[Il 4 dicembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 7 per il testo completo della seduta.]
Il Presidente Tupini legge e pone in discussione l'articolo 4 della relazione Dossetti e l'analogo della relazione Cevolotto, rispettivamente così formulati:
«Lo Stato si riconosce membro della comunità internazionale e riconosce perciò come originari l'ordinamento giuridico internazionale, gli ordinamenti giuridici degli altri Stati e l'ordinamento della Chiesa».
«Le norme del diritto delle genti, generalmente riconosciute, sono considerate come parte integrante del diritto della Repubblica italiana».
Cevolotto, Relatore, fa presente che i due articoli non hanno alcuna rispondenza reale. Il suo articolo afferma infatti semplicemente un principio già esistente in molte Costituzioni, cioè che le norme del diritto delle genti sono considerate parte integrante del diritto della Repubblica.
Nell'articolo dell'onorevole Dossetti, invece, da una prima affermazione — diversa dalla sua ma ancora accettabile — che lo Stato si riconosce membro della comunità internazionale, si fa discendere come conseguenza, mediante un «perciò», il riconoscimento della originarietà dell'ordinamento giuridico internazionale, nonché dell'ordinamento degli altri Stati. Su quest'ultima conseguenza non può essere d'accordo, perché non vede la ragione per cui il riconoscersi membro della comunità internazionale debba implicare anche il riconoscimento della originarietà degli ordinamenti giuridici degli altri Stati, in quanto si può essere membri della comunità internazionale e non riconoscere, almeno costituzionalmente, l'ordinamento di qualche Stato, come ad esempio, quello del Governo falangista spagnolo. È portato perciò a ritenere che l'affermazione del riconoscimento degli altri Stati come ordinamenti giuridici originari, sia stato previsto unicamente per arrivare alla successiva conseguenza, cioè al riconoscimento della originarietà dell'ordinamento giuridico della Chiesa, non come Città del Vaticano, ma proprio come Chiesa. Ora, dal riconoscimento della originarietà dell'ordinamento giuridico della Chiesa, potrebbero derivare alcuni inconvenienti, pure se non di eccezionale gravità, potendosi, ad esempio, sostenere che il sacerdote, in quanto la sua attività è regolata dall'ordinamento della Chiesa, non sia soggetto all'ordinamento dello Stato italiano, anche nelle questioni indipendenti dall'Autorità ecclesiastica. A suo avviso, invece, tutto quanto attiene alla Chiesa dovrebbe essere regolato mediante concordati, senza bisogno di uno speciale riconoscimento costituzionale.
Concludendo, come non ritiene che nella Costituzione debbano essere riconosciuti gli ordinamenti giuridici degli altri Stati, tanto meno ritiene che debba essere riconosciuto l'ordinamento della Chiesa.
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A cura di Fabrizio Calzaretti