[L'11 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

La Pira. [...] Finalmente, un ultimo cenno su quanto diceva ieri l'onorevole Nenni: faremo uno stato di lavoratori? Ma bisogna precisare. Pensiamo che se proprio la dimenticata nelle Costituzioni precedenti è stata la società economica e quindi la tutela dei lavoratori, questo volto produttivo e costruttivo dell'uomo, non può evidentemente non esser messo in rilievo in una Costituzione nuova: sarà questo un aspetto nuovo che assieme a quelli citati servirà a differenziare il tipo nuovo di Costituzione rispetto a quello di tipo individualista.

Io pensavo proprio, in questi ultimi giorni, leggendo un libro di un noto autore che fa in proposito delle preziose osservazioni, che se voi vi immaginate lo Stato come poc'anzi ve lo ho delineato — cioè come una società politica distinta da quella economica — voi non potete confondere i due titoli — politico ed economico — che qualificano l'uomo. Io, come uomo, come persona, indipendentemente dalla mia funzione produttiva, sono membro di questa collettività politica, perché sono portatore di una concezione della vita che trascende l'ordine economico e che faccio valere architettonicamente nella politica. Quindi questo volto dell'uomo membro della collettività politica bisogna metterlo in netto rilievo, distinguendolo da quello dell'uomo lavoratore: il quale, quando esplica questa funzione speciale e produttiva nelle sue varie forme, partecipa — deve, anzi, partecipare — democraticamente e quindi attivamente a tutte le comunità economiche attraverso le quali si organizza, dal basso all'alto, la società economica. Ma le due cose vanno nettamente differenziate in base a questo principio della personalità umana che è fatta a scala. C'è nella scala umana il gradino del lavoratore: ma sopra c'è il gradino dell'uomo politico e al di sopra della economia e della politica, c'è il grado supremo dell'uomo in colloquio diretto e immediato con Dio. Quindi la nostra Costituzione deve avere questo volto del lavoratore, ma con questa precisazione che è di estrema importanza giuridica e sociale.

[...]

Togliatti. [...] Infine, avendo chiesto e chiedendo che venga inserita in modo preciso nel testo costituzionale l'affermazione del diritto al lavoro, del diritto al riposo, del diritto alla assicurazione sociale e all'assistenza e così via, dobbiamo dare una chiara risposta alla grave questione, che molti hanno sollevato, delle garanzie per l'attuazione e la realizzazione di questi diritti.

L'onorevole Saragat, trovatosi di fronte a questa questione, ha risposto che la garanzia di questi diritti sta nel senso sociale e nel senso di civismo degli italiani. No, questo non basta! Mi auguro che il senso sociale degli italiani sia sempre ricco, ricchissimo, e permetta di risolvere bene e a tempo e nell'interesse delle classi lavoratrici tutte le questioni di organizzazione economica e sociale che si presenteranno nel futuro.

Ma questo augurio è poca cosa, anzi, è cosa nettamente insufficiente. Occorre qualche cosa di più e di diverso; occorre cioè che, se anche non siamo in grado di scrivere quello che è scritto nella Costituzione staliniana, cioè i mezzi concreti con cui si garantiscono il lavoro, il riposo, le assicurazioni, l'istruzione di tutti i lavoratori, indichiamo però il metodo generale che deve essere seguito dal nuovo Stato democratico repubblicano per riuscire a garantire questi nuovi diritti.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti