi, s'intende, il coordinamento del testo già approvato in sede di votazione dell'articolo 7, con le nuove deliberazioni che oggi prenderemo.
Presidente Terracini. Circa il quesito posto dall'onorevole Dossetti, dal resoconto stenografico della seduta del 25 marzo scorso, risulta che, a proposito del terzo comma dell'articolo 5 — divenuto poi articolo 7 — comma che fu deciso di trasferire all'articolo 14, furono fatte votazioni sulla base di due emendamenti presentati dagli onorevoli Pajetta Giancarlo, Laconi e Mattei Teresa. Il primo di questi emendamenti mirava a far sopprimere nella prima parte del terzo comma dell'articolo 7, la frase «in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano» e non fu approvato.
Il secondo emendamento, presentato dagli stessi Deputati, tendeva a sostituire la seconda parte del terzo comma dell'articolo 7 con la seguente formulazione:
«I rapporti con lo Stato sono regolati, ove sia richiesto, per legge sulla base di intese, con le rispettive rappresentanze».
Il testo della Commissione diceva invece: «I rapporti con lo Stato sono regolati per legge, sulla base di intese, ove siano richieste, con le rispettive rappresentanze». Anche questo emendamento fu respinto.
È pertanto evidente che, nelle votazioni che dobbiamo fare sugli emendamenti dell'articolo 14, questi due punti non possono essere modificati senza annullare il risultato delle votazioni già fatte. Tutto il resto dell'articolo può, invece, subire modificazioni.
Caroleo. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Caroleo. A proposito del rilievo fatto dall'onorevole Dossetti, credo che vi sia ancora da osservare qualche cosa relativamente alla parola: «tutte» che si legge nei vari emendamenti proposti per la formulazione dell'articolo 14, in quanto, avendo l'Assemblea regolato all'articolo 7 i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica, non può in un altro articolo comprendersi con aggettivazione totalitaria la stessa Chiesa cattolica, la cui condizione giuridica, ripeto, ha già formato oggetto di esame e di approvazione, da parte dell'Assemblea Costituente.
Presidente Terracini. Mi permetta, onorevole Caroleo, lei entra nel merito della questione, mentre in questo momento si sta esaminando una questione procedurale relativa alla votazione degli emendamenti.
Cevolotto. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Cevolotto. Osservo che nell'emendamento proposto in questo momento dall'onorevole Laconi, dall'onorevole Cianca, e da altri, che riassume, e coordina i due diversi emendamenti che erano stati presentati dagli onorevoli Laconi e Cianca separatamente, si è usata per l'ultimo capoverso dell'articolo 14 l'espressione: «Le confessioni religiose diverse dalla Chiesa cattolica, o dalla confessione cattolica». Ora, questo non è altro che un coordinamento rispetto al testo dell'articolo 7 che è stato votato: «le altre confessioni religiose». Naturalmente, poiché non si parla della confessione cattolica nella prima parte dell'articolo 14, è evidente che bisognerà usare un'altra dizione da quella del progetto — e precisamente quella che è stata ora proposta — per coordinare col testo dell'articolo il capoverso. Del resto, anche per le altre questioni che si potranno fare relative a diversità di dizione fra ciò che è stato proposto nel nuovo emendamento e ciò che è stato votato nell'articolo 7, salvo le questioni che, come ha osservato il Presidente, sono state deliberate, potremo vedere se in linea di coordinamento non ci potremo intendere su tutti i punti.
Presidente Terracini. Mi pare, onorevole Cevolotto, che la sua osservazione sia interessante e valida; ma devo farle notare che, come ho ricordato, nella seduta del 25 marzo non si è affatto votato a questo proposito; e quindi si possono fare proposte di modificazioni.
Così chiarite le posizioni, chiedo alla Commissione di esprimere il proprio parere sugli emendamenti proposti all'articolo 14.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Questa mattina ai lavori del Comitato di redazione non ha potuto partecipare l'onorevole Tupini, perché era occupato nell'ufficio di Presidenza dell'Assemblea. Quindi riferirò io.
[Prima di esprimere il parere della Commissione per la Costituzione sugli emendamenti proposti, il presidente della Commissione Ruini fa alcune osservazioni generali sulla presentazione degli emendamenti.
Per queste osservazioni si rimanda alla sezione generale delle appendici.]
[...]
Ed eccoci all'articolo 14. Il fascicolo degli emendamenti ne figlia, ogni giorno, dei nuovi. Li abbiamo esaminati tutti; ed abbiamo anche preso conoscenza dei memoriali che ci sono giunti e delle proposte che ci hanno fatte alcune confessioni religiose, come l'Evangelica e l'Israelitica. La Commissione è decisa a fare di tutto per venire incontro ai loro desideri.
Gli emendamenti, spesso analoghi fra loro — e credo che si siano concordati testi comuni — riguardano quelle che saranno le due parti del futuro articolo 14. La prima è costituita dall'articolo 14, quale era nel progetto della Commissione, la seconda da ciò che era una volta l'ultimo comma dell'articolo 7, ed è stato invece trasferito qui, in fine all'articolo 14, come ha deliberato l'Assemblea, e la Presidenza vi ha ricordato e precisate le sue decisioni.
Parliamo anzitutto di quanto è stato votato, e poi di quanto è ancora allo stadio di progetto. Il comma approvato dall'articolo 7 è questo:
«Le altre confessioni religiose hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese, ove siano richieste dalle rispettive rappresentanze».
Nell'approvare tale formulazione, l'Assemblea ha respinto due emendamenti allora proposti: uno dei quali voleva togliere il richiamo all'ordinamento giuridico italiano, e l'altro subordinare la regolazione con legge dei rapporti con lo Stato alla richiesta delle confessioni interessate. Dalle decisioni già prese noi dobbiamo tener conto, secondo i criteri testé accennati dall'onorevole Dossetti e dal Presidente dell'Assemblea, ma è chiaro che, quando sorgono esigenze di coordinamento col nuovo articolo in cui il comma già approvato viene inserito, siamo autorizzati a provvedere a tali esigenze.
Alcuni degli attuali emendamenti propongono di sopprimere la frase «in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano», di cui fu altra volta respinta la soppressione. Ciò costituisce un evidente ostacolo. La questione potrebbe essere considerata soltanto dal punto di vista del coordinamento, per il fatto che l'altro comma dell'articolo 14 parla di contrasto «col buon costume e con l'ordine pubblico». Possiamo certamente togliere quest'ultima espressione. Altro è se possiamo, per evitare duplicati e per ragioni di miglioramento formale, cancellare invece la frase già confermata.
Possiamo modificare l'ultimo periodo: «I rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulle base di intese, ove siano richieste, con le rispettive rappresentanze». L'onorevole Pajetta Giancarlo proponeva di rimettere alle rappresentanze della confessione religiosa la decisione se i rapporti con lo Stato dovessero venire o no regolati con legge. Ma l'Assemblea nella sua maggioranza non ha accolto questo criterio; e, come risulta dall'avvenuta discussione, ha ritenuto che, pur non essendo obbligatorio regolare con legge i rapporti con le varie Chiese, a ciò sia da addivenire a richiesta della Chiesa o anche senza sua richiesta, quando lo Stato lo giudicasse necessario. Insistevo, nel senso che occorresse sempre la richiesta della Chiesa, sovrattutto quella Israelita; e per essa sarebbe, a mio avviso giusto, perché non ravviso motivi di intervento regolatore dello Stato. Ma la disposizione è generale, e vi possono essere confessioni religiose per le quali la regolazione occorra, anche senza loro richiesta; come potrebbe essere, ad esempio, per l'islamismo (facciamo un'ipotesi teorica) che diventasse una Chiesa italiana. Dovremmo evidentemente regolarla per quei suoi ordinamenti interni, quale è la poligamia, che contrastano con l'ordinamento giuridico italiano.
Un nuovo emendamento Pajetta ed altri riproducono la questione. A mio avviso, quanto fu deliberato deve rimaner fermo nella sua sostanza. Altro è se non siano ammissibili ritocchi di forma che consentano una migliore espressione del concetto accolto; e ciò, anche in relazione al fatto che, nell'allora avvenuta discussione, l'onorevole Leone aveva proposto di mettere «possono essere regolati» invece che «sono regolati»; ma, se ben ricordo, una vera votazione non vi fu, essendosi intanto preceduto all'approvazione della proposta Lucifero di spostamento dell'intero comma. Voglio ricordare che, in un memorandum delle chiese evangeliche si adotta una formula consona al testo del progetto già approvato, quindi non conforme all'emendamento Pajetta, salvo modifiche secondarie di forma sui modi d'intesa con lo Stato. Ritengo che su questo punto, ormai, non possa sorgere grande battaglia...
Veniamo ora a ciò che era nel disegno della Commissione l'articolo 14 tutto intero, ed ora divenuto il primo comma del nuovo articolo 14. Qui siamo perfettamente liberi, perché l'Assemblea non si è pronunciata. Il testo dice: «Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato ed in pubblico atti di culto, purché non si tratti di principî o riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume». Devo constatare che gli emendamenti riguardano solo le ultime parole: e del rimanente non toccano lo spirito e neppure la forma della disposizione, che è veramente larga e soddisfacente. Me lo hanno dichiarato anche rappresentanti esteri di confessioni religiose. È una affermazione vigorosa di libertà di coscienza e di fede, che è doverosa, ma farà onore alla nostra Costituzione.
Il solo punto controverso è: «purché non si tratti di principî o riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume». L'onorevole Binni propone di cancellare tutta la frase, ispirandosi ad un apprezzabile riguardo verso le attuali chiese minori, che non sono in contrasto con il buon costume e l'ordine pubblico; ma vi sono proposte di tali chiese, ad esempio delle evangeliche, che fanno proprio, almeno in parte, il testo della Commissione, e dicono: «purché non si tratti di principî o riti contrari al buon costume».
L'Assemblea Costituente deciderà in questa questione. Si potrebbe, andando più in là di quanto chiedono gli evangelici, togliere la parola «principî», che potrebbe prestarsi a discussioni più teoriche; e lasciar soltanto «rito»: un limite occorre. Vi possono essere riti contrari al buon costume («stravaganti» dice in un suo emendamento l'onorevole Nobile); si è accennato ai nudisti, ai tremolanti, alla setta russa degli eviratori, che predica il sacrificio di Origene. Vi saranno o no in Italia, e comunque deciderà volta per volta lo Stato, se il buon costume sia o no offeso; ma non può dar senz'altro via libera.
Le questioni più vive ed ardenti sorgono per aggiunte che si inseriscono, per così dire, fra il vecchio ed il nuovo; ed hanno diritto di essere prese in esame. Si tratta di aggiungere che: «tutte le confessioni religiose sono uguali di fronte alla legge». L'espressione «tutte» era stata fin dalla prima discussione avanzata dall'onorevole Lucifero, in luogo alle «altre» che aveva un senso, quando era collegata alle altre disposizioni dell'articolo 7 sulla Chiesa cattolica; ma ora che è avvenuto il distacco, deve essere senza dubbio sostituita; alcuni propongono «tutte»; altri «le confessioni diverse dalla cattolica». Con quest'ultima dizione si elimina il punto vero del dibattito; che vede, invece, con la formula Lucifero «tutte», implicarvi la questione dell'eguaglianza fra la religione cattolica e le minori confessioni.
Riferisco obiettivamente gli argomenti pro e contro. La tesi che propone «l'eguaglianza di tutte le confessioni religiose di fronte alla legge», svolta in seno alla Commissione dall'onorevole Lucifero, e ripresa stamani dagli onorevoli Laconi ed altri, è questa: quando si è stabilito che i rapporti tra Chiesa cattolica e Stato siano regolati dal Concordato — e precisamente dai Patti lateranensi — si sono regolati i rapporti colla Chiesa cattolica, non colla religione cattolica, si sono regolati rapporti dell'ordinamento dello Stato con un altro ordinamento che ha profilo politico ed internazionale; non con la religione in sé stessa, possiamo quindi (così sostengono) mettere l'affermazione della «eguaglianza di tutte le confessioni religiose»; che, se fosse tolto, sottolineerebbe il carattere confessionale, che gli stessi cattolici negano allo Stato italiano.
Obiezioni fatte dall'altra parte: dopo che si è parlato ad un certo momento della Chiesa cattolica, dandole una speciale posizione, non si può dichiarare una formale eguaglianza; del resto un alto spirito laico, il Ruffini, diceva che non può considerarsi alla stessa stregua il cattolicesimo e l'esercito della salute.
La corrente che si oppone alla proclamazione dell'eguaglianza intende chiarire il suo pensiero: «Noi rispettiamo la libertà religiosa degli appartenenti a qualunque confessione, nel senso che sono eguali di fronte alla legge. Ma questo è già detto nell'articolo 3: «I cittadini, a qualunque religione appartengano, sono eguali di fronte alla legge». Quando si tratta di eguaglianza delle Chiese — e questo è stato l'argomento svolto, sovrattutto dall'onorevole Dossetti — vi sono differenze tecniche. Non può un ordinamento religioso dirsi perfettamente eguale all'altro, poiché fra di loro ci sono differenze, dipendenti dalla loro struttura e da ragioni storiche. «Quindi — dice Dossetti — quell'affermazione non avrebbe nessun valore tecnico o avrebbe valore politico, che respingiamo».
Ecco il dissenso: la Commissione ne prende atto e vi riferisce.
Spetta ora a voi decidere. Mi auguro — vorrei dire, sono sicuro — che, se non la formula dell'eguaglianza delle confessioni, trovi posto nella nostra Costituzione il principio della eguale libertà, così che sia tranquillizzata e soddisfatta l'opinione pubblica degli altri Paesi, che attende un giusto riconoscimento anche delle religioni minori.
Presidente Terracini. Sono stati presentati altri emendamenti che, data la delicatezza della materia, ritengo opportuno porre in discussione.
Gli onorevoli Cappi e Gronchi hanno proposto di modificare il comma che si viene ad aggiungere all'articolo 14, dopo la trasposizione dall'articolo 7, come segue:
«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge».
L'onorevole Cappi ha facoltà di svolgerlo.
Cappi. Vorrei che mi si credesse quando affermo che dirò una parola schietta a tutti i colleghi dell'Assemblea: mi sembra che sia una mala sorte della politica italiana degli ultimi decenni (che è spiegabile con le note situazioni passate, storiche e politiche, che furono superate di fatto il 20 settembre 1870 e furono superate anche di diritto l'11 febbraio 1929), mala sorte che in Italia (la quale, o per indifferentismo religioso o per una superiore civile tolleranza religiosa non ebbe guerre di religione) la materia ecclesiastica, la materia dei rapporti fra Stato e Chiesa, sia delicata, e qualche volta addirittura esplosiva.
Voi potete credere che chi vi parla, come pure la totalità degli amici democristiani di quest'Aula, è decisamente fautore della più ampia libertà religiosa.
Chi vi parla frequentò dall'asilo in poi le scuole pubbliche e fu educato in questo clima di libertà. Per essere, però, sincero, devo dire che ho talora incontrato negli insegnanti della scuola pubblica qualche cosa che si può definire un dogmatismo, se non un settarismo, laico.
Sarebbe desiderabile, nell'interesse di quella pace religiosa da tutti invocata, che non vi fossero dogmatismi o settarismi, né laici né religiosi.
Ora, veniamo al punto. L'onorevole Laconi ha proposto questo emendamento:
«Tutte le confessioni religiose sono uguali davanti alla legge». È un emendamento, è una formula che da noi non può essere accettata. Non può essere accettata perché può implicare, nella sua formulazione, una specie di giudizio nel merito, sul contenuto delle singole confessioni religiose: giudizio di parità che — voi lo comprendete — non solo i cattolici, ma neanche gli appartenenti ad altre confessioni religiose non possono ammettere, perché è impossibile che un credente di una data fede ammetta una parità con le altre fedi. (Commenti a sinistra). Né lo Stato ha competenza in ciò.
Voi mi dite: «davanti alla legge». Siamo schietti! Quello che preme e che dovrebbe premere principalmente a voi, se non avete secondi pensieri, è questo: che sia libero l'esercizio della confessione religiosa e sia libero con parità, tanto per quella religione che raccoglie nel suo seno la quasi totalità dei cittadini, quanto per quelle confessioni religiose che raccolgono una infima minoranza.
Questa è l'esigenza della libertà religiosa: che, cioè, qualunque confessione abbia la possibilità di esercitare liberamente su un piede di uguaglianza con le altre la propria religione.
Cosa si può pretendere di più per rispondere ad una esigenza di libertà e di tolleranza religiosa?
Questo desidererei che gli avversari mi spiegassero.
Quando noi diciamo all'articolo 15 che: «Il carattere ecclesiastico ed il fine di religione o di culto di una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative»; quando, in un altro articolo, è sancita la piena libertà del culto e della propaganda religiosa, pare proprio, a noi, che evocare fantasmi di intolleranza e di oppressione religiosa sia assolutamente fuori luogo.
Se volessi aggiungere qualche considerazione di opportunità a queste considerazioni di ordine teorico, non dovrei che ripetere quanto, con parola alata e commossa, disse in quest'Aula pochi giorni fa l'onorevole Calamandrei, quando ricordò le benemerenze della Chiesa cattolica nel periodo dell'oppressione nazi-fascista; benemerenze, badate, onorevoli colleghi, non ispirate soltanto ad un principio di umanità, non benemerenze del povero parroco di campagna o del guardiano di un convento che diede asilo ai perseguitati, ma benemerenze della Chiesa cattolica in consapevole difesa di un principio di libertà civile e religiosa.
Io vi potrei citare anche una testimonianza dell'Einstein, il grande scienziato israelita, il quale disse che nell'ultimo ventennio grandi forze dello spirito, come le università, come la stampa, fallirono, piegarono di fronte all'oppressione nazi-fascista: la sola istituzione che non piegò fu quella della Chiesa cattolica. (Commenti a sinistra).
Una voce a sinistra. Siamo fuori di strada.
Cappi. Queste vostre interruzioni non vorrei, onorevoli colleghi, dessero ragione a me quando parlavo di un certo dogmatismo laico.
Ad ogni modo, noi su questo emendamento ci batteremo; che, cioè, le confessioni religiose sono ugualmente libere di fronte alla legge, perché questo — e il giudizio di qualsiasi uomo sereno non può essere diverso — garantisce in pieno la libertà di tutte le confessioni religiose. (Applausi al centro).
Presidente Terracini. L'onorevole Caroleo ha proposto di sostituire le parole: «Tutte le confessioni religiose» con le altre: «Anche le confessioni religiose non cattoliche».
Caroleo. Dopo quello che ha detto l'onorevole Cappi, ritiro il mio emendamento e aderisco all'emendamento Cappi-Gronchi. (Approvazioni al centro).
Presidente Terracini. Sta bene. Gli onorevoli Binni, Pajetta Giancarlo, La Rocca, Basso, Nobili Tito Oro, Cianca, Laconi, De Michelis, Giua, Pieri, Tonello e altri, hanno presentato un testo unitario dei loro emendamenti, così formulato:
«Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato ed in pubblico atti di culto, purché non si tratti di riti contrari all'ordinamento giuridico dello Stato.
«Tutte le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge.
«Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, ed i loro rapporti con lo Stato sono regolati, per legge, mediante intese con le rispettive rappresentanze».
Laconi. Chiedo di poter illustrare l'emendamento.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Laconi. Non ho che da richiamarmi a quanto ho esposto questa mattina. In sostanza, il contenuto essenziale del mio emendamento, come di quelli dell'onorevole Cianca, dell'onorevole Basso ed altri, si ritrova nell'emendamento che abbiamo ora, di comune accordo e con un maggiore apporto di adesione, presentato.
Il Presidente Ruini ha, poco fa, esposto il movente che ha portato a quest'ultima formulazione, ed io non mi soffermerò su questo punto. Voglio soltanto accennare ad un argomento che è stato, sia pure di sfuggita, avanzato dall'onorevole Caroleo, il quale diceva che quando noi abbiamo, nell'articolo 7, stabilito una posizione particolare per la Chiesa cattolica, abbiamo con ciò stesso esclusa l'eguaglianza delle diverse confessioni religiose. All'onorevole Caroleo, io ripeto quello che ho detto stamani in quest'aula, che in questa particolare sede e con questa particolare formulazione non si intende più ritornare sulla questione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, come entità giuridica, come un'organizzazione particolare. Qui si vuole, invece, stabilire la condizione delle diverse confessioni religiose nel loro momento pre-giuridico, preorganizzativo, rispetto allo Stato. Questo soltanto. Ed è quindi una questione del tutto diversa ed in sede appropriata.
Vero è che altra obiezione è stata avanzata, in questa momento, dall'onorevole Cappi. Io non so per quale ragione, l'onorevole Cappi voglia vedere una intenzione così sottile e malevola dove non c'è, voglia richiamarsi a tendenze e preoccupazioni che non vi sono da parte nostra. Io parlo in nome di un Gruppo che ha votato per l'articolo 7. Evidentemente, le preoccupazioni da cui moviamo in questo momento sono forse le stesse da cui movevamo allora, ma non sono certo preoccupazioni che si indirizzano contro la Chiesa cattolica. Non ve ne sarebbe ragione. Noi qui non ci troviamo a regolare i rapporti fra Stato e Chiesa, ma ci troviamo a regolare i rapporti fra Stato e confessioni religiose nella loro generalità, e anzi mi sorprende un atteggiamento come quello dell'onorevole Cappi. Non so perché egli abbia voluto fare quella strana affermazione che, escludendo l'eguaglianza delle diverse confessioni, si verrebbe ad introdurre una sorta di valutazione di merito sul contenuto di esse. Ciò significherebbe che, affermando l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, si viene anche a stabilire ed introdurre una determinata valutazione circa la capacità intellettuale dei diversi cittadini. Non credo che si possa supporre una intenzione di questo genere. Faccio, del resto, notare all'onorevole Cappi che qui non di religione si parla. Comprenderei la sua eccezione se qui si dicesse che tutte le religioni sono eguali di fronte allo Stato italiano. Potrebbe trovarsi in una formula di questo genere una illegittima intromissione dello Stato italiano nella valutazione di questioni che sono al di fuori dei suoi interessi e della sua competenza. Ma qui non di religioni si parla, non di fedi religiose, si parla di confessioni religiose e ci si riferisce a quegli atti di adesione e di riconoscimento per cui cittadini dello Stato italiano aderiscono ad una determinata religione; e questa è un'altra cosa. È soltanto in questo momento che lo Stato interviene per regolare i suoi rapporti e, constatando che esistono queste confessioni religiose che variamente raggruppano i suoi cittadini, ne riconosce l'eguaglianza in se stesse.
D'altra parte, non credo che a questo punto sarebbe necessaria ed utile una riaffermazione della libertà. La libertà delle confessioni religiose è in altra parte e l'abbiamo già approvata. Io direi che qui si tratta di altro, di stabilire non la libertà delle confessioni religiose nei confronti dello Stato, ma l'indipendenza dello Stato nei confronti delle confessioni religiose, e cioè la aconfessionalità dello Stato. In questo senso questa affermazione ha un valore. Mutando la formulazione in quella particolare forma che l'onorevole Cappi propone, mi pare che l'affermazione sarebbe completamente svuotata di significato e inaccettabile per tutti coloro che qui intendono fare un'affermazione della aconfessionalità dello Stato.
Altra questione è quella sollevata dall'onorevole Dossetti, cioè l'eccezione che egli ha fatto circa il diritto da parte nostra di presentare determinate modificazioni. Io voglio far notare che per quanto riguarda l'«ove sia richiesto» è soppresso nell'emendamento che noi abbiamo presentato con l'onorevole Cianca. Figurava nell'emendamento che io presentai, ma è stato di comune accordo eliminato, e l'eccezione dell'onorevole Dossetti, a questo proposito, cade.
Cade anche per la seconda questione, cioè per quanto riguarda il richiamo all'ordinamento giuridico dello Stato, in quanto, in realtà, noi non abbiamo soppresso il richiamo all'ordinamento giuridico dello Stato, ma lo abbiamo trasferito nel primo comma dello stesso articolo, e penso che in sede di coordinamento siamo pienamente nel diritto di far questo.
Vorrei, come ultima questione, accennare al fatto che da qualche parte si è sollevata un'eccezione per quanto riguarda la formula: «i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge». Qualcuno mi faceva notare che questo verrebbe a stabilire un obbligo da parte dello Stato a regolare per legge i suoi rapporti con le diverse confessioni religiose. Credo di interpretare il pensiero degli altri proponenti dicendo che noi non avremo nessuna difficoltà ad aggiungere sono regolati «se del caso», o sostituire un «possono» al «sono», in modo che sia lasciata la facoltà allo Stato di intervenire in questa materia senza fargliene un obbligo.
Presidente Terracini. L'onorevole Labriola ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo:
«Sono pienamente libere le opinioni e le organizzazioni dirette a dichiarare il pensiero laico od estranee a credenze religiose».
L'onorevole Labriola ha facoltà di svolgerlo.
Labriola. Nell'articolo 16 del progetto in esame si parla di credenze religiose, di fede religiosa e di Chiese di vario genere, ma non vi è nessun cenno dell'esistenza di organizzazioni dette «del libero pensiero», o che prendono un nome analogo. Dette organizzazioni non hanno a che vedere con le Chiese, sia pure del più vario tipo.
Si potrebbe sostenere che con l'articolo 16 dello stesso progetto di Costituzione, il caso di queste libere organizzazioni sia stato riconosciuto, poiché si parla del fatto che i cittadini hanno piena libertà di esprimere il loro pensiero. Si potrebbe anche aggiungere che, essendo stato riconosciuto coll'articolo 13 il diritto di libera associazione di tutti i cittadini, si è implicitamente ammessa la legalità delle organizzazioni le quali possono diffondere un pensiero come quello definito libero.
Tuttavia, poiché così a lungo si è discusso intorno alle singole confessioni e si è parlato delle varie Chiese cristiane, io trovo naturale e giusto che proprio in questa sede di discussione il discorso cada su quelle organizzazioni le quali non possono considerarsi come professanti opinioni mistiche o trascendenti. Aggiungo che, quando io propongo si tenga conto dell'esistenza di queste organizzazioni, di questi aggruppamenti, e delle opinioni relative, non faccio opera di opposizione alle confessioni e alle dottrine religiose dichiarate. Potrei essere un cattolico, e proporre questo articolo; potrei essere un evangelico o un israelita, e proporre appunto l'articolo medesimo. Mi preoccupo del fatto che, tacendo degli aggruppamenti laicistici e del libero pensiero, voi lasciate aperto il campo alla possibilità che domani un Governo, quale esso sia, possa interdire il diffondersi di un'opinione non confessionale. Vi sono uomini, vi sono nuclei, vi sono organizzazioni, che non sanno collocarsi in una dottrina religiosa determinata, e io chiedo per essi il diritto di organizzarsi e far propaganda. Del resto e di passaggio, alcuni hanno assunto che anche l'ateismo può essere una religione; Hebbel era un ateo e si proclamava un credente, Spengler diceva appunto che anche l'ateismo possa essere una religione. Ma smettiamo di teologizzare.
Tuttavia, non è di ciò che io parlo; constato il fatto dell'esistenza di uomini per i quali il pensiero laico od estraneo ai culti ha un valore assoluto, e dell'esistenza nel nostro Paese di organizzazioni le quali si propongono una critica del pensiero religioso in quanto sia concretato nelle forme di una fede, di un catechismo, di una dottrina. Il negare l'esistenza di queste correnti sarebbe negare la pura verità.
Constato che noi non abbiamo una statistica delle opinioni religiose del nostro Paese; l'ultima statistica a tale proposito mi pare sia quella che risulta dal censimento del 1912. Già io dissi che nel 1922, allorché si trattò di compilare il formulario del nuovo censimento, ogni cosa fu messa in opera perché il quesito relativo alle religioni non venisse considerato nella formula stessa. Quando ci riferiamo al censimento del 1912, troviamo indicato un gruppo di persone — senza confessioni, direbbero i tedeschi — rilevantissimo. Se non ricordo male, superava il milione.
Non so che cosa sia accaduto dal 1922 ai nostri giorni. Suppongo che le persone estranee ai culti siano diventate un tantino più numerose. Si parla molto degli israeliti, e per il rispetto che si deve al loro culto se ne parli finché si vuole; ma, in realtà, secondo la statistica del 1912, non si tratterebbe che di 60 mila persone; ora il preoccuparsi di 60 mila persone è cosa certamente egregia; ma l'occuparsi di opinioni che riguardano più di un milione di persone è cosa assai più importante e che non si può assolutamente trascurare.
Io vi ripeto ancora una volta che, a furia di voler sottilizzare, si potrebbe anche trovare che la propaganda di un pensiero puramente laico, di un pensiero estraneo a credenze positive, sia ammesso nell'articolo 16 del progetto di Costituzione e che nell'articolo 13 sia ammessa la loro libertà di organizzazione; ma io penso che sia meglio dichiarare esplicitamente — come si fa per i cattolici, i protestanti e gli israeliti — che i liberi pensatori non sono proscritti dalla nostra Costituzione. È una buona misura di precauzione.
Se infatti il Governo interdicesse domani la professione di un pensiero estraneo ad ogni culto positivo ed a qualsiasi credenza religiosa, potrebbe farlo — esagerando un poco, questo è vero — perché con l'articolo 7 o 5 del nostro progetto di Costituzione noi siamo legati ai Patti lateranensi. Questa mi parve allora, ed io lo dissi, cosa pericolosissima per tutti. Ci saremmo potuti trovare, come oggi ci troviamo, dinanzi al fatto che in determinati casi, quei Patti rappresentano un inutile ostacolo. Il resto lo vedremo quando si parlerà del divorzio... E quante difficoltà essi non potrebbero crearci per cose di minor conto!
Ricorderò ancora una volta che, per effetto dei Patti lateranensi, all'articolo 5 del concordato col Vaticano, l'Italia è tenuta ad escludere dall'insegnamento gli apostati, le persone che siano state colpite da una censura ecclesiastica. Il Buonaiuti non potrebbe mai più insegnare in Italia; eppure un ministro monarchico italiano, il Baccelli, volle in piena monarchia nominare l'Ardigò professore di filosofia nelle nostre università, e l'Ardigò, oltre ad essere l'unico grande filosofo italiano moderno che io conosca, era appunto un ecclesiastico «apostata», e anche il Renan, se per caso fosse venuto in Italia, non avrebbe potuto insegnare.
Perciò appunto può avere la sua importanza pratica che per coloro i quali non appartengono a culti generalmente riconosciuti, sia non solo ammessa la parità dei diritti con tutti gli altri italiani, ma la possibilità di far piena propaganda delle loro idee.
Domani un Governo, il quale lo volesse, potrebbe interdire le associazioni del libero pensiero, e bisogna impedire questa possibilità, per la democrazia e per la civiltà italiana.
Io non sono qui a fare l'apologista di nessuna fede che sia in contrasto con l'opinione degli altri: faccio una riserva a favore della libertà per tutti. Questa parola «libertà» è ripetuta sovente in quest'Assemblea; eppure accade che non sempre siamo disposti a trarne tutte le conseguenze. C'è sempre una riserva mentale a detrimento di qualcheduno.
Richiamo l'attenzione dei colleghi sul fatto che nell'articolo 16 non si parla che di una generica libertà di opinione, ma si potrebbe sostenere per il fatto che i Patti lateranensi sono inclusi nella nostra Costituzione, che alle organizzazioni che siano espressione del libero pensiero non sia lasciata la stessa libertà che agli altri cittadini. Per riservare a questi cittadini, ai quali appartengo io stesso, la libertà di fare la propaganda del loro pensiero, estranea ai culti positivi, ho proposto il mio emendamento o la mia aggiunta e potremmo consigliare a questi miei colleghi di destra dell'Assemblea Costituente, proprio socialisti e comunisti, di non rigettare la mia aggiunta e fare in modo che un gruppo notevole di cittadini possa affermare il diritto della propria opinione, ad ottenere il loro riconoscimento.
Noi abbiamo un'esperienza tale del passato che non ci permette di pensare che il passato non possa ritornare. Non dobbiamo dimenticare le lezioni del passato. La libertà di coscienza è cosa gravissima ed importantissima anche per coloro che non professano nessun culto riconosciuto. (Applausi).
Presidente Terracini. Invito l'onorevole Ruini ad esprimere il suo avviso sopra questi ultimi emendamenti.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Pregherei di consentire una interruzione di pochi minuti perché, raccogliendo insieme i presentatori degli ordini del giorno, si veda fino a che punto è possibile mettersi d'accordo. La Commissione ha per regolamento il diritto di chiedere 24 ore di sospensione per esaminare gli emendamenti; chiediamo dieci minuti.
Presidente Terracini. Accedo alla richiesta del Presidente della Commissione.
(La seduta sospesa alle 17.20, è ripresa alle 17.40).
Ha facoltà di parlare l'onorevole Presidente della Commissione per la Costituzione.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Devo comunicare all'Assemblea che, in seguito ad uno scambio di vedute con i presentatori degli emendamenti, si è realizzato un accordo parziale, un accordo cioè sulle altre parti dell'ordine del giorno, tranne per un contrasto che non è stato possibile superare: la questione dell'eguaglianza di tutte le confessioni religiose di fronte alla legge.
Accantonando tale questione, leggerò il testo sul quale si è verificata l'unanimità dei presentatori di emendamenti sul primo comma: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato atti di culto»; e fin qui si era già tutti d'accordo; l'accordo si estende ora anche all'ultima frase: «purché non si tratti di riti contrari al buon costume».
I colleghi che avevano poi proposto di mettere qui «ordinamento giuridico» togliendolo dall'ultimo comma, hanno riconosciuto che potrebbe essere pericoloso, perché lo Stato, emanando norme legislative di volta in volta, limiterebbe la libertà dei culti, più che rimettendosi al criterio obbiettivo del buon costume.
Unanimità vi è pure stata su ciò che sarà il terzo comma:
«Le confessioni religiose diverse dalla cattolica» (testo Cianca) «hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano». Qui è necessario parlare di ordinamento giuridico, perché si tratta di intese fra due ordinamenti; e del resto vi è già una decisione dell'Assemblea. Come pure vi è sul successivo ed ultimo periodo, che viene ritoccato solo formalmente, nel senso richiesto dalle Chiese evangeliche; e con la espressa dichiarazione (che a nome della Commissione ripeto) che non è necessario avvenga la regolazione per legge; e che nei riguardi degli israeliti potrà essere accolto il loro desiderio di non far luogo a legge regolatrice.
Proporrei che tutti i presentatori, ritirando i loro emendamenti, si associassero a questo testo, di cui poi si votassero le due parti.
In quanto al secondo comma, non essendo stata possibile una intesa, deciderà la maggioranza sulle proposte presentate. La Commissione non poteva far altro: agevolare i consensi, semplificare e precisare i dissensi.
Labriola. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Labriola. La mia aggiunta ha valore di per sé. Chiederò che sia messa in votazione.
Presidente Terracini. Sta bene.
Poiché il testo di cui ha già dato lettura l'onorevole Ruini è un testo concordato, devo ritenere che i presentatori dei vari emendamenti abbiano acceduto a tale formulazione. Passiamo pertanto alla votazione del primo comma che rileggo:
«Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato atti di culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume».
Della Seta. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Della Seta. Sull'articolo 14 ebbi già occasione di esprimere il mio modesto giudizio, in sede di discussione generale del titolo primo.
In sede di votazione, non posso ancora una volta non rilevare che la libertà religiosa, per quanto esplicitamente riconosciuta e sancita nell'articolo 14, non armonizza coll'articolo 7, cioè con i Patti lateranensi, inseriti nella Costituzione stessa.
Non posso non rilevare che l'ultimo inciso, sul quale tanto e tanto ormai abbiamo discusso, se venisse mantenuto, sarebbe, da un lato, poco rispettoso verso le minoranze religiose, e, dall'altro, si presterebbe ad un possibile arbitrio dell'autorità amministrativa o di polizia, per limitare quella libertà religiosa, che nell'articolo stesso vuole essere affermata.
Sono stato in tutta la mia vita troppo difensore della libertà religiosa, perché io possa oggi votare contro, sia contro l'articolo 14, come è stato formulato nel testo, sia contro tutti gli emendamenti presentati.
Quindi non voterò contro; ma mi asterrò, dando alla mia astensione il significato di una constatazione storica. Constato che, nella prima Costituzione dello Stato repubblicano — una volta conferito a questo il carattere della confessionalità — non ha potuto essere sancito quel principio della libertà di coscienza che, nel rispetto di tutte le fedi, è il dettato della coscienza moderna, è il portato della moderna scienza giuridica.
Esprimo l'augurio che, nella evoluzione, lenta, ma ineluttabile, delle istituzioni repubblicane, questo principio della libertà di coscienza, nel rispetto di tutte le fedi, possa una volta per sempre essere solennemente, esplicitamente ed integralmente riconosciuto.
Presidente Terracini. Pongo in votazione il primo comma dell'articolo 14 nel testo già letto.
(È approvato).
Passiamo alla votazione del terzo comma:
«Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti in quanto non contrastino coll'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le rispettive rappresentanze».
(È approvato).
Dobbiamo ora passare alla votazione del secondo comma, sul quale non si è raggiunta un'intesa:
«Tutte le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge».
[Le dichiarazioni di voto e la votazione di questo comma sono riportate a commento dell'articolo 8.]
[...]
(Il secondo comma dell'emendamento non è approvato).
Pongo ora ai voti la formulazione del secondo comma in base all'emendamento presentato dagli onorevoli Cappi e Gronchi:
«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge».
In questo emendamento la formulazione stessa fa parte integrante del secondo comma. Pertanto l'articolo risulta formato di due soli commi e non di tre. Votando questo emendamento resta quindi esplicito che tale formulazione dovrà essere poi coordinata col testo già approvato, in maniera che nel suo risultato finale l'articolo 14 resterà formato di due soli commi.
(È approvata).
Passiamo ora alla votazione dell'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Labriola:
«Sono pienamente libere le opinioni e le organizzazioni dirette a dichiarare il pensiero laico od estranee a credenze religiose».
Laconi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Laconi. Premetto che il mio gruppo è perfettamente d'accordo sul contenuto dell'emendamento dell'onorevole Labriola, e noi riteniamo anzi che questo contenuto sia esaurito da una serie di articoli, di cui alcuni sono stati votati ed altri ancora no. Richiamerò a questo riguardo l'articolo 13, nel quale è stato stabilito il diritto di organizzazione senza alcuna limitazione; e così l'articolo 16, nel quale è stabilito il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero e di diffonderlo attraverso la stampa, ecc.; richiamerò anche l'articolo 27, nel quale è stabilito che l'arte e la scienza sono libere come pure libero è il loro insegnamento.
Evidentemente tutto lo spirito della Costituzione che noi stiamo elaborando afferma il principio della libertà assoluta del pensiero e della professione e diffusione delle idee, che attengano a determinate ideologie indipendenti o differenziate da quelle religiose.
Sarebbe indubbiamente cosa di gravità incommensurabile se la democrazia italiana non si trovasse in grado oggi di fare una affermazione solenne di questi principî, perché ciò significherebbe che la democrazia italiana è diventata non soltanto uno Stato confessionale, ma è diventata anche uno Stato orientato ideologicamente. Penso che tutti i deputati e tutto il Paese siano unanimi nel respingere una tesi di questo genere.
Ma la domanda che mi faccio, e che discende da queste premesse, è la seguente: riteniamo noi che sia necessaria una nuova affermazione di questo genere?
Se guardiamo al contenuto di questi articoli che ho testé elencato, dobbiamo forse ritenere che il loro contenuto esaurisca l'argomento, rispondendo completamente a tutte le esigenze e che probabilmente sia superflua un'aggiunta di questo genere. Comunque, la questione che appare a noi sostanziale è che questa affermazione non è al suo luogo.
Qui, in questo articolo trasformato, come è stato trasformato con l'aggiunta di una parte dell'articolo 5, si regolano i rapporti fra lo Stato e determinate confessioni religiose. Ed è inutile che io chiarisca che, quando si parla di confessioni, si parla di riti, di culti, e di determinate forme di organizzazione, che sono completamente diverse da quelle alle quali si riferisce l'emendamento dell'onorevole Labriola, organizzazioni che hanno come scopo la diffusione di concezioni laiche, o il progresso della cultura in generale, sia pure orientata in un determinato senso laico e non religioso.
Questa è la riserva fondamentale che noi facciamo.
Se dovessimo entrare nel merito dell'articolo, noi chiederemmo all'onorevole Labriola di recedere dalla sua richiesta, in questo momento, e di preparare, invece, la formula di un altro articolo — se lo ritiene — che abbia però un contenuto più vasto di questo emendamento e che riassuma tutti i principî che sono sparsi nel testo della Costituzione in una solenne affermazione, con cui la democrazia italiana riconosca la libertà di pensiero e la libertà di diffusione del pensiero laico senza limite alcuno, indipendentemente da quanto è detto per le confessioni religiose.
Noi chiederemmo questo all'onorevole Labriola.
Labriola. Allora, fatelo voi.
Laconi. Dato che l'onorevole Labriola ha già risposto, col proporre a me o al nostro Gruppo di presentare un articolo di questo genere, se questo è il suo pensiero, la nostra posizione può essere precisata in questo modo: se l'onorevole Labriola ritiene di rinunciare al suo emendamento, noi proporremo in altro momento — in quanto non è possibile materialmente farlo adesso — un articolo che riassuma l'esigenza manifestata dall'onorevole Labriola in una formulazione che ci paia più comprensiva.
Calosso. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Calosso. A proposito di questo emendamento, il meglio per tutti sarebbe che fosse proposto dai democristiani. (Commenti). Questo non è uno scherzo: è la realtà di tutta questa discussione da cui non sappiamo uscire, data l'antitesi tra clericali ed anticlericali.
Voi sareste più adatti di tutti ad afferrare il momento che sfugge e fare questa pacificazione religiosa che è nel pensiero delle sinistre. In quanto poi alla propaganda del libero pensiero — questa è una parola generica, qualche volta, banale — sarebbe più chiaro parlare dell'ateismo. Penso che anche in questo voi che vi chiamate cristiani, potreste essere i più interessati, perché il cristianesimo, durante tutto il primo secolo fu confuso con l'ateismo, mai con l'idolatria, mai col pio paganesimo. (Rumori — Commenti al centro).
Tutto il primo secolo della storia della Chiesa cristiana rileva questo; e perché? Eravate confusi con gli atei e con gli epicurei, mai con gli stoici o con i pii pagani. Ed era ben naturale. Il cristianesimo è una rivoluzione, è nel futuro — non è quasi ancora cominciato, a meno che voi non crediate che sia finita — e, quindi, tutto ciò che incomincia è facilmente scambiato per ateismo; quindi, a voi converrebbe di aprire la libertà in questo senso e trovare una formula per il libero pensiero. Si potrà, forse, limitare la formula; per esempio, credo che sarete tutti d'accordo, se si può trovare una certa limitazione a quell'ateismo e a quell'idolatria, che qualche volta sono le manifestazioni follaiole intorno a San Gennaro (questo lo potrete anche proporre, e lo accetterei), quando insultano il Santo e lo chiamano «faccia gialluta e porco» (Si ride — Commenti).
Ora, io vorrei votare questo emendamento proposto dai democratici cristiani e, se l'onorevole Laconi si accordasse e lasciasse ai democratici cristiani la formulazione dell'emendamento, io ne sarei lieto, e questa sarebbe una bella manifestazione, specialmente per voi (Accenna al centro) di fronte al Paese. Sarebbe, effettivamente, un inizio di quella pacificazione religiosa che voi avete avuto al balzo e che non avete saputo cogliere, come tante altre volte, come nell'altro dopo-guerra di cent'anni fa, quando un'ondata di cattolicesimo attraversò l'Europa. Allora avevate dei veri cattolici, come il Manzoni, ma disgraziatamente ci furono altri cattolici, che erano la maggioranza (Interruzioni dell'onorevole Micheli). È il quinto vangelo italiano, credo che lo avrà letto. Invece, prevalse quell'altra corrente che per cent'anni si è opposta criminosamente all'unità d'Italia, finché nel 1929 Mussolini fece quest'accordo, cosa inelegante, cosa anticristiana. Sarebbe stato meglio che avesse prevalso nei cattolici questo filone. (Interruzione al centro).
Mi auguro che ci sia un democratico cristiano, democratico e soprattutto cristiano — perché questa è la critica che facciamo ai democratici cristiani, ed è una critica molto leale, che cioè non sono abbastanza cristiani (Si ride) — che si metta sul terreno di un altro partito. Io non mi professo maestro di cristianesimo, ma mi pare molto organico per un partito di mettersi gentilmente sul terreno di un altro. Noi siamo pronti a metterci su un terreno di cattolicesimo manzoniano, ma, ogni volta che abbiamo provato, abbiamo visto delle reazioni.
Non è il caso di tirarla alla lunga; mi auguro che ciò avvenga.
Labriola. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Labriola. Constato che sono tutti d'accordo sul mio emendamento. L'onorevole Laconi ha dichiarato che nella sostanza e persino nella forma, consente con me, salvo che egli avrebbe voluto che questo emendamento fosse proposto in altra sede.
Dell'onorevole Calosso non ho compreso le conclusioni, cioè se vota o no a favore di esso. Lo voterebbe se proposto dai democratici cristiani. Ma, intende votarlo adesso, proposto da me?
Calosso. Lo voto, disgraziatamente, in questo caso.
Labriola. Sarebbe odioso, da parte dei comunisti, veder affacciare una tesi cristiana e cattolica, anzi del cattolicesimo deteriore cioè quella espressa con la formula in odium auctoris. Se non ho mal compreso quello che il collega Laconi ha detto poco fa, egli è d'accordo con il mio emendamento, ma vorrebbe che fosse proposto da altra persona. Ignoro se vi siano motivi personali che lo inducano a ciò.
Laconi. In altra parte della Costituzione.
Labriola. In ogni modo, dato l'emendamento, date le opinioni che ho esposto dianzi, dichiarate pure se vi conviene dir no.
Mi duole che voi abbiate votato i Patti lateranensi, ma non vorrete affermare che quelli non vi obbligano a rifiutare la libertà di espressione della loro opinione ai liberi pensatori. Che questa sia la sede per la discussione e soprattutto per la votazione del mio emendamento è cosa evidente. Qui si parla di tutti i culti, ed il libero pensiero potrebbe anche prendere le forme di una Chiesa, ciò che è in certi paesi. Per me, ripeto, non vi è dubbio che il posto del mio emendamento aggiuntivo sia proprio questo. Debbo perciò insistere nella votazione di esso; se rimarremo in pochi, sarà questa la prova che rancori personali, risentimenti, motivi inferiori della medesima natura avranno impedito la prevalenza di un principio riconosciuto da tutte le opinioni democratiche. Io domando per i liberi pensatori lo stesso rispetto che abbiamo dichiarato per tutte le confessioni religiose. (Approvazioni).
Presidente Terracini. Metto in votazione l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Labriola.
(Non è approvato).
Resta così approvato l'articolo 14 nella seguente formulazione, salvo il necessario coordinamento:
«Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato atti di culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge.
«Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le rispettive rappresentanze».
A cura di Fabrizio Calzaretti