[Il 17 ottobre 1946, nella seduta antimeridiana, la terza Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul diritto di associazione e sull'ordinamento sindacale.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 39 per il testo completo della seduta.]

Togni. [...] Osserva tuttavia che, a suo avviso, prima di passare alla formulazione degli articoli, data l'importanza della materia in esame, sarebbe indispensabile premettere un'affermazione che definisca il sindacato e la libertà di organizzazione sindacale.

Il Presidente Giua fa presente che il primo articolo proposto nella relazione Di Vittorio è stato tralasciato, in quanto già in precedenza formulato dalla prima Sottocommissione.

Togni ritiene che in tal modo o la Sottocommissione rinuncia a una sua responsabilità e facoltà, abdicando a quelle che sono le sue funzioni, oppure accetta una formulazione che ancora non conosce.

Quindi non solo si subisce l'influenza della prima Sottocommissione, verso i deliberati della quale rinnova le sue più ampie riserve e proteste, ma si abdica a quella che è una facoltà specifica della terza Sottocommissione, accettando senza discutere quanto ha elaborato la prima.

Di Vittorio, Relatore, dichiara di aver rinunciato all'articolo 1 ed ai due commi del secondo, in quanto era stato informato che i colleghi avevano così deciso, in considerazione che la prima Sottocommissione aveva già elaborato dei principî in materia.

Togni fa presente che tale decisione è stata presa durante la sua assenza.

Il Presidente Giua legge il primo articolo della relazione Di Vittorio, così formulato: «Il diritto di associazione è riconosciuto a tutti i cittadini italiani di ambo i sessi, ed agli stranieri residenti legalmente sul territorio nazionale, senza distinzione di razza.

«Tale diritto è garantito dalla legge e non potrà essere limitato dagli scopi politici, sociali, religiosi o filosofici che persegue la associazione».

Togni teme che tale formulazione potrebbe essere interpretata nel senso di ammettere la possibilità di associazioni di stranieri in Italia, che potrebbero anche contrastare con gli interessi della nostra democrazia. Ritiene che invece, anche nell'intenzione del proponente, tale diritto si sia voluto limitare agli stranieri in quanto aderiscano ad organizzazioni sindacali italiane.

Preferirebbe, pertanto, la formulazione dell'onorevole Rapelli, che gli sembra più semplice ed estensiva: «È garantita ad ognuno, e a tutte le professioni, la libertà di associazione per la difesa e il miglioramento della vita economica». A tale formula aggiungerebbe le parole: «e degli interessi economici».

Di Vittorio, Relatore, dichiara che nella sua formulazione ha inteso sancire solamente il principio che lo straniero ha parità di diritti nelle associazioni italiane. Ad ogni modo per eliminare ogni dubbio, riterrebbe sufficiente dividere così il primo comma dell'articolo 1: «Il diritto di associazione è riconosciuto a tutti i cittadini italiani di ambo i sessi. Agli stranieri residenti legalmente sul territorio nazionale è riconosciuto il diritto di aderire a tali associazioni».

Pesenti fa osservare che il termine «legalmente» può essere pericoloso. Cita l'esempio degli italiani rifugiatisi clandestinamente in Francia.

Di Vittorio, Relatore, riconosce che la parola «legalmente» è superflua.

Togni ritiene che, ad ogni modo, non bisogna dimenticare che la Costituzione sarà conforme alle idee dell'attuale Repubblica italiana, e che, quindi, non si potrà ammettere che in Italia vi siano profughi di altre nazionalità professanti idee in contrasto con quelle dello Stato italiano.

Merlin Angelina e Noce Teresa rilevano che nella Costituzione bisogna anche stabilire principî, in base ai quali si possa chiedere una contropartita a favore degli italiani da parte degli altri Stati.

Rapelli, Correlatore, pone in rilievo che è compito della terza Sottocommissione occuparsi dell'organizzazione sindacale, e non del diritto di associazione in genere, che rientra nei compiti della prima Sottocommissione.

Togni è d'accordo. Bisogna stabilire innanzi tutto in modo organico che cosa è l'organizzazione sindacale e quindi fissare le forme giuridiche dei sindacati. Per questo motivo intende che l'articolo 1 sia riferito a quella parte del diritto associativo che riguarda gli interessi economici e sindacali e non al diritto di associazione in senso lato, che è compito della prima Sottocommissione.

Il Presidente Giua propone che, per la parte di articolazione che riguarda il diritto di associazione in generale, si dichiari di rimettersi alle decisioni che adotterà la prima Sottocommissione. Ciò costituirà anche un opportuno richiamo per la suddetta Sottocommissione che non si è regolata nello stesso modo nei riguardi della terza.

Togni dichiara di non potersi ancora considerare d'accordo con i colleghi.

Di Vittorio, Relatore, precisa che non vi può essere un diritto di associazione in generale e un diritto speciale di associazione sindacale che non rientri in quello generale. Una volta che si abbia nella Costituzione un articolo che garantisca ad ogni cittadino il diritto di associarsi con altri cittadini in una qualsiasi organizzazione, quali che ne siano gli scopi e i principî, questo diritto assorbe anche quello di organizzazione sindacale. D'altra parte, nel terzo comma dell'articolo 2, è già compresa una definizione dei sindacati quali organi di tutela dei diritti professionali e morali dei lavoratori.

Togni replica che, se può esservi un certo legame fra il diritto di associazione in genere e quello sindacale, tale legame non risulta chiaramente in tutte le Costituzioni. Ricorda che negli anni passati vigeva in teoria la più ampia libertà di associazione, mentre in pratica l'associazione sindacale non era affatto libera. Premetterebbe, perciò, una dichiarazione che confermi e garantisca il diritto di organizzazione sindacale e di associazione per interessi economici. Tale dichiarazione, fondendo la dizione Rapelli con quella Di Vittorio, potrebbe essere la seguente: «Il diritto di associazione per la difesa e il miglioramento della vita economica è riconosciuto ai cittadini italiani di ambo i sessi».

Di Vittorio, Relatore, non è d'accordo, in quanto nella vita pratica possono sorgere infinite forme di associazione e di consorzi aventi diversi fini, che secondo tale formula non sarebbero consentite. Il diritto di associazione invece deve essere assoluto, e non limitato, come avverrebbe se si adottasse la formula proposta dall'onorevole Togni, a meno di non volerla completare con una minuta specificazione dei vari diritti di associazione, che evidentemente sarebbe fuor di luogo.

Togni accetta l'osservazione dell'onorevole Di Vittorio, ma pone in evidenza che anche la libertà di associazione trova dei limiti nell'interesse del bene comune. Si dichiara convinto che nessuna legge italiana potrà consentire il libero sorgere di consorzi contrari all'interesse collettivo, come nel caso di consorzi fra produttori a scopo di monopolio. Perciò, se non si vuole fare una articolazione incompleta, bisogna disciplinare organicamente le associazioni rivolte alla tutela e alla difesa degli interessi economici e del lavoro.

Di Vittorio, Relatore, osserva che la incompiutezza è necessariamente insita nel lavoro parziale che è affidato ad ognuna delle tre Sottocommissioni, salvo poi provvedere al generale coordinamento.

Il Presidente Giua prega l'onorevole Togni di non insistere nella sua proposta.

Togni rileva che la Sottocommissione ha svolto i suoi lavori in modo abbastanza organico. Dopo aver parlato della proprietà e dei suoi limiti, e definiti gli interessi sociali dell'economia, deve ora trattare il coronamento dell'edificio, cioè la parte sindacale, che è veramente la parte più interessante del diritto di associazione. A tale proposito propone il seguente articolo: «Il diritto di associazione per la difesa ed il miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita economica è riconosciuto a tutti gli italiani di ambo i sessi, professioni ed interessi economici».

Molè osserva che la formula «interessi economici» è troppo lata e pericolosa permettendo il sorgere di trusts che potrebbero costituirsi con scopi differenti dalla difesa e dal miglioramento delle condizioni economiche del lavoratore. Pur non negando loro il diritto di associazione, ritiene che non si debba sancire nella Costituzione.

Il Presidente Giua pone ai voti il rinvio alla prima Sottocommissione della formulazione dell'articolo riguardante il diritto di associazione.

(È approvato).

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti