[Il 17 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale delle «Disposizioni generali» del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Mancini. [...] Ma dalle mie premesse discende una incongruenza, ed un contrasto: la presenza nella Costituzione dell'articolo 7[i].
Ho il dovere di fare una dichiarazione: io non sono un intollerante. Non sono venuto al socialismo né attraverso la criminologia di Ferri, né attraverso «L'Asino» di Podrecca: Sono venuto al socialismo per un impulso di bene ratificato da una cultura marxista, che con lo studio e le sofferenze è diventata una fede. Io credo perciò che la mia opinione è quella di un uomo sereno, al di sopra di qualsiasi prevenzione, di un uomo che ricerca soltanto la verità, guardando i fatti e le cose dal punto di vista obiettivo.
L'articolo 7 riporta sulla ribalta della vita politica italiana la vecchia questione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Io vorrei che ognuno di noi si facesse un esame di coscienza, tranquillamente, senza passione di parte e senza desiderio di prevalenza o di imposizione. E vorrei che questo esame lo estendesse al Paese, al popolo, alle proprie masse. Diciamocelo senza sottintesi e senza lenocinî: è una questione superata. Stato e Chiesa, Stato laico, Stato confessionale, non hanno più risonanza. Sono differenziazioni dei nostri nonni, nei tempi del Parlamento Subalpino. Sono questioni superate per la semplice ragione che ognuno di noi sente di rimanere fermo e risoluto nella propria posizione, senza rischio, senza pericolo e senza interferenze con le posizioni avversarie. Da più tempo ci rispettiamo reciprocamente su tali posizioni ed il Paese ha preso atto di siffatto rispetto ed è passato all'ordine del giorno.
E l'ordine del giorno delle nostre masse ci fa sapere che sono ben altre le questioni, che tengono acceso e vigile l'animo dei lavoratori.
Il roveto non è più ardente. È spento, onorevole Marchesi.
Che volete che il popolo si interessi dei Patti lateranensi, che non conosce e che dovrebbe tenere soltanto in gran dispitto, perché firmati da Mussolini!! Io li ho letti soltanto quando si discusse la questione dinanzi alla prima Sottocommissione. Pensate sul serio che nel momento in cui tante doglianze e tante necessità rendono difficile la vita, possa il popolo affamato e disoccupato interessarsi dei Patti lateranensi? E allora per quale ragione nella nostra Costituzione, così attesa ed invocata, dovremmo riferirci a simili Patti, dai quali, nel momento della stipula, tutto il popolo rimase assente per volere del tiranno, che da essi ripetette un nuovo anelito di vita?
Presidente Terracini. Onorevole Mancini, permetta che le rammenti che il tempo è passato.
Mancini. Sto per finire, onorevole Presidente. Mi permetta però di osservare che essendo stato il solo fra trentadue colleghi che ha accettato l'invito di parlare, avrei diritto a qualche benevolenza, almeno di tempo.
Tonello. Gli altri hanno parlato un'ora; vada avanti!
Presidente Terracini. Se lei permette, onorevole Tonello, le discussioni le dirigo io.
Mancini. Sono dunque riferimenti che servono soltanto ad imprimere alla Costituzione il crisma di un partito. Comunque io non saprei, né potrei spiegarmi come possa conciliarsi il principio dell'eguaglianza del cittadino e della sovranità popolare con il contenuto politico, etico, giuridico dei Patti lateranensi. Io non sottilizzo fra ordine e ordinamento, dico soltanto che Stato e Chiesa sono due ordinamenti giuridici sovrani ed indipendenti nella loro sfera giurisdizionale e territoriale. Libera Chiesa nello Stato sovrano. Prima di finire, mi preme però notare: che nella Costituzione lo Stato italiano non aveva bisogno di affermare la sua sovranità e la sua indipendenza. Lo Stato italiano è espressione diretta del potere sovrano del popolo. È lo stato di fatto che diventa stato di diritto. Onde la sua sovranità e la sua indipendenza sono attributi sacri ed inviolabili. Sono presupposti, che non debbono essere formulati, perché senza di essi non si comprende la stessa Costituzione. Sono cose così evidenti, verità così semplici che balzano agli occhi di ognuno. Ma il richiamo è avvenuto per ben altra ragione. Per rilevare la sovranità e l'indipendenza della Chiesa e metterla sullo stesso piano della sovranità ed indipendenza dello Stato. Orbene, lo Stato può riconoscere l'indipendenza della Chiesa; ma non può riconoscere la sua sovranità quando si muove nella stessa giurisdizione territoriale. La Chiesa fuori del nostro territorio è un ordinamento sovrano come sono sovrani tutti gli Stati esteri ed essa è uno Stato estero; perché possiede il suo territorio, pur se ristretto e simbolico, ed i suoi ambasciatori, cioè i suoi «Nunzi».
L'onorevole Condorelli ammoniva pur lui che la questione era superata. Ma errava quando soggiungeva che dal punto di vista sostanziale lo Stato è separato dalla Chiesa, mentre dal punto di vista formale lo Stato concorda con la Chiesa. Lo Stato è sovrano e indipendente nella sua giurisdizione territoriale e non può concordare con nessuno; perché in politica la forma plasma la sostanza. Tirando le somme: io ho ascoltato con viva attenzione gli oppositori della nostra tesi e posso riassumere le loro posizioni in due punti: quieta non movere, cioè non turbare la pace religiosa conquistata dal popolo italiano. Secondo, raggiungere l'unità del popolo italiano per seguire l'onorevole Giordani. L'onorevole Tupini, nel suo bel discorso, ha parlato di quieta non movere. Io noto che in questa Assemblea l'onorevole Tupini mi è parso diverso da come si mostrò quale Presidente della prima Sottocommissione.
Tupini. Sono stato sempre coerente; e di una coerenza politica.
Mancini. Io sono amico e non da oggi dell'onorevole Tupini; ma il mio amico quale Presidente della prima Sottocommissione diede prova di saggezza, di tolleranza, di obiettività. È stato sempre quello che ha saputo avvicinare le opposte tendenze e trovare la parola più suggestiva per vincere le resistenze.
Qui, allorché egli ha parlato, ha mutato voce, atteggiamento, volto. Mi è sembrato un uomo che voleva imporre il crisma pontificio alla Costituzione. Sarei assai lieto se mi fossi sbagliato.
Siamo noi dunque che abbiamo turbato questa atmosfera tranquilla? Non l'avete increspata voi? Sei stato tu, amico Tupini, che sei andato oltre. Hai predicato bene, ma hai razzolato male, perché hai sommosso le acque immote di questa tolleranza reciproca.
Noi resistiamo al vostro atteggiamento. Intanto esiste l'anticlericalismo in quanto esiste il clericalismo. Ma non voglio pronunciare queste parole. Esse debbono essere cancellate per sempre. Io dico invece che in tanto esiste l'antitesi rappresentata da noi, in quanto esiste la tesi sostenuta ed imposta da voi. È la reazione alla vostra tesi, che provoca le nostre resistenze. Dirò di più, noi siamo di una rassegnazione e di una tolleranza esagerate che vi dovrebbero essere di sprone e di esempio per uscir fuor dal pelago alla riva. In ogni modo vorrei farvi osservare che, se voi vinceste con un piccolo scatto di voti, la vostra vittoria sarebbe peggio di una sconfitta, specie dal punto di vista internazionale. Voi mi comprendete.
Si parla poi di lacerazione religiosa in Italia. Ma io non ho vista mai turbata la pace religiosa, neppure nei tempi in cui fiorivano le associazioni del libero pensiero. Neanche allora ci fu una vera e propria lacerazione religiosa.
C'era qualche increspatura sulle acque trasparenti e niente più. Il popolo italiano ha saputo dare al suo sentimento religioso la saggezza luminosa della sua tradizione e della sua coscienza democratica. La pace religiosa potrebbe turbarsi con queste vostre intolleranze e queste lunghe discussioni. Fortunatamente il popolo non vi presta orecchio; perché ha una volontà orientata verso altre mete. Mentre la esasperazione intellettualistica danno Bisanzio, non Roma.
Allarmava l'onorevole Giordani l'altro ieri: l'unità del popolo italiano corre pericolo. Ma, l'unità del popolo italiano è rappresentata forse da questi ignorati Patti lateranensi? Rispondo subito con lo stesso argomento dell'onorevole Giordani. Egli si rivolse all'Assemblea dicendo: Voi vi sbagliate quando credete che la Chiesa siano i cardinali, i vescovi, i preti: niente di tutti questi. La Chiesa è la coscienza del credente e l'io del credente. Ne pigliamo atto e gli osserviamo: tutto ciò è vero nel campo della spiritualità, che nessuno vi tocca, perché vi abbiamo dato prove indubbie di rispettarlo. Ma se dal campo spirituale, si passa al campo dell'azione cattolica la Chiesa si trasforma in strumento di politica e la religione diventa tirannia spirituale più pericolosa di quella politica. La democrazia è contro tutte le dittature: dalla spirituale e religiosa alla politica.
Permettetemi, onorevoli oppositori, che io vi dica che non v'è cuore senza fede, non vi è intelletto, senza un'alta esigenza spirituale.
Voi avete il vostro martirologio; noi abbiamo il nostro! Voi avete una fede, onorevole Tupini; che ha l'ardire di squarciare i misteri augusti dell'al di là noi abbiamo una fede che ci dà la forza di vincere le ingiustizie e le miserie dell'al di qua.
Ma le nostre fedi non sono in antitesi, si completano, si integrano. Vanno oltre, si superano in una sola fede, una fede grande come il nostro dolore, una fede splendente come la nostra tradizione: la fede nel riscatto dell'Italia repubblicana. (Applausi a sinistra — Congratulazioni).
[i] L'onorevole Mancini parla di «articolo 7» riferendosi all'articolo 5 del progetto, in quanto da alcuni deputati sono già stati presentati degli emendamenti volti a trasferire gli articoli 6 e 7 del progetto subito dopo l'articolo 1.
A cura di Fabrizio Calzaretti