[L'11 settembre 1946, la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, dopo aver approvato la formulazione dell'articolo di cui si è parlato nel commento all'attuale articolo 2, passa a discutere il secondo dei due articoli presentati in quella seduta dai relatori La Pira e Basso.]

Il Presidente Tupini pone in discussione l'articolo 2 così formulato:

«Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di classe, di opinione politica e di religione, sono eguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale.

«È compito della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libertà e l'uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana ed il completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa».

Togliatti domanda se la lettera «e» di cui al primo comma non debba esser piuttosto una «o». Infatti le virgole che precedono debbono intendersi come disgiuntive.

Il Presidente Tupini ritiene che anche rimanendo la lettera «e» il significato sia sufficientemente chiaro.

Lucifero suggerisce che alla espressione «gli uomini», sia sostituita l'altra «i cittadini» che gli sembra più appropriata.

Mastrojanni desidera qualche chiarimento nei riguardi del 1° comma circa le parola «hanno diritto ad eguale trattamento sociale». Non comprende infatti quale sia l'esatto significato di tale dizione.

Lucifero si associa alla osservazione dell'onorevole Mastrojanni, aggiungendo che, in fondo, il trattamento sociale deve intendersi già compreso nella eguaglianza di fronte alla legge. Non capisce quindi perché si debba usare una terminologia che deve intendersi per lo meno superflua. Se la legislazione ha anche un carattere sociale, è naturale che tutti i cittadini siano uguali di fronte a questa legislazione anche per quanto concerne il trattamento sociale.

Cevolotto vuole fare una questione di collocamento. Ricorda che i relatori dovevano formulare un articolo sulle libertà civili e cioè libertà, uguaglianza e solidarietà. Ora si domanda se l'articolo relativo all'eguaglianza debba essere collocato in questa sede, ovvero in altra. In alcune Costituzioni il principio relativo all'eguaglianza è collocato nei principî generali dello Stato. Infatti, nelle sue proposte di articoli, per la parte affidatagli, aveva formulato un articolo relativo all'eguaglianza proprio nella struttura dello Stato, nei seguenti termini:

«Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge ed hanno gli stessi diritti e doveri. La nascita, il sesso, la razza, le condizioni sociali, le credenze religiose, il fatto di non avere alcuna credenza, non possono costituire la base di privilegio o di inferiorità legale».

Gli sembra che tale formulazione sia giuridicamente più precisa e meglio adatta ad una Costituzione. Ad ogni modo, a prescindere dalla preferenza per l'una o per l'altra formulazione, insiste sulla questione del collocamento, e cioè, se sia questa la sede più adatta per l'affermazione del principio di eguaglianza.

Togliatti ritiene che l'osservazione del collega Cevolotto sposti il terreno della discussione. D'altra parte non è escluso che l'articolo, dopo l'approvazione, possa trovare altra collocazione. L'essenziale è di arrivare a un punto di accordo sulla formulazione dei due articoli, salvo poi trovare la collocazione più adatta. Personalmente sostiene la dizione proposta dai relatori, respingendo la critica dell'onorevole Lucifero. Se ha ben compreso, non si vuole qui alludere ad una legislazione sociale completa, perché in tal caso il concetto sarebbe già compreso nella prima parte del primo comma. Invece con le parole «ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale» si vuole esprimere la tendenza della nuova Costituzione ad incanalare lo sviluppo della nostra società verso una maggiore eguaglianza. Ed è proprio questo lo spirito che vorrebbe alitasse nella nuova Costituzione.

Mastrojanni riterrebbe utile che i relatori chiarissero il concetto del comma in esame, e solo in seguito i colleghi fossero ammessi a discuterne.

Basso, Relatore, risponde subito, per quanto l'onorevole Togliatti abbia già anticipato la sua risposta. Pensa (ed ormai in regime democratico ritiene che tutti pensino) che non basta l'eguaglianza puramente formale, come quella caratteristica della vecchia legislazione, per dire che si sta costruendo uno Stato democratico, ma che invece l'essenza dello Stato democratico consista nella misura maggiore o minore del contenuto che sarà dato a questo concreto principio sociale. Naturalmente i primi articoli della Costituzione non possono essere delle norme concrete di politica applicazione, ma delle direttive indicate al legislatore come un solco in cui egli debba camminare, come affermazione della finalità cui la democrazie tende e cioè verso l'eguaglianza sociale.

Il Presidente Tupini domanda all'onorevole Lucifero se mantiene la sua opposizione al 1° comma dell'articolo.

Lucifero pur essendo perfettamente d'accordo nel concetto espresso dagli onorevoli Togliatti e Basso, afferma che tale concetto non gli sembra adeguatamente espresso nella formulazione proposta. Ritiene che in ciò stia anche la ragione della perplessità manifestata dal collega Mastrojanni.

Mancini si dichiara d'accordo con gli onorevoli Togliatti e Basso e in disaccordo con l'onorevole Lucifero. Afferma che il concetto non solo è chiaro, ma anzi è espresso magnificamente dalla parola «trattamento». Però, per completare il concetto, propone dopo la parola «sociale» di aggiungere «e politico» per evitare il caso di avere un trattamento politico diverso da quello sociale.

Dossetti osserva che per quanto riguarda la collocazione, c'è una ragione per mantenere l'articolo 2° strettamente connesso con l'articolo 1°. Nell'articolo 1° infatti si determinano i fini, mentre nell'articolo 2° si stabiliscono le modalità, che sono duplici in relazione all'autonomia della persona ed alla solidarietà sociale.

Circa poi la proposta dell'onorevole Cevolotto, per una migliore formulazione ed una differente collocazione, potrebbe essere anche d'accordo, ma fa osservare che in tutte le Costituzioni una cosa è la dichiarazione programmatica dell'eguaglianza dei cittadini ed un'altra la realizzazione di questa eguaglianza in varie forme, una delle quali potrebbe essere l'eguaglianza nella politica a cui si richiamava l'onorevole Cevolotto.

Rivedendo l'articolo 2°, nota che nella esclusione delle eventuali discriminanti, se ne è dimenticata una e cioè la nazionalità. Propone, quindi, dopo la parola «razza» di aggiungere le altre «di nazionalità». Fa presente che anche il relatore, onorevole Basso, conviene in questa proposta.

Mastrojanni, malgrado i chiarimenti forniti dal relatore Basso, è sempre dell'avviso che l'ultima parte del 1° comma debba essere soppressa. In questa parte si afferma un principio verso il quale lo Stato rimane impegnato solennemente e per la cui applicazione e realizzazione deve occuparsi. Si domanda perciò un qual modo il legislatore potrà raggiungere questa finalità. Ritiene che non si possa affrontare una questione di così vasta importanza e portata, fin quando non si conoscano i metodi attraverso i quali si intende raggiungere lo scopo che l'articolo si prefigge. Insiste pertanto per la soppressione dell'ultima parte del 1° comma inquantochè lo Stato per il raggiungimento di quei fini, potrebbe sperimentare metodi contrastanti con le ideologie che egli professa.

Cevolotto propone di sostituire all'espressione «a prescindere», la parola «indipendentemente» che gli sembra più adatta.

Circa l'aggiunta della parola «nazionalità», proposta dall'onorevole Dossetti, ritiene che sia necessaria una matura ponderazione. Non è vero che gli uomini rispetto ad un determinato Stato siano tutti eguali anche se sono di nazionalità differente, in quanto la nazionalità per lo Stato può essere ragione di discriminazione. È naturale che tutti gli uomini di cittadinanza italiana sono uguali di fronte allo Stato italiano, ma non può ammettersi a priori che la stessa condizione si verifichi in pieno per i cittadini di altra nazionalità. Accogliendo la proposta dell'onorevole Dossetti, bisognerebbe anche accettare quanto è stato proposto dall'onorevole Lucifero, di sostituire cioè alle parole «gli uomini» le altre «i cittadini».

Dossetti osserva che se si distingue tra nazionalità e cittadinanza nessun dubbio ha più ragion d'essere.

Il Presidente Tupini fa rilevare che la nazionalità presuppone sempre la cittadinanza.

Cevolotto ribadisce che conservando le parole «gli uomini» e aggiungendo la parola «nazionalità» il significato rimane sempre ambiguo. Se invece alla parola «gli uomini» si sostituiscono le altre «i cittadini» allora può essere d'accordo nell'aggiungere la discriminante relativa alla nazionalità.

Caristia esprime l'opinione che l'espressione «ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale» si presti a dubbi ed equivoci. La prima parte del comma è tecnicamente e giuridicamente precisa, ma ognuno si domanderà che cosa significhi assicurare ai cittadini il diritto ad un eguale trattamento sociale. Si è da più parti affermato che questo trattamento sociale è una aspirazione, una tendenza in base a cui lo Stato dovrebbe soddisfare le esigenze che ormai si impongono, e cioè quelle di far sì che tutti i cittadini tendano ad una migliore condizione sociale. Questo, però, non giustifica, a suo avviso, una affermazione di tal genere. Del resto non comprende come mai lo Stato potrebbe assumere il compito di assicurare a tutti i cittadini non solo il diritto di eguaglianza di fronte alla legge ma anche il diritto ad un eguale trattamento sociale, nello stesso modo e con le stesse garanzie con cui assicura l'eguaglianza giuridica. Oltre il fatto che l'espressione «trattamento sociale» è molto elastica e difficile a definire, dichiara di non potersi assumere la responsabilità di votare un articolo che contenga una simile espressione. Si tratta infatti di due cose assolutamente diverse: nella prima parte del primo comma dell'articolo si assicura un diritto di eguaglianza giuridica, che va garantito e sarà certamente attuato; nella seconda parte si tratta di una aspirazione degna del massimo rispetto, ma che però è espressa in un modo e con una forma che si presta ad infiniti equivoci.

Il Presidente Tupini ritiene che, dopo l'esauriente discussione avvenuta, si possa procedere alla votazione.

Domanda innanzi tutto all'onorevole Caristia se condivida l'opinione dell'onorevole Mastrojanni, ovvero creda suggerire una migliore e più adatta formulazione.

Caristia dichiara che non è facile trovare un'altra formulazione. Ad ogni modo si tratterebbe, da un punto di vista giuridico, di un diritto privo di qualsiasi garanzia.

Mastrojanni, in via del tutto subordinata, propone di sostituire alla parola «trattamento» l'altra «riconoscimento».

Moro ritiene che, in questa materia, voler definire il senso rigorosamente giuridico, non sia una cosa attuabile senza rinunziare ad una dichiarazione di affermazione della tendenza progressiva che deve avere la democrazia italiana nell'attuale momento. Parlando del diritto ad un eguale trattamento sociale, s'intende mettere in luce il carattere dinamico che deve avere lo Stato democratico. Ciò è espresso nella seconda parte dell'articolo, in cui si afferma che è compito dello Stato e della società, di eliminare gli ostacoli che impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e del suo completo sviluppo.

Caristia ritiene che allora il secondo comma dovrebbe essere così formulato: «lo Stato deve tendere alla attuazione della eliminazione degli ostacoli di ordine economico-sociale, ecc.».

Il Presidente Tupini è di avviso che se si aggiungesse nel secondo comma dopo le parole: «è compito» la parola «perciò» si verrebbe meglio ad esplicare, nel campo della pratica attuazione, il principio affermato nel primo comma e non avrebbero più ragion d'essere le preoccupazioni dell'onorevole Caristia e di quanti non ritengono troppo esatta la dizione del primo comma stesso.

Moro mette in evidenza che attualmente si è in una fase fluida dei rapporti sociali per cui, pur sperando che si possa arrivare al più presto ad un loro concretamento, per il momento è necessario limitarsi ad affermare lo spirito che deve animare la Costituzione. Per questo motivo non può accogliere la proposta formulata dall'onorevole Mancini di aggiungere la parola «e politico», dopo la parola «sociale» in quanto il diritto ad un eguale trattamento politico rientra nella eguaglianza di fronte alla legge.

Circa l'aggiunta delle parole «di nazionalità», dopo le parole «di razza», gli sembra che anche lasciando l'espressione «gli uomini» si potrebbe accettare la discriminante della nazionalità, perché anche nel diritto privato è riconosciuta una eguaglianza di trattamento anche per gli stranieri che sono nello Stato italiano. Ritiene infatti che sia bene affermare nella Costituzione una eguaglianza di trattamento, almeno in sede di diritto privato, a coloro che sono di altra nazionalità.

Cevolotto rileva che in fondo i relatori non hanno ancora risposto a quello che era il dubbio esposto dall'onorevole Caristia, e cioè quale sia il significato dell'espressione «hanno diritto ad eguale trattamento sociale». Pur essendo pienamente favorevole al concetto che si intende esprimere, e pur non nascondendosi la difficoltà di trovare un termine perfettamente appropriato, ritiene che l'espressione adoperata non sia molto chiara e felice: gli ricorda troppo l'offerta di cibi e bevande che un tempo si faceva all'ospite.

Mancini, rispondendo all'onorevole Moro, fa rilevare che l'eguaglianza di cui si parla nella prima parte del comma in discussione è giuridica e non politica. Pertanto gli uomini devono avere diritto non solo ad un eguale trattamento sociale ma anche politico. Afferma di nuovo l'esattezza della parola «trattamento» tanto è vero che coloro che sono contrari ad essa, non sono riusciti a sostituirla con nessun'altra che abbia il medesimo valore.

Caristia dichiara che non ha nulla in contrario all'affermazione della tendenza della Repubblica ad assicurare ai cittadini un eguale trattamento sociale, ma non si sente di assumere la responsabilità di votare una espressione come quella che è stata formulata.

Il Presidente Tupini riassume i vari emendamenti proposti per il primo comma dell'articolo 2.

L'onorevole Lucifero propone di sostituire le parole «gli uomini» con le altre «i cittadini».

Mette ai voti tale emendamento.

(Non è approvato).

L'onorevole Cevolotto aveva proposto di sostituire alle parole «a prescindere» l'altra «indipendentemente».

Cevolotto dichiara di non insistere, trattandosi di un emendamento di forma.

Il Presidente Tupini pone ai voti l'emendamento dell'onorevole Dossetti diretto ad aggiungere le parole «di nazionalità» a quelle «di razza».

(È approvato).

Vi è infine la proposta di sopprimere le parole «ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale».

Cevolotto conferma di essere favorevole al concetto, ma contrario alla forma. Ritiene che se si coordina la prima parte con la seconda si potrebbe anche sopprimere l'inciso, in quanto la seconda parte non fa che riprodurre la prima in termini più esatti. Si asterrà pertanto dal voto.

Lucifero è d'accordo sul concetto, che del resto riaffiorerà in tutte le varie disposizioni della Costituzione, ma ritiene che in questa sede l'espressione manchi della necessaria chiarezza. Voterà perciò per la soppressione.

Il Presidente Tupini pone ai voti la soppressione dell'inciso.

(Non è approvata).

Ricorda infine che l'onorevole Mancini aveva proposto di aggiungere alla fine del comma le parole «e politico».

Moro ritiene che aggiungendo all'inizio del secondo comma un «perciò» sarebbe più evidente il preciso riferimento alla prima parte dell'articolo, mentre aggiungendo le parole «e politico» si verrebbero a confondere le idee.

Mastrojanni ricorda che aveva proposto di sostituire alla parola «trattamento» la parola «riconoscimento». Desidererebbe sapere dall'onorevole Mancini, se nell'ipotesi che venisse accolta la sua subordinata, egli insisterebbe ancora nell'aggiungere la parola «politico».

Mancini insiste nella sua proposta.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta Mancini di aggiungere dopo la parola «sociale» la parola «politico».

(Non è approvata).

Avverte che la prima parte dell'articolo 2, dopo gli emendamenti approvati, rimane così formulata:

«Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di nazionalità, di classe, di opinione politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad uguale trattamento sociale».

Dà lettura della seconda parte dell'articolo, nella formula proposta dai relatori:

«È compito della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libertà e l'uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e il completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa».

De Vita rileva che nel comma dell'articolo 2 si parla dell'eguaglianza di diritto di fronte alla legge, e nel primo capoverso dello stesso articolo si parla di ostacoli di indole economica e sociale, che dovrebbero essere eliminati perché limitano la libertà e l'uguaglianza di fatto degli individui. Al posto delle parole «...di fatto» si dovrebbe dire «...di diritto», perché così si viene ad affermare l'eguaglianza giuridica dei cittadini.

Togliatti fa presente che è proprio il termine «di fatto» che dà nuova impronta alla legge.

Basso, Relatore, osserva che dopo aver fatto una solenne affermazione dei principî di libertà e uguaglianza, nella concreta realtà sociale, questi principî possono trovare poi ostacoli di ordine economico e sociale che impediscano il raggiungimento dell'affermata eguaglianza. Pertanto tutta l'opera della legislazione italiana deve tendere ad eliminare questi ostacoli.

De Vita pensa che gli ostacoli di ordine economico e sociale limitano la libertà e l'eguaglianza di diritto che è affermata nel 1° comma.

Togliatti propone che il termine «di fatto» venga posto dopo il gerundio «limitando». In questo modo anche il collega De Vita sarebbe soddisfatto.

Mancini, premesso che quando si parla della persona umana e del suo completo sviluppo fisico, economico e spirituale, non si deve trascurare la parte culturale, propone di aggiungere dopo la parola «economico» anche l'altra «culturale».

Basso, Relatore, obietta che la parola «spirituale» comprende anche la parte culturale.

Mastrojanni propone di aggiungere prima della parola «eliminare» le altre «contribuire a», in quanto il compito di eliminare gli ostacoli, oltre che dello Stato e della società potrebbe essere anche dell'individuo.

Lucifero fa presente alla Commissione che, pure essendo tutti d'accordo sul concetto generale, con la proposta formulazione può sorgere il dubbio che si venga a dare allo Stato dei poteri illimitati. Pertanto ritiene che si potrebbe affermare questi concetti nei vari articoli della Costituzione, ma non adottare una formulazione che domani potrebbe fornire un appiglio per qualunque arbitrio. Propone quindi di sopprimere il proposto capoverso.

Il Presidente Tupini mette ai voti la soppressione proposta dall'onorevole Lucifero.

(Non è approvata).

Ricorda che vi è una sua proposta di aggiungere dopo la parola «compito», la parola «perciò». La mette in votazione.

(È approvata).

Segue la proposta dell'onorevole Mastrojanni di premettere alla parola «eliminare» le altre «contribuire a». La mette in votazione.

(Non è approvata).

Dopo la parola «limitando» vi è l'osservazione del collega De Vita, che ha dato luogo alla proposta concreta del collega Togliatti nel senso che le parole «di fatto» che stavano dopo le altre «la libertà e l'eguaglianza», siano spostate e poste dopo il gerundio «limitando». La pone in votazione.

(È approvata).

Vi è infine la proposta del collega Mancini di aggiungere «culturale», dopo la parola «economico». La mette in votazione.

(È approvata).

Fa presente che l'articolo potrebbe ora essere messo in votazione nel suo complesso con le modifiche testé approvate.

Lombardi Giovanni, confermando la dichiarazione già fatta, e cioè che a suo avviso questo articolo è antistorico e antisociologico, dichiara che si asterrà dalla votazione.

Lucifero, pur essendo d'accordo nella sostanza, come già dichiarato, ritiene questo articolo insidioso per la libertà e quindi darà voto contrario.

Mastrojanni, associandosi all'onorevole Lucifero, dichiara che egli pure voterà contro.

Il Presidente Tupini mette in votazione l'intero articolo, così formulato:

«Gli uomini, a prescindere dalla diversità di attitudini, di sesso, di razza, di nazionalità, di classe, di opinione politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge e hanno diritto a uguale trattamento sociale.

È compito perciò della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e il completo sviluppo fisico, economico, culturale e spirituale di essa».

(È approvato).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti